Poletti e la fuga dei "cervelli"

par Mario Barbato
sabato 31 dicembre 2016

Ha ragione il ministro Poletti quando afferma che non tutti i giovani che emigrano all'estero sono dei geni incompresi e che quelli rimasti in Italia sono degli incompetenti. Spesso è vero il contrario. Ci sono milioni di ragazzi italiani che riescono anche nel nostro paese a realizzarsi professionalmente, contribuendo alla crescita della nazione.

La realtà che ci raccontano i mezzi di informazione è spesso falsata, mirata perlopiù a scopi politici. Non dice, per esempio, che tanti ragazzi decidono di andare all'estero solo per coltivare nuove esperienze, per conoscere nuovi paesi, per rompere la monotonia quotidiana di stare in Italia con l'emozione di viaggiare e appagare la loro curiosità.

Se così non fosse non si spiegherebbe allora come mai tanti connazionali, che partono alla ricerca della Terra Promessa per svolgere lavori in linea con il loro titolo di studio, si sono poi ritrovati a fare i camerieri a Londra o i lavapiatti a New York. Mansioni dequalificate che potrebbero benissimo svolgere anche in Italia.

Sarebbero questi i famosi cervelli in fuga? Speriamo di no. Ho conosciuto ragazzi che sono andati a lavorare in Germania o in Australia e che sono ritornati perché le aziende che li avevano assunti non aveva rinnovato i loro contratti. Forse perché le loro capacità di lavoro lasciavano molto a desiderare? E' probabile, anzi quasi sicuro.

Gli stranieri che lavorano in Italia non sono meno capaci e meno numerosi degli italiani. Non parliamo solo degli extracomunitari che fanno lavori qualificati che gli italiani rifiutano, per poi ritrovarsi a fare i commessi a Russel Square, ma delle varie operatrici francesi o spagnole che lavorano nelle agenzie turistiche disseminate in tutta Italia.

Chi critica il ministro Poletti non dice che la generazione contemporanea guadagna più dei nonni ma che spende più degli avi per appagare tutti i vizi e tutti gli eccessi. Non dice che i giovani americani lavorano solo per sbarcare il lunario e la maggior parte di loro non ha un vero scopo nella vita, proprio come gli italiani

La fuga dei giovani all'estero non certifica nulla delle capacità e delle competenze di questi giovanotti fin troppo coccolati. La favola che il posto di lavoro non c'è sembra nascondere un'altra verità: i capricci di una gioventù che andrebbe rimotivata al sacrificio, alla fatica, ad alzare il culo dalla sedia e a pedalare, senza troppe lagne.


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