"Prossima Stazione: Italia": Non è solo rottamazione

par Lorenza Boninu
lunedì 8 novembre 2010

Impressioni a caldo a conclusione dell’evento "Prossima Stazione: Italia" promosso da Matteo Renzi e Giuseppe Civati a Firenze il 5, 6, 7 novembre. Non è solo rottamazione ma la speranza di un nuovo inizio. 

Che cosa porto via da Firenze dopo questa appassionante maratona di idee e di emozioni alla Stazione Leopolda? Un foglio pieno di appunti disordinati, prima di tutto. E per ogni appunto, un contenuto, una proposta: sul lavoro, sul fisco, sulla cultura, sulla scuola, sulle pratiche della buona politica, sull'equità, sul merito, sulla leadership, sulle prospettive del PD, sulla solidarietà, sulla Costituzione...

Accanto agli appunti, i twit che via via lanciavo in Rete e che si traducevano in status su Facebook per la mia personale diretta: "Applausi a scena aperta quando in video appaiono Benigni e Berlinguer"; "Non ci sono solo pischelli giovani alla Leopolda ma tanta gente "adulta" che evidentemente si sente giovane di spirito"; "Parola d'ordine della Bonsanti: ribellione"; "Bonsanti: la Costituzione è giovane, è bella, è tutta da riscoprire"; "Standing ovation per Scalfarotto, trascinante come sempre"; "Quello che sta succedendo alla Leopolda non può essere né sminuito né dimenticato. Passione e desiderio di darsi da fare: dobbiamo buttarli via?"; "Intervento entusiasmante di Renzi. Se a queste parole non seguono i fatti... da Firenze, patria della bellezza, ci mettiamo in gioco". 

E ancora. Porto annotato sul mio foglietto qualche numero: 6800 partecipanti registrati; 25000 persone che hanno seguito in streaming l'evento. Porto nella memoria le facce e il commovente entusiasmo di tutti coloro che erano presenti. Porto qualche domanda: chi snobba chi? Chi sono i veri maleducati?Perché un politico intelligente come Bersani non ha raccolto la sfida e ha preferito non venire, qui, in mezzo ai tanti semplici militanti che chiedono davvero un passo nuovo, uno slancio diverso? Un vero leader non dovrebbe mettersi in gioco, abbandonare la prudenza e dare, finalmente, qualche risposta netta? Perché insistere offesi, banalizzando, sulla parola ad effetto usata da Renzi, "rottamazione", come se si trattasse solo di questione anagrafica, di ragazzini scalpitanti che vogliono aprirsi un varco a gomitate, e non della pressante esigenza di cambiar strada alla svelta, uscendo dai tatticismi e dalle formulette polverose e pericolose (governo tecnico, apertura all'UDC, larghe intese, nuovo Ulivo etc etc) per offrire finalmente una proposta comprensibile e praticabile a quell'elettorato disperatamente in cerca di una reale alternativa? Perché non comprendere che qui non abita l'antipolitica ma, casomai, l'urgenza di una nuova politica, di una nuova speranza? 

Voglio essere chiara. Non è questione di Renzi o Civati o Scalfarotto o chiunque altro. Possono piacere o non piacere, convincere o meno. Quello che conta sono, ancora una volta, le persone: iscritti, simpatizzanti, dirigenti, amministratori, donne, uomini, ragazzi, che lì si sono ritrovati per esprimere il loro disagio, il loro entusiasmo, la loro esasperazione, la loro voglia di essere, finalmente, ascoltati, il ribollire delle loro idee e delle loro proposte, il desiderio di dibattito e discussione aperta, franca, senza finzioni. Quello che conta è la platea attenta che ha seguito ogni intervento con scrupolo e direi quasi con ansia, nella consapevolezza che perdere quest'occasione per rincorrere i vecchi rituali stantii della politica nostrana potrebbe essere fatale.



Qualcuno dice: cinque minuti a intervento sono pochi, non bastano ad uscire dai facili slogan, non ci sono contenuti, sono solo chiacchiere. Sarebbe vero, se non ci fosse stato, alle spalle di questo evento, il lavoro di un anno, e se questa tappa alla Leopolda fosse il traguardo, e non lo spunto indispensabile per una nuova partenza. Comunque di contenuti ne ho sentiti tanti: di certo più di quelli che usualmente si ascoltano negli snervanti e urlati talk show televisivi o nei dibattiti interni dove tutto, al solito, è già deciso, si parla, si parla, ma non si ascolta mai sul serio, perché non si vuole rischiare che qualcosa possa scalfire, ad ogni livello, il potere consolidato da anni, o da decenni, nelle mani di pochi. 

Infine: porto con me la certezza che comunicare diversamente, e meglio, è possibile. Mi sembrava quasi irreale, visto che si trattava di un evento "politico", ma mai mi sono annoiata, mai ho avuto la sensazione di perdere il mio tempo ascoltando il già ascoltato o vedendo il già visto. Inutile ironizzare sul duo Civati - Renzi alla consolle stile Gialappa's o meravigliarsi degli intermezzi in video (come non ricordare gli applausi spontanei quando è stata proiettata la scena finale di "Qualcuno volò sul nido del cuculo"?). Le parole si coniugavano alle immagini, le metafore cinematografiche davano ali alle idee, la Rete coinvolgeva anche chi forzatamente era distante. Il gong, che impietoso segnava la fine del tempo concesso a ciascun oratore, costringeva all'essenzialità, alla chiarezza, alla pertinenza, evitava le ripetizioni, le fumosità, le lungaggini inutili e fuorvianti. Sembra poco? E' moltissimo, specialmente se paragonato ai ritmi lenti e soporiferi della comunicazione politica abituale, al gergo politichese incomprensibile ai comuni mortali e alle chiacchiere in libertà degli imbonitori televisivi. 

Non mi nascondo che le incertezze sono molte e molti sono i dubbi. Se questo desiderio di rimettersi in gioco dovesse esaurirsi, se non si mantenessero le promesse e non si rispondesse concretamente alle aspettative suscitate, se si finisse per dare ragione agli scettici, ai diffidenti, ai delusi, se tutto fosse soltanto un pretesto per promuovere ambizioni di potere personale, la sconfitta non sarebbe solo di Renzi o di Civati ma di tutti coloro che, presenti in forze alla Stazione Leopolda, vogliono credere ancora nell'impegno responsabile a favore della comunità, a favore della democrazia, a favore della "prossima Italia". 

Ci siamo lasciati con la promessa di tenerci in contatto, di continuare il lavoro intrapreso, di tradurre le parole - chiave individuate in questa tre giorni fiorentina in proposte, campagne, idee di cui ciascuno possa farsi interprete e promotore nella sua realtà. I buoni propositi sono scritti, nero su bianco, qui. A questo punto c'è bisogno soltanto (soltanto?) di tenere alta la guardia, di "andare oltre", di fare il difficile passo per uscire dalla palude. Noi. Insieme. Con la nostra incazzatura. Con la nostra speranza. Con la nostra irrimediabile, immedicabile, "nostalgia del futuro". 


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