Pneumatici, batterie, vernici e roghi notturni. Ricominciano gli incendi nella Terra dei fuochi

par Pietro Cuccaro
lunedì 12 aprile 2010

Come truffare lo Stato nella "Terra dei fuochi" ed avvelenare i suoi cittadini. In un colpo solo.

Giovedì notte, nel territorio di Giugliano, a metà strada fra Napoli e Caserta, ha preso fuoco una discarica abusiva di pneumatici. L’incendio ha impegnato per ore diverse squadre di Vigili del fuoco, chiamati dai cittadini, che ormai sono diventati bravi a riconoscere le caratteristiche di ogni incendio: gli pneumatici, per esempio, si caratterizzano per odore acre e fumo nerissimo.

L’operazione è stata particolarmente difficile perché le gomme quando bruciano sprigionano materiale tossico: dalle diossine ai terribili Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici), tra cui il Benzopirene, cancerogeno per l’uomo, di cui sono noti gli effetti sull’apparato respiratorio. La preoccupazione principale, per i pompieri, era impedire che le fiamme si propagassero alle abitazioni vicine e abbattere, per quanto possibile, l‘impatto della nube.

È cominciata – quindi - la stagione degli incendi nella terra dei fuochi, il territorio a cavallo fra le province di Napoli e Caserta. Qui, in particolare nei mesi più caldi, ogni notte è un fiorire di roghi notturni, di natura dolosa. Soprattutto pneumatici, come è accaduto l’altra notte a Giugliano. Ma spesso si trovano lastre di eternit, che contiene amianto, batterie di automobili e rifiuti speciali di vario tipo.

Le strade sono piene di discariche. Non solo quelle di campagna, ma persino le statali più frequentate, come la Quater Domitiana (che va da Castel Volturno a Pozzuoli, fino all’imbocco della Tangenziale di Napoli) o il famigerato Asse Mediano: ad ogni piazzola di sosta ci sono decine di copertoni, per non parlare di quello che c’è sotto, alla base dei piloni. Poi, di notte, tutto brucia.

Nulla di nuovo, va avanti così da decenni anche se il fenomeno ha ora un’intensità mai vista.

Le prime denunce pubbliche su scala nazionale risalgono già ai primi anni del Duemila, come dimostra questo articolo de La Nuova Ecologia.

Le popolazioni mettono in relazione le discariche abusive e i fuochi notturni con particolari incidenze di patologie tumorali, leucemie e mortalità prenatale. Le autorità sanitarie (vedi il prospetto dell’Istituto Superiore di Sanità) confermano in parte queste preoccupazioni. Anche perché gli effetti maggiori cominceranno a manifestarsi fra qualche lustro, quando i bambini che oggi crescono fra questi fumi saranno diventati maggiorenni: gli agenti patogeni, assicurano infatti gli esperti, tendono ad accumularsi all’interno dei tessuti nel corso degli anni.

E intanto gli inquinatori di mestiere, gli smaltitori sottobanco di gomme, oli usati, liquidi di batterie e altri rifiuti speciali, dopo aver invaso le campagne (guarda i servizi di Pino Abete, da Striscia) non sanno più dove mettere questa robaccia. Così, saturate le discariche più o meno abusive, invadono le piazzole di sosta delle statali.

Agoravox ha provato a vederci chiaro. Siamo andati in giro, abbiamo parlato con qualche persona ed abbiamo intuito che dietro quei cumuli di gomme fumanti c’è un circuito criminale impressionante, che permette di fare soldi quattro volte, con altrettanti passaggi illegali, dalla compravendita allo smaltimento fuorilegge di materiali fra i più tossici prodotti dall’uomo.

Il procedimento è semplice e redditizio ed era molto diffuso già negli anni ‘80 e ’90. Ora, ci assicurano, i controlli sono severi e la maggior parte dei rivenditori e dei gestori di officina è seria e rigorosa, insomma rispettosa delle leggi. Però c’è sempre chi fa il furbo.

Chi vuole truffare lo Stato comincia a risparmiare già quando compra la merce dai grossisti. Spesso è possibile acquistare senza alcuna ricevuta fiscale o comunque con un semplice scontrino, che mette sì al riparo da eventuali controlli della Finanza, però non consente la piena tracciabilità del prodotto: non è possibile cioè sapere chi ha comprato cosa; quante e quali gomme, batterie, barattoli di vernice sono usciti dal negozio e dove sono.

Il nostro ipotetico artigiano della truffa, poi, risparmia sull’Iva quando rivende il prodotto all’automobilista senza emettere lo scontrino. E, se è particolarmente furbo, si fa pure pagare dal cliente la penale per lo smaltimento (per le gomme, si va dai due ai 15 euro). Smaltimento che, ovviamente, non farà secondo i crismi della legge, visto che quei prodotti, per lo Stato, non esistono. Con buona pace dei formulari previsti dal decreto Ronchi.

Ricapitolando, i furbi ci guadagnano quattro volte: quando acquistano, quando rivendono, quando ricevono il contributo per lo smaltimento e infine quando buttano il prodotto ormai inutilizzabile. Scaricano questa robaccia dove capita: le parti più voluminose nelle campagne, magari con l’aiuto di un amico che ha qualche camion, gli oli e i liquidi delle batterie (difficili e costosi da smaltire proprio perché altamente tossici) nei canali di scolo, nei tombini o nel lavandino del bagno di servizio.


Un danno irrimediabile per l’ambiente e per la salute pubblica, una doppia perdita per lo Stato, un danno di immagine per chi lavora onestamente e per le stesse ditte che dovrebbero occuparsi dello smaltimento, molte delle quali vorrebbero farlo seriamente, con rigore e trasparenza.

Ecco, le ditte appunto: chi sono, dove stanno?

In questa famigerata “terra dei fuochi”, chi è che va in giro per i paesi, a nome dello Stato, per recuperare gomme, batterie, pezzi di carrozzeria per poi smaltirli negli appositi centri?

Lo scorso ottobre, la Facoltà di Scienze Ambientali della Seconda Università di Napoli ha proposto alla Provincia di Caserta un Piano provinciale di gestione rifiuti: uno studio molto dettagliato che, immaginiamo, sarà presto all’attenzione del neo Presidente Zinzi e magari anche del neo Governatore campano Caldoro. A pagina 54 c’è un interessante elenco (fornito dalla stessa Provincia) degli impianti attivi sul territorio per il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, ma – avvertono i professori universitari – per alcune ditte c’è una richiesta di sospensione dell’attività e vi sono in corso indagini della Magistratura. Meglio stare attenti, insomma.

Intanto, il Consorzio unico di bacino delle province di Napoli e Caserta fa sapere con un avviso pubblico che sta cercando una azienda che possa raccogliere e portare all’impianto circa 100 tonnellate di gomme fino a fine anno. Questa – secondo il consorzio - la quantità di pneumatici che sarà buttata dagli automobilisti napoletani e casertani fino a dicembre. Dove finiranno i copertoni?


Il consorzio è disposto a pagare per tale servizio 28mila euro netti, prezzo a base d’asta. Circa 28 centesimi a ruota. La ditta vincitrice (il pubblico incanto era previsto nella settimana di Pasqua, ma ad oggi il sito internet non ne riporta l’esito) con la stipula del contratto si impegnerà a non fare subappalti e soprattutto a denunciare qualsiasi tentativo di infiltrazione da parte della camorra, attraverso richieste di tangenti o altro.

Così è scritto nel capitolato, tanto per far capire l’aria che tira.

In precedenza, il servizio era gestito dalla Ecorec, ma poi tutto è andato in fumo. Nel vero senso della parola: lo scorso 12 maggio, poco dopo l’una di notte, lo stabilimento della ditta di Marcianise ha preso fuoco. Ovviamente era pieno di pneumatici. La nube tossica che ne è scaturita ha sovrastato la città di Caserta e tutta l’area metropolitana fino a Napoli.

La Ecorec è sfortunata. Già dieci anni prima andò a fuoco un suo deposito, come emerge dalla audizione della Commissione Bicamerale sull’emergenza rifiuti a Caserta nel luglio 1997. Ma non sono state rintracciate responsabilità. Infatti, la Ecorec è ancora nell’elenco delle ditte fornitrici della Provincia.


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