Quale fase della mediazione è obbligatoria? E quanto costa veramente?

par Osvaldo Duilio Rossi
lunedì 26 agosto 2013

La L. 98/2013 (art. 84), che modifica e converte il D.L. 69/2013 “del Fare”, ha appena sanato i vizi di incostituzionalità del D.Lgs. 28/2010, reintroducendo la mediazione obbligatoria dal prossimo 20 settembre 2013, ma sta anche confondendo le idee degli operatori di giustizia, avendo introdotto alcune novità.

La normativa distingue la conciliazione (composizione della controversia) dalla mediazione (il procedimento che permette di conciliare una controversia). La nuova normativa distingue inoltre due fasi della mediazione: un primo incontro organizzativo, in cui il mediatore svolge il c.d. discorso introduttivo per spiegare “alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione” (D.Lgs. 28/2010, art. 8); a questo incontro segue poi la mediazione, che la nuova norma definisce come “l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa” (art. 1).

È chiaro che il Legislatore si preoccupa di diffondere una cultura conciliativa tramite il buon operato dei professionisti, fin dallo svolgimento della prima riunione organizzativa, ma la distinzione tra le due fasi può generare qualche perplessità, quando la norma prevede che “l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale” (art. 5, comma 1 bis) e “la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo” (art. 5, comma 2 bis).

È chiara l’esigenza di non ritardare l’accesso al tribunale ove i presenti rifiutassero di negoziare, benché informati dal mediatore ai sensi dell’art. 8. Si rischia però di considerare espletata la procedura anche ove le parti avessero deciso al primo incontro di iniziare la mediazione e di rinviare i lavori a nuova data. Il primo incontro in questo caso si concluderebbe senza un accordo di conciliazione, ma con un accordo di mediazione circa il rinvio. Sorge dunque il problema di come interpretare il vocabolo accordo usato nel decreto.

Il problema non è da poco perché influisce direttamente sui costi della mediazione sostenuti dalle parti e quindi sui proventi percepiti dagli organismi. L’art. 17, comma 5 ter, stabilisce infatti che “nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione”. Non credo che il Legislatore intenda riconoscere agli organismi un compenso solo nel caso in cui le parti concilino la lite al termine del primo incontro, rifiutandolo per esempio ove conciliassero al secondo. Ciò violerebbe i principi costituzionali di parità dei cittadini, in quanto alcuni sfrutterebbero altri, di libertà economica e di necessaria retribuzione del lavoro svolto (Cost., artt. 3, 35, 36 e 41). I principi risultano però violati comunque dall’art. 17, comma 5 bis che prevede la prestazione gratuita nei confronti dei soggetti ammessi “al patrocinio a spese dello Stato”, ma che non prevede un indennizzo da parte dello Stato in favore degli organismi, come avviene invece per gli avvocati!

I dubbi permangono nel caso in cui le parti in lite e l’organismo debbano conteggiare i compensi dovuti, ove il mediatore avesse illustrato la procedura durante il primo incontro, ma le parti avessero rifiutato di negoziare; oppure ove le parti concludessero la procedura senza conciliare nel corso del primo incontro, pur avendo avviato la mediazione. “Nessun compenso è dovuto” (art. 17, comma 5 ter) significherebbe forse che le parti non debbano pagare alcunché?

Il problema nasce dalla confusione creata dall’uso del termine compenso, introdotto dalla norma per la prima volta, quando invece il D.M. 180/2010, art. 16, comma 1, usa il vocabolo indennità, spiegando che essa è composta dalle spese di avvio della procedura (nella misura di 40,00 € per parte, oltre alle spese vive ex Circ. Min. 20.12.2011), e dalle spese di mediazione (proporzionali al valore della lite), comprendenti anche “l’onorario del mediatore”.

Foto: Aidan Jones/Flickr


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