Post-elezioni: possibili scissioni in vista
par Fabio Della Pergola
lunedì 19 marzo 2018
Maroni avverte Salvini.
Quello che è stato detto ieri nello studio di Lucia Annunziata a Rai3 si chiama “avvertimento”.
Nel momento in cui Salvini e Di Maio si avvicinano a passi felpati al governo Lega-M5S - probabilmente finalizzato a modificare la legge elettorale con l’aggiunta di un premio di maggioranza (o forse con una maggiore componente maggioritaria) - per poi tornare al voto, cominciano a farsi sentire quelli più preoccupati dalle conseguenze eventuali di questo governo di scopo.
L’avvertimento, espresso senza tanti giri di parole, è che un eventuale governo fra le due formazioni vincitrici verrebbe interpretato non solo come una rottura della coalizione di centrodestra, ma come una lesione all’interno stesso della Lega da parte della minoranza maroniana, con conseguenze dirette anche sui governi regionali e sulle amministrazioni locali.
Maroni è stato esplicito su questo: non vuole una via leghista in solitaria senza Berlusconi & Co. (e quindi la rottura del centrodestra). Di più: mira con il capo di Forza Italia a un coinvolgimento del PD (o della parte renziana che potrebbe arrivare a fare gruppo a sé provocando l'ennesimo sconquasso fra i Democratici) per ri-costituire quel governo di larghe intese che era stato ottimisticamente previsto prima del voto.
In sintesi la destra europeista vuole un accordo “alla tedesca” con la sinistra europeista e non accetta affatto l'idea di una fuga in avanti dei salviniani sovranisti verso i Cinquestelle populisti (e ambiguamente sovranisti pure loro).
La faglia di frattura, malamente oscurata durante la campagna elettorale, riemerge con tutta la sua forza dirompente a due sole settimane dal risultato elettorale.
Assistiamo così ai primi sussulti del terremoto che investirà la destra dopo lo tsunami che ha travolto il PD colpevole di aver malamente governato e aver malamente perso un referendum costituzionale - pasticciato, incomprensibile, non poco ambiguo e presentato in modo a dir poco discutibile - dopo il quale tutta la linea politica (e la dirigenza che l’aveva promosso) doveva essere ridiscussa (cosa peraltro ovvia dopo le preannunciate dimissioni in caso di sconfitta, poi accortamente "dimenticate").
Senza scordare naturalmente che lo tsunami ha investito anche tutte le altre formazioni di sinistra-sinistra che vede LeU già a un passo dalla dissoluzione e PaP in fase di incomprensibile esaltazione narcisistica dopo il flop elettorale che un sinistro-sinistro come Angelo d’Orsi ha magistralmente evidenziato con il suo personale microscopio critico.
Quello di Maroni è il primo segno serio di controffensiva da parte dell’area politica sconfitta (nonostante faccia nominalmente parte della Lega vincente) fatta eccezione dei balbettamenti di un PD in pieno stato confusionale e le preoccupazioni, altrettanto balbettanti, di Berlusconi.
E proprio per essere identificabile come unico segno serio di controffensiva con qualche colpo in canna, si rivela essere, in realtà, come il più significativo segno della debolezza del fronte europeista. Il ditino alzato di Maroni è apparso come la sterile minaccia della mamma a un adolescente scapestrato e ribelle. Servito mai a qualcosa?
A guardare la situazione di stallo attuale si direbbe che l’unica uscita possibile (e sicuramente quella che attrae maggiormente i due partiti vincitori) sia il nuovo ricorso alle urne, con nuova legge elettorale e relativa cannibalizzazione di tutta l’area di sinistra da parte del M5S e di tutta l’area di destra da parte della Lega salviniana. Per riconfermare, in modo ancora più chiaro - lo abbiamo già detto - che il nuovo bipolarismo italiano è giallo-nero (casualmente sono i colori dell'Impero Asburgico che qualche fan della Padania ancora sventola in piazza).
La misura della disfatta della Grosse Koalition all'italiana ce la anticiperà la legge elettorale su cui sembrano convergere Di Maio e Salvini. Più alta sarà la quota di maggioritario inserita e più drammatica sarà la prospettiva di vita del PD (in primis), ma anche di Forza Italia.
Ma se a sinistra non si riesce immaginare, ad oggi, una qualsiasi capacità di resistenza, a destra l’opposizione di Forza Italia, della Lega maroniana, di Confindustria e di altri poteri non trascurabili (oltre che di Germania, Francia & Co.) potrebbe "fare rete" e diventare più consistente di quello che appare oggi.
La crisi che travaglierà il centrodestra nelle prossime settimane ci farà capire a quale livello di scontro i due fronti opposti saranno disposti ad arrivare. E, quindi, quale posta sia in gioco davvero.
Nel frattempo, chi invece è di sinistra potrà ambire a un posto da spettatore: a meno di novità eclatanti, per ora non se ne vede alcun altro ruolo che non sia quello di chi deve ripensare tutta la sua storia senza dimenticare nemmeno il più piccolo particolare.