"Pisapia è matto", "Non ho mai detto che è matto". Il tempo del vero e del falso

par Fabio Chiusi
sabato 21 maggio 2011

Tutto il disprezzo sistematico per la verità di questa maggioranza non sta tanto nell’ipocrisia di ululare alla par condicio quando faccia comodo e poi militarizzare cinque telegiornali cinque con l’ausilio di giornalisti che si definiscono tali soltanto perché risulta sul tesserino di un ordine medioevale.

No, quel disprezzo è più visibile in un ministro che prima insulti un avversario e poi, accortosi di essere scaduto in un terreno che ha smesso di pagare (e solo per quello), «ritratta», scrivono le agenzie, e nega tutto.

Il punto è tutto qui: accettare che un ministro dia allo sfidante del «matto» e poi sostenga di non aver mai detto che è un «matto» oppure no. Affidare la cosa pubblica a chi ha la sfacciataggine di sapere di mentire apertamente oppure no. Premiare, per l’ennesima volta, il qualunquismo cinico di chi equipara vero e falso oppure affermare, faticosamente, con un briciolo di incoscienza, che quella distinzione ha ancora un significato. Che deve averlo.

Per troppi anni questo Paese ha messo da parte questa fondamentale richiesta: il risultato è sotto gli occhi di tutti. Oggi è tempo di rimettere le cose al loro posto, chiamarle con il loro nome. E chiedere conto, finalmente, di un’arroganza che si è spinta al punto di offendere il più elementare buonsenso. E se ne infischia.


 


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