Preti così

par La Poesia e lo Spirito
venerdì 23 gennaio 2009

 Si può parlare bene di un prete? In certi casi parrebbe di sì.

In un contesto di anticlericalismo diffuso, favorito dall’elezione di un papa a molti meno simpatico del precedente, sembra difficile scrivere o parlare bene di un rappresentante della categoria. Eppure nel caso di don Mario Torregrossa mi sento di farlo senza nessuna riserva, trattandosi di un uomo che ha incarnato oggettivamente le migliori qualità di un cristiano: generosità fino all’eroismo, attenzione ai poveri più disgraziati e dimenticati, cura dei giovani cui si è dedicato con pazienza e delicatezza rare.

Come spesso accade, ora che è morto e non dà più fastidio, don Mario viene osannato anche da coloro che in vita gli hanno messo i bastoni fra le ruote: perché è stato un prete scomodo, a causa dello spazio e del tempo che regalava agli indesiderati e indesiderabili assistiti. Ho vissuto vent’anni con lui, condividendone le scelte radicali, il coraggio di avventurarsi in imprese che a molti sembravano folli, come la costruzione dal niente di una chiesa e di un centro per i giovani, o la compromissione rischiosa nel soccorso di malcapitati di ogni tipo, vittime di malavitosi o di strozzini.


Se esistono davvero le persone che definiamo "santi", sono convinto che don Mario sia uno di loro; e come tutti i santi, solo adesso se ne possono riconoscere le caratteristiche: quando ospitava tossici in crisi di astinenza o immigrati alcolisti e incapaci di gestirsi non godeva certo di buona fama tra i perbenisti dell’ultima ora. Il bello di chi vive il vangelo è che si trascina dietro la vita con la sua energia, a volte inquietante: l’energia che spesso facciamo di tutto per soffocare in abitudini senza nerbo, tra le quali ci spegniamo giorno dopo giorno.

Don Mario ha insegnato la gioia di vivere che nasce dall’accettazione del dolore, dalla fatica di amare nell’umiltà delle contraddizioni umane. Per questo credo che dovremmo ringraziare preti come lui, anche in un periodo in cui è facile sparare sulle tonache più o meno lise, più o meno impregnate di vita vera, di umanità senza altri, inutili aggettivi.


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