Prima tassa patrimoniale: esproprio del diritto di voto

par alessandro tantussi
mercoledì 30 novembre 2011

Fu così che un monarca illuminato, dall’alto della saggezza sopraggiunta in età avanzata dopo una gioventù più battagliera, si affacciò dalla turris eburnea edificata sul Colle più famoso d’Italia per invocare l’uomo della provvidenza.

Senza bisogno di tante modifiche costituzionali presidenzialiste, venne chiamato al Quirinale colui che avrebbe riscattato gli italiani dal loro peccato originale: quello, appunto, di essere italiani e quindi per definizione incapaci di governarsi da soli. Ed allora il designato, che da Milano aspettava l'appello da diversi giorni, si diresse immantinente verso (verrebbe da dire marciò su) Roma e prese il potere gentilmente concessogli per decreto presidenziale. Se gli italiani fossero d’accordo non è dato di sapere, ma questo forse è un dettaglio, roba da paesi democratici.

Il parlamento italiano, novella Gerusalemme, accolse il Messia con giubilo, i parlamentari stesero a terra i mantelli ed agitarono rami di palma. Colui che avrebbe dovuto ristabilire la pace, circondato da una dozzina di professori apostoli del suo verbo, preannunciò lacrime e sangue. Anzi no precisiamo, preannunciò solo le lacrime (gli esangui italiani, già vittime di uno stato vampiro, si prestano infatti solo ai prelievi che siano destinati alle vene altrui). I parlamentari, pur di restare un altro annetto a palazzo, parrebbero essere ben disposti.

Chissà se Monti-Messia ci riscatterà dal peccato originale, chissà se salverà l’Italia dal fallimento? Chissà se lo crocifiggeranno in aula? Per ora il governo si muove piano, con circospezione ed attento alle imboscate, cerca di evitare il calvario dei veti incrociati. Macchine avanti adagio quasi indietro.

Eppure si era detto che il Salvatore doveva essere nominato di domenica per potersi presentare il lunedì all'apertura dei mercati con la squadra di governo e con il programma in tasca. Di lunedì ne sono passati due, ma ancora non siamo usciti dal tunnel, nemmeno da quello che i segretari di partito debbono percorrere di nascosto per poter conferire con il Premier. I mercati invece corrono, spediti ed alla luce del sole. Quelli non hanno modificato né la velocità né tanto meno la direzione, alla faccia di chi ci aveva detto che sarebbe cambiato tutto.

Abbiamo delegato il potere ai presunti “migliori” dunque, ma per fare poi cosa? Altro che algoritmi sofisticati da professoroni. Il Governo è chiamato a risolvere un esercizietto di modesta aritmetica che saprebbe affrontare qualsiasi frequentatore del bar dello sport che abbia conseguito un diploma di quinta elementare. Il problemino, semplice semplice, si compone di tante sottrazioni - meno pensioni, meno casta, meno province, meno welfare, meno parlamentari, meno aziende municipalizzate, meno sprechi, meno falsi invalidi, meno auto blu - e qualche segno più: più tasse, più licenziamenti e più sacrifici. Per fare questo bisognava proprio scomodare i professori e sacrificare la Democrazia?

Che tristezza, ci hanno tolto anche il diritto di scegliere. In parlamento, tutti d’accordo o quasi, ci prepariamo a quella macelleria sociale che a Silvio non fu consentita e che Pier Luigi, che quando c'era Silvio la criticava, ora da novello “liberalcomunista” la sostiene (senza però avere il coraggio di essere colui che impugna la mannaia, vota di soppiatto e nasconde la mano, altrimenti Vendola chi lo sente?).

Risolleverà il professore le sorti finanziarie di questa nostra Italietta derisa e commissariata da una Germania che, per marciare sull’Europa, s’avvale della Bundesbank e dello spread piuttosto che delle Panzer Divisionen? Boh. Intanto dobbiamo prendere tristemente atto di essere gestiti da un direttorio di professori, ovverosia da un governo dei “migliori”. Mi vien fatto di notare che, tradotto nella lingua gloriosa di quella Grecia oggi caduta nel fango (ma che un tempo inventò la sovranità popolare ovvero la Democrazia) il superlativo assoluto "migliori" corrisponde ad "oi aristoi" e che il governo dei migliori altro non è che l'aristocrazia.

Bella conquista, un governo aristocratico e di casta voluto oggi da un Presidente che un tempo sognava la rivoluzione popolare ma che oggi al popolo preferisce i professori e sostituisce il voto democratico con il volere proprio. Un governo sostenuto da una sinistra che, pur di tagliar la testa all'odiato nemico, si è risolta ad ingozzare l'amaro calice dei più duri provvedimenti di destra che l'Italia avesse mai varato e per di più festeggiandoli in piazza con canti e balli. Forse si potrebbe fare di più, ad esempio riservare il diritto di voto ai soli laureati, preferibilmente in discipline economiche.

Siamo nelle mani del Docente, nelle quali il popolo bue oltre a versare lacrime è stato costretto a rimettere il bene più prezioso che possedeva: il diritto di voto. Questa è la prima tassa che ci hanno imposto, chissà se sarà sufficiente ad abbassare lo spread.

 


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