Processo a Josef Fritz, il padre-stupratore: che cosa ci insegna?

par Virginia Visani
mercoledì 18 marzo 2009

Adesso che il processo a Josef Fritz, che ha richiamato televisioni e giornalisti da tutto il mondo nella cittadina di Sankt Polten in Austria si avvia alla conclusione, l’intera nazione si chiede come sia potuto accadere. Come ha potuto un padre agire indisturbato per 24 anni e compiere i delitti di cui è accusato e che egli stesso oggi ha confessato? Sicuramente, dicono le autorità austriache, molto cambierà nelle procedure della Polizia, nei servizi psichiatrici e di assistenza sociale e ancora più cambierà l’atteggiamento della popolazione.

Ma siamo sicuri che la vicenda non sarebbe potuta accadere anche da noi, magari in piccole città di provincia, in paesi, dove gli abitanti “sanno” ma non parlano?
In un commento apparso sul quotidiano Die Presse si dimostra a chiare lettere che Josef Fritzl non è un campione di anormalità, bensì piuttosto l’esempio estremo della normalità, retaggio di una concezione di famiglia patriarcale tuttora ben radicata nelle piccole città. Molto di quanto nei mesi scorsi è venuto alla luce ha fatto capire che il padre aveva l’ultima parola su tutto: chi deve parlare, chi deve tacere. Tutti in famiglia devono obbedire e chi disobbedisce è punito. La mamma tace e si sottomette anche quando lui le impedisce di andare in cantina e di avere una benché minima relazione con i vicini di casa. Il padre tiene tutti in pugno perché è lui che guadagna e amministra il denaro.
 
La Polizia locale: non ha indagato più a lungo e più in profondità dopo che Josef Fritzl, dopo aver rinchiuso la figlia nel bunker di casa, ne ha denunciato la scomparsa. Ma siamo così sicuri che da noi le indagini di polizia per bimbi e ragazzini scomparsi siano davvero così accurate?

Recidività: Nel 1966 Josef Fritzl nella città di Linz aveva stuprato due donne ed aveva fallito un terzo stupro. Per tutto questo aveva fatto soltanto 5 mesi di prigione, mentre per questi reati la pena prevista sarebbe di 15 anni. Siamo così sicuri che da noi gli stupratori scontino tutti gli anni di carcere previsti? O non vengano invece messi in libertà anzitempo?

Indagini e cure psichiatriche: gli psichiatri ammettono che Fritzl è fortemente disturbato, tuttavia ha agito in piena lucidità. Siamo così sicuri che da noi gli stupratori vengano sottoposti a perizia psichiatrica e nel caso che si riscontri qualche perversione, vengano curati?

Gli assistenti sociali: non hanno indagato sul Dna e la provenienza di due dei figli incestuosi che Fritzl ha affidato, già grandicelli, alle cure della moglie. Siamo sicuri che da noi gli assistenti sociali siano attenti a quanto accade di anomalo in una famiglia?

Infine la moglie e l’intera comunità di Amstetten: il padrone di un bordello di Amstetten dichiara che le sue ragazze si rifiutavano di andare con Fritzl, perché violento e inquisitore. Si sapeva che Fritzl faceva turismo sessuale in Tailandia. La moglie era ignara, passiva fino al punto da non chiedersi nulla sul comportamento del marito, pur di non avere rapporti sessuali con lui? E la gente del paese anch’essa tanto passiva da non accorgersi di nulla? O forse complice silenziosa e omertosa? Siamo così sicuri che questo non accada anche da noi, nei paesi , nei piccoli agglomerati urbani dove la gente, intervistata a seguito di un delitto, si dice meravigliata: “una persona così per bene, gentile, educata, chi l’avrebbe mai detto?”

Tutto questo insegna il processo “al mostro”. Facciamone tesoro.

Leggi l'articolo completo e i commenti