Provincia di Napoli: o’ Sistema Cesaro alla presidenza
par L’Esaurito
sabato 4 luglio 2009
Chissà cosa vedevi da lassù.
Vedi Napoli e poi traine le conclusioni.
Vedila sciogliersi come il burro al sole, unta da fetenti che hanno fatto del loro unico obiettivo il danaro ottenuto sulla pelle dei poveri, con violenza, terrore, morte.
Chissà se riuscivi a scorgere Piazza Matteotti, sulla coppola di Garibaldi, dove si erge il palazzo della Provincia. La nuova Provincia.
Probabilmente siete alla stessa latitudine, tu e Lei. Riuscite a vedere tutta la merda sotto, o a sentirne il tanfo? Lei ne ha affossata molta di melma maleodorante, con la complicità e il soddisfacimento personale dei suoi attuali vertici.
Li vedi i delinquenti sulle moto, nei bar, nei consorzi, nelle imprese, nelle amministrazioni?
La retorica anticamorra, oggi più che mai, produce casi degni di nota.
La mossa a sorpresa del decalogo sulla legalità per i candidati nelle liste di Luigi Cesaro, che ha creato problemi ad alcuni aspiranti alle cariche provinciali, aggirato nominando i figli dei candidati condannati, ne è un fulgido esempio.
Intanto, il Governatore Bassolino telefona a Cesaro per congratularsi...
Avrà fatto lo stesso nel caso del suo compagno di partito Roberto Conte, per felicitarsi dopo la notizia del suo arresto?
La lotta alle criminalità organizzate ha radici storiche. Già in passato s’era avvertito il pericolo di questa presenza, che soffoca il libero progresso di una società.
Nel 1920, Mussolini inviò il prefetto Mori in Sicilia per debellare la mafia. Non appena egli mise mano alle contiguità dei politici locali - anche fascisti - Mussolini gli revocò l’incarico.
Oggi, succede peggio. Si è involuti in un sistema con longhe manus su politica, amministrazione locale, informazione, forze di polizia, magistrature.
I 32 arresti dei vertici del clan Vollaro a Portici, sono decisamente un atto forte di contrasto al dilagare della camorra. I blitz e gli arresti si susseguono, anche con grossi numeri, una spallata forte è arrivata alla camorra dei Casalesi. Ma, vista la cauta visione dell’obbligatorietà dell’azione penale da parte del Procuratore Lepore nel caso dello stralcio su Bertolaso, molto difficilmente verremmo a sapere dei tanti referenti politici, locali e talvolta nazionali, che hanno indiscutibilmente favorito il predominio ai clan del territorio negli appalti, nell’economia, nel mercato del lavoro, su Napoli e oltre, in cambio di consensi.
Il do ut des è compiuto, ogni giorno, ogni appalto, ogni tornata elettorale.
E ce li ritroveremo sempre lì, pronti ad ogni competizione per i posti di comando, che sono appena usciti indegnamente da giunte sciolte per infiltrazioni camorristiche, che possiedono imperi-lavanderia per comprare voti.
Nella disponibilità della Polizia Provinciale (Corpo di cui ne ignoravo l’esistenza) c’è una motonave intitolata ad un eroe di Stato, Giovanni Falcone. L’imbracazione sosta a Napoli, e nei punti programmatici della nuova giunta provinciale.
In un territorio che abbraccerà una vasta area densamente abitata, con metà dei suoi 92 comuni sciolti per camorra, dove la questione morale sembra un fantasma da mettersi alle spalle, non si fa minimo accenno a programmi per il contrasto della criminalità mafiosa, se non in piena campagna elettorale con la geniale idea del fasullo decalogo per la legalità.
E’ fuori discussione, nel clima in cui vivrà la gestione della provincia, che il futuro assessore alla legalità trovi ed attui concreti provvedimenti nella lotta al malaffare...
Facebook potrà darci una mano nello sdradicare le vecchie logiche di consenso e raccolta voti.
Nel frattempo che politici si accorgano finalmente di questa piccola rivoluzione,
i candidati che sognano la poltrona sanno che non possono più attingere a quel serbatoio di elettori a cui si promette il famoso posto di lavoro, dato che la crisi economica chiude sempre di più opportunità di occupazione vera (se non presunta e spesso falsa). Il candidato, seppur dispone di un buon gruzzoletto da spendere nell’acquisto di pacchetti di voti - presso personaggi che definisco "votari" (soggetti con cospicui rapporti sociali, che detengono un buon numero di voti grazie ad amicizie numerose, spesso in quartieri periferici, dediti alla caccia al voto in campagna elettorale da vendere al miglior offerente candidato) - sa che non può contare solo su tali armi. Dovrà necessariamente ricorrere al credito camorrista, inteso come voti da scambiare poi in gare d’appalto (vecchia pratica già ampiamente usata), e come liquido da investire per l’esosa competizione, abbondante e ben accetto, poiché è uno dei pochissimi flussi di contanti che girano periodi di recessione.
Ed ecco che gli equilibri tra candidati amministratori della città e boss interessati ad un maggiore controllo del territorio con l’aggiudicazione degli appalti pubblici s’incrinano a favore degli ultimi, che ridefiniscono i poteri e i doveri nella spartizione della cosa pubblica.
Dal gruppo fan club su Facebook del nuovo Presidente della Provincia:"Due volte a Roma, una volta A Bruxelles di nuovo a Roma e adesso presidente della Provincia di Napoli, vicino alla propria gente. Un uomo giusto al posto giusto."
Un utente alquanto informato, si chiede: "e quando a Poggioreale?"
In piena campagna elettorale, la candidata PDL eletta al consiglio provinciale, Serena Albano, discuteva sulla propria pagina dell’imprevedibile scelta di scendere in campo con Cesaro, data la sua vicinanza politica al centrosinistra, come giustamente le faceva notare un utente della propria schiera di amici.
La risposta della neoeletta, che già punta alla presidenza del consiglio, non s’è fatta attendere: ha difeso la sua scelta confinandola in insufficienti commenti di opportunità, e stuzzicata da domande pertinenti la questione morale in Campania e lotta alla camorra, risponde testualmente: "ma ti pare che io possa combattere la camorra, magari da sola? La camorra è un male talmente radicato, endemico, che come potrei farlo? E chi sono...Babbo Natale? Ti vorrei ricordare che il mio ruolo "sarebbe" quello di consigliere. E’ solo un passo ma, oltre la camorra, ci sono altri problemi, magari di più facile soluzione, attinenti i quartieri. Combatterei per una maggiore sicurezza, vivibilità, ambiente, per i giovani che non hanno sbocchi e lavoro....insomma...ce n’è di cose da risolvere e da affrontare."
Con la "semplice" carica di consigliere si può davvero poco, o molto, dipende da che parte si sta...
Cara Albano, lei non ha capito ancora niente della società, della politica e dell’amministrazione della cosa pubblica.
Non arriva a fare ragionamenti logici, non ha letto libri sui fenomeni sociali, sulla criminalità, non ha analizzato ed approfondito il fatto che la camorra condiziona ogni aspetto sociale quotidiano, dal lavoro alla sicurezza, dalla politica all’imprenditoria.
E’ endemico il problema camorra, ha ragione, ma lo è soprattutto per pavidità, connivenza e contiguità degli amministratori locali con la criminalità organizzata, di politici del suo stesso schieramento, e della vostra opposizione.
Senza tali appoggi, la camorra avrebbe vita difficile. E’ complicato arrivarci?
Chissà se abbia mai trattato il tema della connivenza dei politici con la camorra in qualità di giornalista locale, in un settore dove è difficile trovare cronisti coraggiosi, data l’impossibilità di editori di far fronte a cause milionarie per diffamazione, spesso tacitati da inserzioni pubblicitarie generose, tanto pavidi da non voler o poter pubblicare notizie rilevanti sul presidente della Provincia, come lo scioglimento del consiglio comunale di Sant’Antimo nel 1991 che vedeva Cesaro e i fratelli coinvolti, o come la "irreperibilità" dell’allora Assessore al tesoro dello stesso comune, che senza ombra di omonimia, di nome faceva Luigi Cesaro.
In un sistema pseudo-democratico, dove la legislazione permette la ricandidabilità di politici coinvolti in scioglimenti per infiltrazioni della camorra nei comuni, dove i triumviri dei partiti impegnati nella doverosa retorica anticamorra che spopola non si danno regole per evitare le solite imbarazzanti nomine ad ogni tornata elettorale, il giornalismo ormai latitante non assolve in maniera soddisfacente il suo dovere di cronaca su fatti accertati di rilevanza pubblica, specie sul tema mafia (come ha dichiarato il segretario della FNSI, Franco Siddi, a Rainews24), e con sè è abbandonata la pubblica opinione, incapace di conoscere per deliberare alle urne, e se il dovere di ognuno è quello di informare quante più persone su fatti indiscutibili (pena la silente rassegnazione/accettazione delle cose), è bene ricordare ancora una volta le ombre sul nuovo presidente della Provincia di Napoli, sperando vivamente che qualche organo d’informazione che conta dia risalto alla cosa, affinché un giorno si possa ricordare con incredulità questo storico periodo nero per la democrazia e la dignità dei pochi onesti non ancora espatriati: oltre all’inchiesta de L’Espresso, chi volesse interrogarsi sul personaggio Cesaro - neo presidente della futura Area Metropolitana che interesserà circa 4 milioni di cittadini - e in generale sulla questione annosa delle commistioni camorra-politica, non può trovare molto con i propri, piccoli mezzi.
Ancora: l’oscuro passato (e presente) di questo personaggio, da un’inchiesta di Furio Lo Forte.
E cosa dire della"problematica" interrogazione (peraltro, in un italiano da ridere...) del Deputato PDL al Governo nel 2004, in merito a questioni di criminalità e immigrazione a Sant’Antimo, ed ascoltare impietriti la risposta del Sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano, che snocciolando i dati sul Comune, indica proprio i clan che l’Onorevole ha avuto come fidi "amici" e compagni d’affari?
I napoletani che camminano con le mani sul portafoglio nel pullman, che godono di fama infinita nel non farsi fregare da chicchessia, permettono di essere governati da Cesaro alla Provincia, e al Governo da Berlusconi.
Per quale strana alchimia tutto ciò? Semplice: lo sfascio del centrosinistra in anni di malgoverno ha giocato sulla vittoria di Cesaro, come allo stesso modo Berlusconi vinse le elezioni del 1994 sulla scia dello scandalo di Tangentopoli, caricandosi entrambi di spot e belle parole (il decalogo sulla legalità di Cesaro, l’avvicinamento a Di Pietro di Berlusconi) su governo del paese, e lotta alle mafie.
I fatti dimostrano tutto il contrario, con una deriva politico-istituzionale promafiosa inarrestabile, con casi eclatanti quali l’ultima legge-vergogna sulle intercettazioni, o la decisione della giunta comunale di Milano di sciogliere la commissione consiliare antimafia proprio in vista dell’Expo, grande fetta da spartire per le organizzazioni criminali (in primis la ’ndrangheta, molto radicata sul territorio), pioniere nel mercato edilizio, o ancora la non approvazione delle norme sul contrasto all’autoriciclaggio.
A quando lo scioglimento della giunta provinciale?
Nel frattempo, appelliamoci tutti alla Guardia Nazionale Italiana, o a qualche fronda padana emigrata al Sud, per sembrare più protetti.