Primarie, il PD si scorda le mafie

par Federico Pignalberi
martedì 20 novembre 2012

Bersani dedica alle mafie una sola frase in tutto il programma. Renzi e la Puppato giusto un paragrafino. Tabacci si scorda addirittura che esistono e l'unico che sembra proporre qualcosa (poco) di concreto è Nichi Vendola. Nemmeno la carta d'intenti delle primarie considera una priorità sconfiggere i poteri criminali che appestano il Paese. 

C’è stata un’assente ingombrante nel confronto tra i candidati alle primarie del PD su Sky: la criminalità organizzata. Lo ha denunciato Ciro Pellegrino sul suo blog: “Non una domanda agli aspiranti candidati premier del centrosinistra su mafia, camorra, ‘ndrangheta. (…) la politica italiana ha messo in secondo piano la lotta alle mafie”.

Leggendo i programmi si capisce che per loro è stato meglio così: hanno evitato una figuraccia. Nella pagina degli indirizzi programmatici di Bruno Tabacci addirittura non si accenna all’esistenza della criminalità organizzata (figuriamoci a una ricetta per debellarla). E anche quei pochi che si ricordano del problema non hanno la più pallida idea di come affrontarlo. Unica eccezione, Nichi Vendola, che alla lotta al crimine organizzato dedica ha dedicato un intero capitolo (due pagine) del suo programma. 

Nella visione del presidente della Regione Puglia “la lotta alle mafie e alla corruzione deve diventare una chiave di lettura dei processi sociali e non essere solo un capitolo delle politiche di sicurezza. (…) La nostra antimafia vuole superare l'esclusività della dimensione repressiva, giudiziaria e penale per essere parte di un grande progetto di ricostruzione di diritti sociali e politiche pubbliche”.

Il leader di Sel dice di volere “ascoltare la voce delle periferie metropolitane per sottrarre alle mafie generazioni di giovani che vivono senza speranza di cambiamento” e di “colpire quella borghesia mafiosa fatta di professionisti, notai, commercialisti, politici, senza i quali le mafie non potrebbero assicurarsi il reinvestimento dei loro profitti nell'economia legale”. 

Bene, ma cosa fare in concreto? “Il primo punto del nostro programma è il contrasto ai capitali e ai patrimoni dei mafiosi e dei corrotti”: tempi più rapidi per la confisca dei beni e il loro riutilizzo sociale e per i processi per riciclaggio. Poi bisognerebbe estendere il reato di voto di scambio e riformare il sistema degli appalti istituendo “stazioni uniche appaltanti specializzate e prive della presenza di amministratori pubblici” e contrastando la pratica del massimo ribasso. 

E ancora: incandidabilità per chiunque sia stato rinviato a giudizio per reati di mafia, lotta alla corruzione e introduzione del reato di traffico illecito di influenze, potenziamento delle politiche antiracket. 

Le posizioni sul tema degli altri candidati, invece, sono molto meno chiare. Anzi, di fatto non esistono. Matteo Renzi alla criminalità organizzata dedica, in un programma di ventisei pagine, un paragrafetto di sette righe verso la fine in cui si dice solo che le infiltrazioni mafiose nell’economia sono un “fenomeno da presidiare” (come? Boh) e che bisogna sperimentare “osservatori locali finalizzati a leggere in maniera integrati i dati rilevanti in possesso dei vari attori istituzionali”. Stop, fine del paragrafo.

Ancora peggio ha fatto Pierluigi Bersani, che ha liquidato il problema delle mafie con una sola frase a pagina 6 del suo programma: “Dobbiamo rafforzare le normative contro la corruzione e dare maggior sostegno agli organi inquirenti così come agli amministratori impegnati contro mafie e criminalità”. Per tutto il resto del programma non si fa più riferimento al crimine organizzato. 

Appena più loquace la Puppato, che sul problema di parole ne spende una manciata in più. Primo punto (pagina 17 del programma): “rompere le connivenze e le complicità politiche – presenti nei partiti e nelle istituzioni, nel mondo dell'economia e delle imprese – con la criminalità organizzata, rafforzando il sistema delle regole preventive, delle sanzioni, della trasparenza e dei controlli” (in che modo non è dato sapere, forse basta crederci). A pagina 18 invece si legge che “si deve distinguere tra piccoli spacciatori e organizzazioni criminali”. Poi basta: nessun altro riferimento alle mafie in tutto il programma. 

Del resto, anche nella carta d’intenti (in cui di lotta alla mafia si accenna nel paragrafo dedicato alla democrazia) che i candidati hanno dovuto firmare per partecipare alle primarie non si considera il problema una priorità: “La prossima legislatura dovrà affrontare tre compiti decisivi. Guidare l’economia fuori dalla crisi. Ridare autorità, efficienza e prestigio alle istituzioni e alla politica, ripartendo dai principi della Costituzione. Rilanciare l’unità e l’integrazione politica dell’Unione Europea”. La lotta ai poteri criminali può aspettare.


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