Prestiti dalla Chiesa. La mano “caritatevole” che parla di soldi e di interessi bancari
par Emilia Urso Anfuso
giovedì 2 aprile 2009
Crisi economica. Crisi dell’umanità intera. Questa volta, nessuna scusa. Nessun dubbio. Nessuna via d’uscita. Nessuna razza – parafrasando un bel brano del cantante Caparezza.
In ogni dove si parla. Si diatriba. Si discute. Si sollecitano soluzioni.
Concretamente, possiamo vantare il più alto livello di disoccupazione mai registrato prima, a livello internazionale. Il più alto livello di povertà, a livellare la massa in un’apoteosi di economia spicciola al ribasso.
Soluzioni? Nell’immediato non ne vediamo. Parole, tante. Promesse, quelle si. Che non riempiono i piatti della gente e non pagano le rate, i mutui, i prestiti, gli affitti, le bollette.
Ma attenzione! Giunge, non troppo propagandata, la mano della Chiesa ad arginare, seppur miseramente, le ferite dei più deboli con una cifra posta al loro servizio. Ma che non si sappia troppo in giro. Dovessero far la parte di quelli che pensano davvero alla povera gente.
La Chiesa: il potere mondiale più ricco in assoluto. Proprietari di mezzo mondo. Di opere d’arte che, a venderne un paio, sfamerebbero una bella fetta di mondo. Che sia il terzo oppure il secondo, non si sa.
La Chiesa, quindi, entra con un progetto di carità a sostegno dei meno abbienti.
La Conferenza Episcopale Italiana (CEI), in accordo con l’Associazione Bancaria Italiana (ABI), ha creato un fondo di garanzia per un importo pari a 30 milioni di euro, che renderà in soldoni, la possibilità per alcuni – sembra 20.000 famiglie - di poter accedere a prestiti agevolati per circa 300 milioni.
In pratica, il fondo posto a garanzia dalla Chiesa, farà sì che si possa creare una esposizione bancaria che decuplicherà tale importo. Chi non accetterebbe una garanzia così di lustro?
La Chiesa ne esce trionfante nei confronti del mondo, l’ABI ha il suo bel tornaconto. Come accedere a tali prestiti?
Durante una conferenza stampa, il neo eletto segretario generale della CEI, Monsignor Mariano Crociata, ha chiarito che potranno farne richiesta, “Le famiglie regolari, con tre figli, malati o disabili a carico, che abbiano perso qualsivoglia forma di reddito” .
Tre figli a carico? Oppure disabili e malati? E, ciliegina sulla magra torta, a patto che sia una “famiglia regolare”, leggi: maritata “ma anche in Comune” (bontà loro) e che non abbia alcuna fonte di reddito?
Ma stiamo parlando di famiglie in difficoltà o di baraccati? E perché, proprio la Chiesa, limita drasticamente l’accesso a tale agevolazione? Chi agevola? Come li agevola?
Peraltro, udite udite, i 30 milioni che saranno posti in garanzia presso l’ABI, non saranno presi dal nutritissimo portafoglio della Chiesa, bensì da collette a tappeto sul territorio nazionale: il povero paga il povero, insomma. Come sempre.
Nel lontano caso poi, che una famiglia possa provare i requisiti fondamentali per accedere a questa “chicca” di carità cristiana, accederà ad una sorta di prestito bancario, che si trasformerà in un sussidio mensile di ben 500 euro al mese, per far fronte – così ha dichiarato Monsignor Mariano – alle spese di mutuo, bollette o eventuale fitto.
Durata del prestito? Dodici mesi. Rinnovabili.
Le somme prese in prestito poi, potranno essere "comodamente" rimborsate in cinque anni dal momento in cui si dovesse recuperare uno status lavorativo.
Interessi? Minimi – dicono – ma non sono stati dichiarati. Forse, per carità cristiana. E nel caso non si riuscisse ad assolvere al prestito ricevuto? La banca comincerà, puntualmente, a registrare gli interessi. Si potrà così con calma, pagare – forse a vita – la mano caritatevole della Chiesa.
A chi chiedere l’accesso a questa sorta di credito caritatevole? Ai parroci che indirizzeranno poi la richiesta alla Caritas o alle Acli di zona.
La riflessione, d’obbligo come sempre, ci illumini tutti.