Politica, senza bene comune
par Michele Luongo
mercoledì 25 febbraio 2009
La crisi c’è e si vede, basta guardarsi intorno. I segnali erano evidenti da tempo. Per noi italiani la crisi vene da lontano, dall’emissione dell’euro. Inevitabile che le tasche “della massa” si svuotassero.
Come al solito chi non sente e non vede sono proprio i nostri politici, incapaci di un’azione programmatica, sempre a rincorrere i problemi. Eppure da tempo la gente comune “quella vera”, ogni giorno con sacrifici e fatica cerca di arrivare alla fine del mese.
Con l’introduzione del’euro una parte dei cittadini si è arricchita (commercianti, industriali, banche) è una parte (gli operai, gli impiegati i dipendenti) è rimasta ferma a sopportare l’amara conseguenza.
Inevitabile che le tasche “della massa” si svuotassero.
Scoppia la crisi a livello mondiale c’è bisogno di una reazione forte e concreta, ha fatto bene l’America con il Presidente Barack Obama (speriamo che riesca a trainare il resto del mondo), quando annuncia e il parlamento approva, un piano economico senza precedenti, che rappresenta il 5,5 per cento del Pil americano, addirittura più oneroso del piano Marshall del dopoguerra.
E l’Europa? Si va avanti con gli annunci, e l’Italia si adegua, così si inventa la “social card”. Ma quanto è costato realizzarla? Il governo dimostra di non conoscere i contribuenti (denuncia dei redditi), forse era meglio dare qualche somma in più ai cittadini, aventi diritto.
Con la crisi si aiutano le banche e le industrie, mai il cittadino oberato di mutui e debiti, per loro l’aiuto concreto è sempre una chimera.
Eppure nell’economica del mercato c’è una sola verità che si fa finta di non capire: gli stipendi sono bassi, senza stipendi adeguati la crisi stagna.
E’ una brutta crisi, ci vuole una politica economica concreta con programmi strutturali, e decisioni reali, d’impatto, di svolta, per esempio: il prepensionamento anche nel pubblico impiego e la realizzazione delle grandi opere pubbliche da decenni necessarie.
Sono solo alcuni esempi, ma per dare corso a queste riforme ci vorrebbe una classe politica sana, una forza sindacale che rappresenti l’unità dei lavoratori. Insomma chi governa, chi amministra, dovrebbe avere l’alto senso del bene comune.