Può un mormone diventare veramente presidente degli Stati Uniti?

par Voltaire
sabato 18 febbraio 2012

Più vedo l’evolversi delle primarie repubblicane negli Stati uniti e più mi sento orgoglioso di essere un cittadino europeo ed italiano, figlio di una cultura laica, razionale ed illuminista. Non mi spiego infatti come Mitt Romney possa diventare potenzialmente il prossimo presidente degli Stati Uniti. Non tanto per le sue posizioni politiche conservatrici, opinabili ma legittime, ma per il suo credo religioso.

La libertà di culto sia chiaro rappresenta un dogma di ogni regime democratico, deve essere tutelata sempre e comunque. Ma come fanno milioni di cittadini americani a credere ad una candidato presidente che si definisce mormone? Nei confronti della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni non si può avere nulla di aprioristicamente contrario. Bisogna rispettare questa confessione come si rispetta ogni altra forma di culto, religione o credenza . Parimenti però non si deve essere teologi, biblisti, o fini filosofi ma soltanto normali cittadini occidentali eredi del pensiero logico, deduttivo ed analitico per chiedersi: come si può riporre la propria fiducia in qualcuno che crede in enormità tali come quelle che i mormoni professano?

Gli elettori repubblicani che hanno espresso il proprio consenso per Mitt Romney, hanno votato per la stessa persona che è stato persuaso dalla storia di Joseph Smith padre della chiesa mormone a cui apparve tra il 1820 ed il 1823 nello stato di New York non solo Dio Padre e Gesù Cristo ma anche il profeta Moroni; lo stesso Smith che fu estensore del Libro di Mormon testo sacro insieme alla Bibbia, allo scritto Dottrina e Alleanze, e alla Perla di Gran Prezzo della religione con base a Salt Lake City.

Come può diventare presidente degli Stati Uniti e quindi leader mondiale - figura per sua natura carismatica ed inclusiva - un uomo che crede in una confessione dibattuta, nota per alcuni aspetti controversi come il principio della rivelazione continua, il rito del “matrimonio eterno”, del battesimo vicario, nella resurrezione reale del corpo, nel battesimo di pentimento, nella decima annuale da devolvere direttamente al tempio nel cuore dello Stato dello Utah.

Il capo della super potenza americana è anche il capofila della cultura occidentale, che da tempo (in teoria) ha separato nettamente la sfera pubblica da quella religiosa. Chi può veramente rappresentare un presidente americano fedele ad una confessione minoritaria, non riconosciuta nemmeno dalla chiesa madre da cui dovrebbe discendere, quella cattolica? Non la totalità della nazione, non l’ampiezza delle posizioni sociali e politiche di un paese complesso come l’America. Per questo nonostante le apparenze - e gli accadimenti di questi giorni lo confermano - saranno gli stessi americani a non mandare Mitt Romney alla Casa Bianca.

Guardo in tv le scene delle primarie in Usa e mi sento felice di essere cittadino di un Europa che chiede con successo al governo italiano di far pagare l’ICI al Vaticano, in un contesto sempre più libero e laico dove il principio della divisione tra Stato e Chiesa è più marcato e rispettato.

Nel 1963 per indicare l’unitarietà ed il filo conduttore che univa le due sponde dell’Atlantico davanti una folla di berlinesi John F. Kennedy nel celebre discorso alla Germania Ovest in Rudolph Wilde Platz disse "Ich bin ein Berliner" , “Io sono un berlinese” con la stessa veemenza oggi si potrebbe dire all’America “Noi non possiamo essere mormoni”. Siamo i figli di quella cultura ellenica e quindi di quella Grecia - famosa non solamente per il recente crack finanziario di cui Romney nei suoi comizi parla spesso con disprezzo – che ha insegnato all’occidente a pensare e riflettere.


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