La Cina controlla il meteo: la pioggia artificiale

par Francesco Finucci
sabato 7 settembre 2013

Il governo di Pechino ha messo in cantiere un piano per produrre pioggia artificiale come risposta alla grande siccità che ha colpito il sud-ovest del Paese. Già sperimentata su piccole aree, l'operazione ha come fine quello di permettere la condensazione dell'umidità nell'aria, sfruttando artiglieria e aerei militari. Il costo complessivo? 25 milioni di euro, solo per il mese di luglio.

Con due mesi tra i più caldi dal 1951, la Cina corre ai ripari pensando di piegare la natura con l'arma dell'aviazione e dell'artiglieria. La strategia sarebbe la stessa utilizzata durante l'estate: quella di immettere nell'atmosfera sostanze capaci di implementare la condensazione dell'acqua presente nell'aria, rendendola sufficientemente pesante da permetterne la precipitazione.

La pioggia, insomma. Tra queste sostanze lo ioduro d'argento, spedito nell'atmosfera con 15987 colpi d'artiglieria e 727 razzi, ai quali va aggiunta l'azione portata avanti dall'aviazione. In conseguenza della prima sperimentazione, un nuovo e più complesso piano sarebbe in progetto, per 130 milioni di euro complessivi.

Subito si è pensato al rischio di effetti nocivi, dovuto alla natura tossica dell'ioduro d'argento. I tecnici cinesi sarebbero già alla ricerca di sostituti altrettanto efficaci, ma le autorità si sono premurate di assicurare che la presenza di tale sostanza nelle soluzioni è minima. Ben differenti le preoccupazioni più generali riguardanti tale pratiche di intervento su fenomeni naturali di vasta scala.

Guido Santevecchi su Il Corriere della Sera sintetizza il problema in maniera efficace: "Proiettili, cannoni e bombardieri, strumenti inquietanti per l'ambizione di conquistare la natura". Facendo seguire una dichiarazione per la quale i fan del complottismo potrebbero fare la ola. Sottolinea infatti la natura militare del piano, rifacendosi nientemeno che all'esperienza dell'Operazione Popeye, con la quale gli Stati Uniti, intervenuti nello scontro in Vietnam tentavano di intensificare i monsoni per rendere più difficili gli spostamenti ai vietcong. Un rimando non rimasto nell'ombra neanche all'estero: è il Daily Mail a ricordare tale operazione, sottolineandone la scarsa efficacia.

Una mappa interattiva dell'Air Quality and Pollution Measurement da l'idea di quanto il problema climatico sia ad oggi strettamente legato al modello di sviluppo cinese e al suo inevitabile prodotto: l'inquinamento. Il problema è talmente grave da spingere la World Bank a stilare un rapporto che mette in relazione i costi dell'inquinamento sull'economia del paese e i rischi che hanno spinto le autorità di Pechino ad optare per la "semina delle nuvole".

Alla base - e di qui la critica di Santevecchi - c'è la volontà di controllare la natura, ma tale è anche la soluzione. L'obiettivo è piegare le condizioni atmosferiche perché considerate tra le variabili comprimibili del proprio modello di sviluppo.

La Cina è posta di conseguenza di fronte ad un bivio, e le immagini di Pechino avvolte nello smog ne sono un'immagine esemplare. Un passaggio complesso, specie in un regime di stampo totalitario, inevitabilmente rigido di fronte a qualsiasi forma di resa. Anche quando il nemico è un soggetto con il quale pure gli antichi greci si erano arresi a contrattare, rendendo omaggio al fine di avere una navigazione calma e sicura: il meteo.

Foto: Bridget Coila/Flickr


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