Pressione fiscale e decrescita infelice

par Cesarezac
venerdì 6 dicembre 2019

E' in atto da tempo una improvvida campagna di terrorismo fiscale, la caccia agli evasori, caccia che avrà sicuramente l'effetto di indurre alla chiusura molte PMI, le piccole e medie aziende superstiti.

 

  Le altre sono fuggite all'estero, hanno delocalizzato o hanno chiuso i battenti. La chiusura di un'azienda trasforma il personale da lavoratore e quindi contribuente, in disoccupato. Un peso per lo Stato. I politici creano i poveri e poi si inventano i redditi di cittadinanza, elemosine per procurarsi consensi.

  La logica conseguenza, della caccia all'evasore, sarà la sicura diminuzione delle previsioni di crescita, peraltro miserevoli, dell'ordine di zero virgola per cento di cui si vanta il governo.

 L'economia di un paese che non disponga di pozzi di petrolio o miniere d'oro, si basa sul lavoro dei cittadini, sulla produzione di beni, sul PIL , Prodotto Interno Lordo.

 Le aziende italiane, quelle rimaste, sono in partenza svantaggiate da una serie di fattori che qui elenchiamo: in primo luogo il costo dell'energia elettrica, il più elevato fra tutti i paesi della UE in conseguenza dello scellerato referendum del 2011 che ci fece chiudere le cinque centrali nucleari già costruite, unico paese in Europa che ne vede all'opera ben 189 e altre in costruzione.

 A fronte degli ipotetici rischi di una centrale nucleare, abbiamo ottenuto la immediata fuga all'estero o la chiusura, della maggior parte delle nostre imprese, compresa la intera, gloriosa, industria dell'automobile. Abbiamo barattato un rischio ipotetico, peraltro insito in ogni attività, a fronte di una crisi economica certa, immediata, alla miseria. Il mondo d'oggi si muove grazie all'elettricità. Noi la acquistiamo, dai paesi che la producono con il nucleare. Le centrali alternative, eolico o solare, che tra l'altro deturpano il paesaggio danneggiando il turismo, non possono soddisfare l'intera necessità delle nostre industrie.

 Sarebbe inoltre indispensabile uniformare la pressione fiscale fra tutti i paesi della UE. Tale misura, se attuata, tra gli indubbi importanti benefici per le nostre industrie, limiterebbe il problema della evasione fiscale a livelli sopportabili, fisiologici.

 Molto opportunamente si è levato il grido di allarme di Vincenzo Boccia presidente di Confindustria; “Patto di crescita e stabilità, non vice versa”

  Le imprese italiane sono le più tartassate in Europa e più in generale nel resto del mondo. E' quanto emerge dal rapporto “ Paying Taxes 2020.

  Il carico fiscale sulle nostre imprese è pari al 59,1 per cento dei profitti commerciali.

 Ma, c'è dell'altro: il costo delle infrastrutture obsolete, a rischio di crolli, inadeguate, costose per gli utenti, il costo dei carburanti, dei servizi, delle assicurazioni, il costo e la lentezza di risposta della burocrazia, la inettitudine della macchina giudiziaria che è valsa al nostro paese una procedura di infrazione per la eccessiva durata dei processi, sono tutti ostacoli alla produzione, alla crescita.

 Nell'immediato dopo guerra, un illuminato politico e sindacalista, alludendo al programma di ricostruzione dalle macerie, ebbe a dire: “ Prima le fabbriche, poi le case”

 I celebrati sedicenti economisti, le grandi firme dei mezzi di informazione, in sostanza anziché occuparsi di politica, quindi di economia, parlano dei politici, di sé stessi, si azzuffano fra di loro.

 Dilettanti allo sbaraglio o personaggi in mala fede, occupati a rapinare i cittadini e a rimpinguare i loro ricchi portafogli?

Foto: Pixabay


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