Professori in mutande a Roma per protesta

par Federico Pignalberi
mercoledì 2 settembre 2009

30mila insegnanti in meno, graduatorie sbagliate, uffici disorganizzati, precari a rischio. Al Newton protestano in mutande.

<<Inutile insistere, qui non c’è niente>>. Sono professori, ma sembrano clandestini sul marciapiede al mattino, in attesa di qualcuno che dia loro lavoro per un giorno. Sono andati a mendicare nelle otto scuole polo della capitale per l’assegnazione delle cattedre, in vista della nomina di 4896 insegnanti, supplenti o di ruolo.


Insegnanti spesso ultraquarantenni, con decine di anni di servizio alle spalle. Precari da sempre, senza certezze. Oggi, con i tagli Gelmini (o meglio, Tremonti), saranno i primi a saltare. In tutto 31.243 insegnanti solo alle elementari, medie e superiori. 6.180 in Campania, la regione più colpita dai tagli. Tanto che a Napoli i precari hanno tentato di occupare l’ufficio scolastico regionale, non senza momenti di tensione con le forze dell’ordine, che lo hanno impedito. Le proteste crescono in tutta Italia. A Benevento sei insegnanti sono saliti da quattro giorni sul tetto dell’ufficio scolastico regionale. Davanti a quello di Torino c’è stato un sit-in di protesta organizzato dai sindacati ed altri se ne prevedono in Toscana.

A Roma, invece, un gruppo di professori di educazione fisica si è messo in mutande nel cortile del liceo scientifico Newton, una delle scuole polo in cui stavano in fila, mendicando l’assegnazione di qualche supplenza. Nonostante sia il periodo delle arrampicate sui tetti e sui monumenti, l’usanza non è nuova. Nel 2004 un gruppo di fisici e ricercatori si esibì in mutande davanti al Ministero dell’Istruzione per protestare contro i tagli dell’allora Ministro Moratti alla ricerca scientifica. Lo scorso anno una trentina di studenti de “La Sapienza” si mostrarono in intimo per protestare contro la Gelmini che “spoglia la ricerca”. Ieri è stata la volta dei professori. <<È estremamente triste essere ridotti in questo modo per far valere i propri diritti>> dice uno dei precari. <<Per noi che siamo professionisti questa è un’umiliazione>>, ma <<siamo anche disposti a salire sul Colosseo – aggiungono – e faremo lo sciopero della fame, se sarà necessario>>.

Sembrerebbe di assistere alla battaglia personale di alcuni insegnanti che vogliono salvaguardare il loro posto di lavoro. In fondo, se loro non vengono chiamati, potrebbero non servire, sarebbero professori in eccesso. I posti disponibili vengono occupati da chi ha una posizione migliore in graduatoria, quindi non lavorano perché ci sono professionisti più bravi. Sembra vero, ma siamo in Italia.

Innanzitutto la loro battaglia personale ha un carattere più ampio, che indirettamente difende anche gli interessi degli studenti. Perché la diminuzione delle cattedre non è dovuta a un calo delle iscrizioni, ma ai tagli di cui sopra, che vengono così descritti nella finanziaria triennale: <<razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso, per una maggiore flessibilità nell’impiego dei docenti>>, che vuol dire docenti abilitati ad insegnare più materie.

<<Razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali>>, vale a dire riduzione degli orari delle lezioni. <<Revisione dei criteri vigenti in materia di formazione delle classi>>, classi più numerose, quindi, in barba ai criteri di sicurezza. <<Rimodulazione dell’attuale organizzazione didattica della scuola primaria>>, ovvero il mastro unico. Ecco perché servono 31.243 docenti in meno.

Le graduatorie, che dovrebbero garantire l’accesso all’insegnamento agli insegnanti più qualificati e con più esperienza alle spalle, molto spesso sono inattendibili e motivo di ingiustizie. I moduli, basta sfogliarli, sembrano progettati da un abile enigmista, concepiti per confondere chi li compila. Non è difficile sbagliare di cella per i pochissimi impiegati delle nomine che inseriscono i dati al computer, ed ecco che la graduatoria è sbagliata. Sta all’insegnante controllare i conteggi ed accorgersene. Se la graduatoria è sbagliata per difetto, si corre a segnalarlo ai capi sezione e ai responsabili della graduatoria, che però sono in ferie. Se, invece, è sbagliata per eccesso, è inverosimile che il fortunato insegnante denunci l’errore, e l’ingiustizia è consumata. Professori meritevoli scavalcati da altri per via di graduatorie tutte sbagliate. 

Molti insegnanti sono esasperati: <<Quali sono i problemi? Sempre gli stessi, ma quest’anno sono aggravati dai tanti tagli. Hanno sbagliato i punteggi in graduatoria, hanno fatto nomine per cattedre fantasma e, al contrario, non hanno fatto nomine per cattedre che invece ci sono, ma non nei loro elenchi>>. Un altro si lamenta: <<Ci sono poche porte aperte e in quelle stanze chiuse sono conservati alcuni dei nostri fascicoli personali a cui non possiamo accedere>>. Altri insegnanti vengono da fuori Roma, uno di loro racconta di essere tornato per la terza volta, senza risolvere nulla. <<Non ho avuto la risposta che speravo. Mi hanno rinviato a venerdì, ma in quel giorno devo essere presente alle nomine. E quindi, o vado alle nomine o vengo qui>>.

Molti sono rassegnati all’idea di rimanere disoccupati. Magari, ripensando a quei colleghi che per pochi minuti si sono esibiti in intimo, prendono in considerazione anche loro l’idea di provare a rimanere in mutande. Così, tanto per farci l’abitudine.

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