Putsch o morte: esortazione al civatismo
par L’89
giovedì 16 settembre 2010
Ok: i giovani del Pd sono bravi, belli, capaci e critici contro la dirigenza. Bene: perché non scendere in campo e spazzare via il vecchio che avanza? Agire o tacere.
Mettiamo i jeans, la camicia slim, gazelle, e preferiamo la giacca col risvolto corto, o il maglioncino pastello: parliamo delle nuove leve Pd. Cuoricini da spalmare, preferenze e tanti desideri: “perché non è questo, il Pd?”, “perché non mettere loro, sul palco di tutte le Torino, a chiudere le Feste Democratiche?” Insomma: “non sarebbe bello poter votare uno dei nuovi, mandare a casa il vecchio che avanza?”. Dicono. Diciamo tutti.
Questo nuovo che s’impone, e che qui definiremo per convenzione civatismo, passa per essere classe competente e capace. E si potrebbe non metterlo in dubbio. Sa di utilitaria e agriturismo al sabato, 7 amici, due coppie e tre ragazzi. Una bella porzione ben fornita di nylon, sintetico e vero cachemire contro il misto lana da Oviesse della classe dirigente attuale: Facebook-mobile e lancio d’agenzia a ritmo para-quotidiano, eccoli tuonare contro il sistema-partito, la via tracciata del segretario, l’interpretazione della minoranza interna. E allora salmodiamoli, seguiamoli su Twitter, e continuiamo a cantarli col dono del sé. “Ah se fossero”, “ah se ci fossero”, “a se al posto di”. Magari rannicchiati in un angolo.
Ok. Vi sta bene? Ci sta bene? Bene. Lo spunto mi arriva da una valutazione di Fulvio Abbate, martedì mattina da Piroso. La faccio mia: ma se questa imponente generazione, sempre prodiga al buon consiglio, è talmente in gamba, volenterosa e diffusamente apprezzata, perché non impugna l’ascia e scende in campo in una notte dei lunghi coltelli che possa far fuori le cariatidi dirigenziali? Basta poco. Agire o tacere. Putsch o morte.
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