Polillo: "Lavorare una settimana in più per far aumentare il PIL di un punto"

par Daniel di Schuler
mercoledì 20 giugno 2012

E’ l’idea di Gianfranco Polillo, sottosegretario all’Economia del governo Monti.

Una soluzione “geniale” ai nostri problemi di produttività che, secondo lo stesso Polillo, sarebbe accolta senza difficoltà dagli industriali (e ci mancherebbe altro) e non provocherebbe particolari proteste dai sindacati, compresa la CGIL in cui settori “illuminati e riformisti” vi starebbero ragionando sopra.

Non è dato sapere se sia così; fosse vero sarebbe l’ennesima conferma che i nostri sindacati brillano nella difesa dei simboli, ma non in quella degli interessi dei lavoratori. Per certo, però, l’uscita del nostro illuminato sottosegretario non è stata accolta dai maggiori quotidiani nazionali nel modo che si sarebbe meritata: con un fitto lancio di, ovviamente metaforici, pomodori.

Non solo quel che propone Polillo (dato che la retribuzione annua resterebbe invariata) non sarebbe altro che una riduzione generalizzata dei salari orari, ma nasce da una diagnosi completamente sbagliata delle cause della nostra competitività; tale da sfidare, per stupidità, quella famosa del fu ministro Castelli, che attribuiva i problemi della nostra cantieristica navale al fatto che il costo del lavoro Italiano (uno dei più bassi d’Europa) fosse troppo più elevato di quello Coreano.

Nessuno si sentì allora in dovere si spiegare al piccolo genio leghista che gli stipendi coreani erano i più alti del mondo industrializzato; nessuno dice oggi al suo degno erede spirituale che i dipendenti italiani sono già tra quelli che lavorano di più al mondo. Basta confrontare i dati forniti dall’ufficio statistico del Dipartimento del lavoro americano, relativi a tutto il 2010, per verificarlo; i dipendenti italiani quell’anno hanno lavorato più a lungo di quelli di qualunque altro paese del vecchio G7. Con le loro 1.778 ore sono rimasti in fabbrica o in ufficio più dei workaholic americani (1.741 ore) e, addirittura, dei già stacanovisti nipponici, che hanno lavorato solo, si fa per dire, per 1.752 ore. E i tedeschi? Hanno lavorato solo per 1.419 ore: 359, vale a dire il 25%, meno di noi. Dei lavativi, insomma, come del resto i francesi che sul lavoro ci sono rimasti per 1.439 "misere" ore.

Le nostre scarse produttività e competitività non hanno proprio nulla a che vedere, dunque, con la lunghezza dei nostri orari di lavoro: dipendono dal fatto che produciamo, spesso con macchinari vecchi e con un’organizzazione carente, beni dallo scarso valore aggiunto. Guardando fuori dalle aziende, dipendono dall’inefficienza del nostro settore pubblico, dalla farraginosità della nostra burocrazia e dall’obsolescenza delle nostre infrastrutture. Dipendono anche dalla nostra disciplina sul lavoro? Può essere, ma allora si intervenga lì, e non altrove.

Il buon Polillo, insomma, ha toppato in pieno. Non solo, da macchietta di generale italico, vorrebbe scaricare sulla “truppa lavativa” le responsabilità della casta dirigente a cui appartiene, ma, e nel nostro paese è in larga e buona compagnia, sembra aver dimenticato la lezione di chi, nel 1926, aumentò le paghe dei propri operai (di fatto quasi le raddoppiò) diminuendo contemporaneamente il loro orario di lavoro da 48 a 40 ore settimanali.

Chi era il pericoloso Komunista? Henry Ford; uno che aveva capito che non poteva pensare di vendere le proprie automobili a chi non aveva i soldi per comprarle ed il tempo libero per andarci in giro.

Comprendere che orari di lavoro lunghi, traducendosi in minori consumi per l’industria del turismo e per i servizi, contribuiscono a deprimere e non a rilanciare il mercato interno, d’altra parte, dev’essere difficilissimo se non vi arriva neppure chi, come Polillo, ha già dato prova delle proprie brillanti capacità di analisi affermando, a febbraio, che Silvio Berlusconi, di cui auspica l’elezione a Presidente della Repubblica (sic), con la propria discesa in campo nel 1994 avrebbe salvato la nostra democrazia (e ri sic).

E dire che il nostro sottosegretario di lavoro se ne dovrebbe intendere. Dopo essere stato consigliere economico per il gruppo parlamentare del Popolo della Libertà alla Camera dei Deputati, e funzionario della Camera, è attualmente presidente di Enel Stoccaggi (accidenti; un esperto anche del settore energia), membro del Consiglio di Amministrazione della SVIMEZ, ed è stato segretario di diverse commissioni parlamentari: quelle commissioni, per capirci, che nel 2010 hanno lavorato in media per 37 minuti al giorno; le stesse in cui oggi, dopo le “drastiche” misure imposte dal governo Monti che prevedono una decurtazione di 500 euro della paghetta degli assenteisti, pare imperversi il firma e fuggi (pratica in cui eccelle, o almeno così sembra, un altro eroe del lavoro altrui, l’indimenticabile Brunetta).

Una sola domanda mi verrebbe da fare proprio a Mario Monti, che continuo a sostenere, nella cattiva come nella buona sorte: ma uno così, per formare governo, le serviva proprio?


Leggi l'articolo completo e i commenti