Promesse da (marinai) candidati

par Emilia Urso Anfuso
lunedì 4 febbraio 2013

La Società, intesa come insieme organizzato di individui, per sua natura tende a variare. Variano i modi, le mode, i pensieri, le interpretazioni. Variando, si dice che la società evolve. Spesso, in realtà, involve, ma questo a quanto pare è un fatto che non va troppo reclamizzato. Farebbe apparire che qualcosa nel sistema si è inceppato. Meglio quindi, parlare sempre di società che evolve. Variando la società, variano anche le parole e le frasi e i motti. Che cambiano a seconda del periodo storico in cui sono incastonati

“Promesse da marinai” si diceva un tempo. I marinai, questi birbaccioni che – essendo “zingari” di mare – promettevano amore eterno ad improbabili “fidanzate”, contando nel fatto che, quel porto, quella città, mai più sarebbe tornata ad essere meta di attracco.

Una volta ripartito, il marinaio sapeva di poter contare sul non ritorno. Garanzia assoluta di impossibilità a render fatti le promesse.

Oggi il classico “marinaio” di un tempo non esiste più. E’ cambiato e si è evoluto anche il modo di navigare o meglio ancora, di viaggiare. Se un tempo l’unica via era traversare fra le onde i lunghissimi percorsi da un continente all’altro, oggi brevi tratte aeree consentono a chiunque collegamenti di qualsiasi tipo.

Il motto si usa ancora. Come molti altri che trovano origine nella cosiddetta saggezza popolare. Dovrebbe semmai essere un po’ variato. Evoluto diciamo. Oggi sarebbe bene dire “Promesse da candidati”.

Forse i marinai di un tempo ancor oggi in vita si imbarazzano di fronte alle vane promesse continuamente proposte dai candidati che si presentano e ri presentano ad un elettorato ormai bollito dai soliti messaggi e promesse.

Sta di fatto – ed è bene riflettere su questo tema – che se i candidati nostrani e non solo, da sempre perseguono il metodo della promessa poi non mantenuta una volta ottenuta la poltrona, evidentemente questi nuovi “marinai” della società “evoluta” di oggi, sanno che il metodo bene o male, continua a funzionare.

Coerentemente, credo che un qualsiasi candidato per essere ammesso fra coloro di cui ognuno di noi si potrebbe fidare, è tenuto a fare, dimostrare coi fatti e non con vane parole ciò che può effettivamente realizzare di buono per i propri elettori al fine di ottenerne i voti e la stima.

Invece no: malgrado tutti si sappia come ogni singolo candidato proponga nella migliore delle ipotesi qualche proposta condivisibile sapendo di non poterla onorare una volta raggiunto lo scopo, la maggior parte degli elettori – circa 45mln nel nostro Paese – torna a farsi ammaliare. Dalle parole.

Peggio: alcuni si lasciano letteralmente “comprare” da un pacco di pasta, qualche buono benzina o un paio di biglietti da 10 euro. Sono gli stessi che poi bestemmiano per non aver – ad elezioni avvenute – raggiunto nulla delle promesse ricevute, essendo stati persino pagati.

È indicativo leggere a questo link una recente dichiarazione del neo-presidente della Regione Sicilia, Crocetta.

È evidente che debba esistere, alla base di un comportamento così anomalo da parte di molti cittadini, una sorta di patologia che lega indissolubilmente i cittadini al candidato di turno. Sono le parole – non i fatti (…) – a carezzare le orecchie, il cuore e l’anima dell’elettore medio.

È come se, pur consapevoli della totale mancanza di concretezza delle promesse, si sentisse ad un certo punto una enorme necessità di esser presi in giro. Per poter per poco almeno, cullarsi di speranze e sogni. Una sorta di balsamo temporaneo che “curi” lo scempio di un sistema politico giunto ormai a livelli di immoralità insopportabili.

Si torna a sperare perché non si vuol credere fino in fondo che si possa danneggiare costantemente ed illimitatamente l’elemento primario della stessa esistenza di un sistema politico: i cittadini elettori. Senza i quali, ovviamente, non esisterebbe alcun sistema politico.

Ecco che si torna a farsi affascinare ed abbindolare, pur sapendolo. Inquietante prodotto di una società del tutto involuta nella realtà dei fatti, dai tempi in cui – ad esempio – la politica si faceva all’aperto ed alla portata di tutti, ha eliminato l’elemento principe: il cittadino. Che non riesce oggi, nemmeno ad immaginare come siano quei “palazzi del potere” così distanti ed irraggiungibili.

A breve, frotte di cittadini ammaliati peggio di Ulisse dal canto delle sirene, torneranno al voto. Topolini drogati dal suono ambiguo di voci rese indissolubilmente parte del DNA e sangue nelle vene.

Un po’ anche come l’adrenalina che muove il giocatore d’azzardo, che gioca non per vincere ma per sentire ad ogni grossa perdita il livello di ormoni salire fino al livello massimo. Una droga.

Bisogna però considerare che, se nel caso del giocatore d’azzardo il danno è circoscritto al più ad una unità familiare, nel caso della droga da candidato che ambiguamente baratta parole in cambio di voti, il danno riveste una importanza ed una gravità a livello nazionale.

Bisogna chiedersi il perché profondo dell’accettare ogni volta parole che, in fondo si sa, sono vane.

Affrontare globalmente il problema, è l’unico modo fattivo per uscire dal giogo e reimmettere in circolazione atti seguiti dalle parole, e non più il contrario.

Farlo, peraltro, aiuterebbe molto anche tutti i candidati di ogni tornata elettorale: insegnerebbe loro che facendo realmente e parlando e promettendo meno, si assicurerebbero – oltre alla poltrona – la stima degli elettori. Strana davvero questa “società evoluta”…

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