Prevedere un terremoto: si può,… non si può,… forse…

par Virginia Visani
martedì 7 aprile 2009

Alla ricerca di certezze e costantemente critici verso le istituzioni, soprattutto quando queste si rivelano insufficienti a contenere un disastro come il terremoto che ha colpito L’Aquila, troviamo facile appiglio nel dire: il ricercatore che lo aveva previsto è stato zittito sia dal capo della protezione civile sia dal massimo esperto italiano in sismografia.
Peccato, però, che i maggiori scienziati sismologi del mondo concordino nel dire che “le speranze un tempo così lucide di poter prevedere un sisma, stiano oggi diventando sempre più fragili”. Aggiungono inoltre gli scienziati che “si rivela sempre più inutile l’idea di poter avvertire per tempo la popolazione”.
Il dubbio che queste affermazioni siano un voler ”mettere le mani avanti” nel caso che queste si rivelino un fallimento, è molto forte. Tuttavia le argomentazioni portate dai sommi esperti a sostegno dell’impossibilità di prevedere un terremoto, sono molte e documentate.
 
Per esempio quelle dell’esperto sismologo Dr. Thomas Heaton del United States Geological Survey in Pasadena, Calif. che pessimisticamente smonta l’ottimismo degli studiosi che lo hanno preceduto.
 
Considerando le implicazioni politiche e sociali che tale affermazione può avere, il Dr. Heaton si chiede perché spendere tutti quei soldi nella ricerca se questa si rivela inutile ai fini della prevenzione? Non sarebbe forse più utile che l’ingente somma venisse impiegata per la costruzione di edifici antisismici, ponti e strade più solidi?
 
In realtà bisogna dire che lo studio dei terremoti e la conseguente ricerca della loro predittività ha avuto negli anni fortune alterne. Per esempio dal 1950 circa fino agli anni ’80, gli scienziati hanno avuto ragione per esempio nel prevedere un terremoto della città cinese di Haicheng basandosi sulla constatazione dell’aumentato livello dell’acqua potabile.

 
Nel rapporto della National Academy of Sciences del 1975 si sono presi a modello due constatazioni. Uno, chiamato “teoria della dilatazione”,è simile a ciò che accade quando si mette il piede nella sabbia bagnata e la sabbia si asciuga proprio attorno al piede. Secondo la spiegazione del Dr. Thomas H. Jordan, esperto in Geofisica del Massachusetts Institute of Technology, il fenomeno è dovuto al fatto che i granelli di sabbia subiscono una rotazione e non aderendo più attorno al piede lasciano scorrere via l’acqua. Si è dunque pensato che lo stesso fenomeno di dilatazione accadesse alle rocce e che queste, lasciando scorrere via l’acqua prima ancora che si verifichi il sisma, potessero indicarne l’imminente pericolo. Oggi però, spiega Jordan, non si dà più molto credito a questa teoria.
La seconda teoria è quella dei segnali precursori e si basa sullo studio delle zone a rischio in quanto già colpite in precedenza da un terremoto. Si è trattato di monitorare dette zone, negli States e in Cina, per osservare percettibili sommovimenti della crosta terrestre che potessero predire l’avvento del sisma. Anche questa teoria si è manifestata non valida. I terremoti successivi si sono verificati in zone assolutamente non prevedibili.
 
Altri tentativi di predizione si sono fatti seguendo la traccia della nuova Scienza del Caos e della Complessità, per la quale i terremoti sono il classico esempio del sistema caotico e un sisma di magnitudo elevata potrebbe essere il risultato di tanti piccoli, impercettibili sommovimenti verificatisi nel tempo. Ma anche se i piccoli sommovimenti vengono monitorati, noi non saremo mai in grado di predire quando si verificherà il terremoto vero e proprio.

Questa sulla base degli studi e delle ricerche, anche empiriche compiute nel tempo, è tuttora l’autorevole opinione del Dr. Thomas Heaton del United States Geological Survey in Pasadena, California.
 
 

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