Qualunquemente. Un lungo sketch di Albanese

par Tommaso Battimiello
venerdì 11 febbraio 2011

Ritornato in patria dopo anni di latitanza all’estero, Cetto la Qualunque si vede costretto a difendere il suo piccolo paesino da un’ondata di legalità che si estende a macchia d’olio minacciando le sue proprietà abusive. Per contrastare una così grave minaccia Cetto si convince a candidarsi come nuovo sindaco, per impedire al suo avversario, l’onesto cittadino De Sanctis, di prendere il controllo della città e instaurare un clima legalitario. Alla fine riuscirà a vincere la sua battaglia utilizzando, ovviamente, tutte le scorrettezze possibili e immaginabili.
 
Antonio Albanese compie il passo, coraggioso ma azzardato, di portare sul grande schermo il suo personaggio apparso per la prima volta nel programma della RAI “Non c’è problema” e poi consacrato dagli appuntamenti serali di “Mai dire”.
 
Nei panni di Cetto, Albanese veste i panni del politico italiano corrotto e senza scrupoli, attingendo a piene mani dalla figura che personifica ormai da decenni la malapolitica italiana: quella dell’imprenditore pronto a tutto, deciso ora a “scendere” in politica per cambiare le regole del gioco a suo esclusivo vantaggio.
 
Innanzitutto c’è da dire che quello che doveva essere il perno del film, il suo nucleo più vivace, e cioè proprio il personaggio di Cetto, finisce con l’essere il suo grande difetto.
 
Non viene messa certo in dubbio l’interpretazione di Albanese, ottima e sentita come sempre, ma nella trasposizione sul grande schermo il suo personaggio ha sicuramente perso parecchio smalto, risultando ormai l’ombra di quello che era in televisione.
 
La pellicola, alla maniera di “Che bella giornata” o “Cado dalle nubi” di Checco Zalone, punta tutto sulla verve comica e sull’estro dell’attore protagonista, ma i risultati, in termini di umorismo, sono sotto gli occhi di tutti.
 
In “Qualunquemente” si ride di rado, sembra di assistere ad un lungo, troppo lungo, e alla fine forzato sketch di Albanese, circondato, sì, da ottimi attori, ma non da altrettanto validi personaggi. C’è una differenza abissale, ragionando sempre e solo in termini di umorismo (e non “comicità”) fra quella “culturalmente scorretta” di Zalone e quella “politicamente scorretta” (o forse fin troppo corretta, verrebbe maliziosamente da pensare), la prima perfettamente integrata in una sceneggiatura che finisce con l’amplificarla a dismisura, e la seconda, che conferisce al film un terribile monostilismo.
 
C’è però da specificare che, come ha confermato lo stesso Albanese, il vero obiettivo del film è quello di mettere in ridicolo la politica corrotta e produrre, quindi, una riflessione disincantata ma non realista di uno dei mali atavici del nostro paese. A questo punto, la mancanza della “risata” potrebbe essere perdonata in vista di una maggiore profondità, ma quello di Albanese è un soggetto, almeno per chi ha seguito le “gesta” di Cetto prima di vederlo sul grande schermo, già esaurito e privo di qualunque variazione sul tema. La miniera d’oro di Albanese si è ormai esaurita.
 
Per rinforzare la sfilacciata struttura narrativa si è costretti a ricorrere al personaggio di Gerardo "Gerry" Salerno (Sergio Rubini), deus ex machina che istruirà Cetto sull’antica arte di vincere elezioni.
 
“Qualunquemente” è un film che nulla aggiunge al personaggio di Cetto ma, anzi, ne fornisce un’immagine opaca e consumata rispetto alle sfavillanti e geniali prime performance di Albanese. Un film monotono e sopravvalutato, che ha racimolato un incasso esagerato dovuto per una gran parte ad una capillare e quasi martellante campagna pubblicitaria.

Leggi l'articolo completo e i commenti