Beppe Grillo: populismo distruttivo

par Resistenza Internazionale
martedì 10 gennaio 2012

Riflessioni sull'attività politica del comico genovese e del suo "Movimento 5 Stelle": tra un Vaffa e la denigrazione di ogni "casta"...

Il movimento 5 stelle è ormai un fenomeno politico rilevante e merita quindi qualche considerazione. Alcune delle istanze che porta avanti sono condivisibili e, in qualche maniera, si può pure capire il rifiuto a stringere alleanze, che potrebbe essere un pungolo importante per i partiti del centro-sinistra: non ci si può più accontentare del meno peggio. Non starò dunque a stigmatizzare il movimento per le sconfitte del centrosinistra in Piemonte e Molise, anzi. Né mi soffermerò sulla parificazione – invero forzatissima – che Grillo fece tra Moratti e Pisapia.

Epperò il movimento 5 stelle non può convincere e rappresenta, a mio parere, dei voti di protesta fini a sè stessi e dunque, per definizione, deleteri. Partiamo da cosa manca: non una parola su come uscire dalla crisi. Non può sorprendere da un partito o movimento che si dichiara post-ideologico. Senza ideologie, cioè visioni del mondo, è difficile saper dare una chiave di lettura a fatti complessi e dunque trovare le soluzioni. Non a caso il movimento si presenta agguerritissimo su micro-problemi (che non vuol dire poco importanti!) in cui spesso un po' di buon senso può bastare per dire cose condivisibili, dalla TAV all’uso delle biciclette. O alla denuncia degli intrighi del grande capitale. Ottime idee per prendere voti a livello locale, poco o nulla quando si tratta di risolvere i problemi nazionali, non parliamo di quelli europei.

Per far fronte a questo problema, Grillo si affida al populismo anche piuttosto becero. Semplifica a spanne grossi problemi senza apprezzare le sfumature che fanno la sostanza delle cose. Insulta ed aizza la folla. L’ultimo caso è il linciaggio mediatico del consigliere regionale del movimento in Emilia-Romagna, additato al pubblico ludibrio solo per aver richiesto un aiuto in favore dell’Unità che rischia di chiudere. Ma non è certo la prima volta, con Grillo che ha ingiuriato tutti quelli che con lui avevano fatto un pezzo di strada, da Vendola a De Magistris.

D’altronde Grillo si presenta come un duro e puro, e ci puoi essere amico finché accetti tutto quello che dice, senza se e senza ma. Appena sgarri sei fuori, col furore tipico dei movimenti oltranzisti. E come gli oltranzisti viene fatta di tutta l’erba un fascio. Tipico è il caso del finanziamento pubblico a giornali e partiti. In entrambi i casi ci sono degli insostenibili scandali: si finanziano giornali inesistenti come l’Avanti di Lavitola e si continuano a rimborsare le spesi folli delle campagne elettorali. Giusto intervenire. Ma assai ingiusto dire che dati questi scandali vadano soppressi il fondo per l’editoria e il rimborso elettorale. A Grillo che tanto critica il capitalismo attuale sembra piacere un po' troppo il mercato selvaggio. Solo i giornali con molta pubblicità possono stare in edicola, solo i partiti con finanziatori molto danarosi possono presentarsi alle elezioni. Il modello americano nella sua versione più selvaggia.



Si rendono davvero conto gli elettori di Grillo che senza soldi pubblici solo i ricchi potrebbero farsi un partito? E che comunque la sproporzione di mezzi comporterebbe che solo i partiti dei ricchi avrebbero reali potenzialità di vincere le elezioni? Non sarebbe tanto più semplice fissare per legge un massimo di spese elettorali (rimborsabili) e costringere tutti i partiti ad adeguarsi? E che dire dei giornali? Pensa Grillo che solo quelli capaci di farsi un blog per i fatti loro debbano avere la possibilità di parlare?

Se il discorso è questo – sopravvive solo chi è bravo, come ad esempio il Fatto Quotidiano – perché non estendere tale principio ad altri campi. Università private finanziate dalla capacità di attrarre fondi. Ospedali privati con il pubblico pagante che decide quali sono i migliori. E via dicendo. Invece la società ha dei costi che vanno finanziati pubblicamente e non possono essere lasciati al mercato.

Sanità ed istruzione sono tra questi, ma certo lo è anche la politica, bene pubblico per eccellenza. La via di Grillo è semplicemente la via per l’oligarchia.

Infine lo stile, che in politica è anche parte della sostanza. Sorvolerò sulla costante camicia nera degli inizi, sostituita ora da un più sobrio bianco, o sul grido di battaglia “Italiani!”, assai sinistro per chiunque conosca un pò di storia. Ma è inevitabile stigmatizzare gli insulti rivolti a mezzo mondo e comunque a tutti quelli che non sono d’accordo con lo stesso Grillo. Un “vaffanculo” può essere anche catartico in alcuni momenti, ma non può diventare lo slogan principale di un movimento democratico. Nel frattempo Grillo rifiuta qualsiasi discussione con gli avversari, preferendo imperversare nel web senza contraddittorio. Quindi rifiuta interviste e confronti pubblici, affidandosi solo a monologhi. Dove l’avevamo già visto questo comportamento? Ah, già, ad Arcore. Grillo da ottimo comunicatore mischia un po' di celodurismo leghista con lo stile da piazzista di Berlusconi, cioè i due fenomeni mediatici degli ultimi 20 anni. Ma per quanto di successo, rimangono due modelli profondamente reazionari, basati sulla leadership carismatica e non democratica, sul settarismo e sul populismo. Non proprio il nuovo che avanza.

di Nicola Melloni


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