Puppato, Serracchiani, Civati, Barca: un poker vincente contro il tris Renzi, D’Alema, Epifani

par enzo sanna
giovedì 25 luglio 2013

Il dibattito precongressuale che impegna il PD rischia di essere indirizzato sempre più verso uno scontro sulle regole e, di conseguenza, sviato dal confronto sulla sostanza delle posizioni in campo. A rendere questa impronta marcata oltre misura contribuisce in maniera determinante il giovane “divo” Renzi il quale adotta tecniche comunicative mutuate, non da oggi, dalle metodiche in uso nel mondo dello spettacolo, per far passare il proprio messaggio alla platea indistinta degli elettori, oltre le sensibilità di un partito che voglia riferirsi a contenuti di sinistra.

D’Alema, per la sua parte, ondeggia tra l’appoggio al giovane divo e qualche scappellotto assestatogli di tanto in tanto con la calma, la freddezza e la faccia tosta che da sempre lo contraddistinguono, nella totale incapacità di visione politica, comprovata senza ombra di dubbio in innumerevoli occasioni. Ci si ricorda quando definì “una costola della sinistra” la Lega Nord, partito xenofobo, corrotto e razzista per eccellenza? Oppure, i suoi comportamenti da Presidente della bicamerale, remissivi nei confronti di Berlusconi tanto da ricevere ancor oggi gli apprezzamenti del cavaliere? O ancora, per venire alla cronaca, la sua dichiarazione di qualche giorno fa, che recita all’incirca così: “Renzi è buono per vincere le elezioni, non per guidare il partito”. Come dire: “Renzi può dragare voti a destra nelle elezioni politiche, dunque ben venga. Il partito, invece, va gestito diversamente.” Eccolo ancora in pieno esercizio l’artigiano del pensiero opportunista, tanto incapace d’intendere quanto assolutamente capace di volere, quintessenza del doroteismo di sinistra.

Che dire, poi, di Epifani? La persona è degna della massima stima, soprattutto perché sopporta di interpretare con una certa dignità il ruolo di ombra di Bersani. Ma le ombre, come noto, variano al variare della posizione del sole; e quando il sole cala, l’ombra prima si allunga, poi scompare del tutto. Il destino è scritto!

Il PD, per sua fortuna, non è ancora il PDL, ben definito quest'ultimo da Schifani come un partito acefalo nell’ipotesi in cui venisse a mancare Berlusconi, e neppure somiglia all’altro partito-azienda di Grillo-Casaleggio che tante cose giuste dice, ma non una giusta ne fa. Il PD ha una base, forse sempre più delusa, ma ancora disposta a dare battaglia sui seri temi del lavoro, della dignità della persona, della solidarietà sociale, dell’ambiente, della redistribuzione della ricchezza, di una economia non dominata da manager ipocriti e truffaldini che spostano le aziende in zone nelle quali lavoro e schiavitù sono sinonimi, o di altri alla Marchionne, arroganti tanto da pretendere di dettare temi e tempi ai governi, quelli deboli e accondiscendenti, s’intende, con la “pelosa”, forse anche “penosa” benedizione del Fassino di turno.

Ebbene, il PD è anche il partito della tosta Puppato, dell’acerba Serracchiani, del deciso Civati, del navigato Barca. Tutti loro, come ogni umano su questa terra, avranno pregi e difetti, ma insieme potrebbero rappresentare il poker vincente. Qualcuno sosterrà: costoro non sono “assi” quali i D’Alema, i Renzi, gli Epifani. Si può ribattere: è vero, non saranno degli “assi”, forse solo dei “sette”, ma un poker di sette batte il tris d’assi. I quattro debbono solo volerlo e, col tempo, potrebbero trasformarsi persino in un poker d’assi.

Se ciò non trovasse riscontro al prossimo congresso, non rimarrebbe che un’alternativa: un nuovo partito della sinistra, concreto e coerente, che si collochi tra la pseudo-sinistra dorotea del PD Lettian-D’Alemian-Bersaniano, benedetto dallo stanco quanto confuso Napolitano, e la sinistra tanto paroliera quanto inconcludente del SEL vendoliano.

 

 

Foto: Imagoeconomica

 

 


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