Primi sondaggi sulle europee: ragionandoci su, per quel che serve…

par Aldo Giannuli
mercoledì 19 febbraio 2014

Sappiamo che i sondaggi (in particolare in Italia) presentano sempre aspetti discutibili per gli aspetti metodologici e dubbi sulla correttezza di chi li effettua, ma, soprattutto quando come ora, si è in presenza di un 40% di astenuti nelle precedenti elezioni e di un 32% di indecisi dichiarati. Detto questo, prendendo i sondaggi con le molle ragionarci su non è inutile. Un po’ perché influenzano il comportamento degli elettori, un po’ perché i politici ragionano in base ai sondaggi e questo può spiegare i loro comportamenti, un po’ perché alcune tendenze si colgono senza troppo sforzo, soprattutto se si tengono presenti alcune regolarità di comportamento nei sondaggi.

Ad esempio, è abbastanza regolare che i primi sondaggi siano più generosi con le formazioni piccole di quanto non lo siano i successivi e, soprattutto, i risultati effettivi. Questo per due ordini di motivi: chi vota per le formazioni minori tende ad essere molto più motivato ed a dichiararsi subito, mentre fra quelli che decidono all’ultimo minuto le formazioni più piccole hanno molti meno consensi, in secondo luogo, perché lo scontro elettorale tende a polarizzarsi man mano che la campagna si sviluppa e questo toglie spazio ai piccoli che soffrono sempre più dell’effetto “Voto utile”.

Nelle scorse elezioni, infatti, i sondaggi sopravvalutarono costantemente il centro montiano, Sel, la Lega e Rivoluzione Civile, poi i risultati ridimensionarono tutti a vantaggio di Pdl e M5s lanciati all’inseguimento del Pd che si fermò al 25% e vinse grazie all’apporto determinante di Sel che, però, non raggiunse nemmeno il 4%. Detto questo, gli attuali sondaggi contengono già una notizia pessima per i “piccoli” che partono male: il centro montiano si disintegra, Rifondazione scompare, Sel quasi si dimezza, Fli arranca così come la destra.

Vanno un pochino meglio di un anno fa Lega e Casini, ma di un soffio che fa presto a calare man mano che la campagna entra nel vivo. Anche il Ncd non fa sfracelli e supera di poco la soglia di accesso attestandosi su un dignitoso 5 e mezzo. Ma, anche per loro, vale la considerazione per cui “vediamo come va a finire”.

La tendenza secca, sin dall’inizio è quella di una competizione a tre punte: Pd, Fi e M5s, che totalizzano il 77% da soli, mentre si riducono drammaticamente gli spazi per gli altri. C’è da dire che in questo sondaggio non c’è l’eventuale Lista Tsipras e la “Nuova An” di Alemanno e soci, non sappiamo neppure se non sbucheranno nuove liste (ad esempio del movimento dei forconi), ma difficilmente cambierà la tendenza di fondo della competizione a tre, con gli altri in castigo.

Di fatto tutto fa pensare ad una fortissima tendenza alla radicalizzazione dello scontro, così come penso stia accadendo un po’ dappertutto in Europa. Qui in Italia un po’ più che altrove, a causa della particolare precarietà di questo quadro politico.

Qualche commento sui tre maggiori: il più penalizzato dall’aria di inciucio è proprio il Cavaliere, che recupera poco rispetto al danno della scissione e, sommando i voti di Ncd, si attesta su un 29% che non è molto. A prima vista questo può sorprendere ma, pensandoci bene, la cosa è spiegabile: all’elettorato di destra piace il Cavaliere con i guantoni da box che mena duro, mentre quello ecumenico che, prima fa il governo con Letta e dopo l’accordo con Renzi, non piace per niente. La base di destra vuole un Berlusconi alternativo alla sinistra, non convergente.

Il M5s appare in recupero, dopo la flessione nei sondaggi precedenti e dopo i cattivi risultati delle amministrative, e sembra riprendere in pieno il suo 25% in particolare dopo la battaglia sulla questione di Bankitalia. La campagna dei giornali sulla “violenza squadristica” dei deputati pentastellati ecc non sembra aver avuto alcun effetto.

Il Pd è dato sempre oltre i risultati di febbraio, ma tende a scendere. Soprattutto non sappiamo quale sia l’atteggiamento della sua base elettorale dopo questa strana crisi di governo e, meno che mai, si capisce come sarebbe presa una alleanza diretta Pd-Fi che è esattamente quello che si sta prospettando in queste ore.


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