Pietà l’è morta? Guglielmo Minervini e il M5s

par Giacomo Belvedere
martedì 8 aprile 2014

Chi l’ha visto?, scrive sarcasticamente e a caratteri cubitali il M5S di Lecce in un banner postato domenica 6 aprile. L’oggetto della campagna #RegionePugliaFiatosulcollo è l'assessore alle Politiche giovanili della Regione Puglia, Guglielmo Minervini, accusato di essere un «assenteista cronico» perché ha accumulato il «20% di assenze» pur prendendo tutto lo stipendio. Peccato che le assenze in questione siano dovute a un brutto cancro diagnosticato un anno fa, di cui erano tutti a conoscenza, avendolo pubblicamente annunciato lo stesso Minervini, che sul suo profilo Fb invita al silenzio. Pietà l'è morta?

Una volta c’era la parola. Poi venne l’insulto, la calunnia, l’insinuazione maligna. Il linguaggio della politica ci ha abituati purtroppo ad un livello da bassifondi non proprio adatto alle educande di un collegio. Ma sinora un limite era stato costituito dalla pietà. Per un tacito accordo, non scritto in nessuna legge ma scolpito nelle coscienze, l’aggressività verbale si fermava alla soglia della sofferenza e della malattia. Il 6 aprile scorso questo limite è stato violato. «Chi l’ha visto?», scrivono sarcasticamente e a caratteri cubitali i pentastellati di Lecce in un banner postato ieri. L’oggetto della campagna #RegionePugliaFiatosulcollo è l'assessore alle Politiche giovanili della Regione Puglia, Guglielmo Minervini, accusato di essere un «assenteista cronico» perché ha accumulato il «20% di assenze» pur prendendo tutto lo stipendio. Il solito lavativo, si dirà, giustamente messo alla berlina dai benemeriti cittadini.

“Fiato sul collo” è il tema della campagna, sottolineato dall’hashtag. Ma è un fiato che stavolta è davvero pesante, mefitico. I cittadini pentastellati leccesi, nella loro foga giustizialista giacobina, hanno sorvolato su un particolare: le assenze in questione sono dovute a un cancro diagnosticato un anno fa, di cui erano tutti a conoscenza, avendolo pubblicamente annunciato lo stesso Minervini. Infortunio colossale, che ha scatenato un diluvio di critiche sulla rete. Dopo i primi goffi e imbarazzati tentativi di giustificarsi, sostenendo di aver attinto a dati che erano pubblici, il giorno dopo i grillini di Lecce finalmente seppur in ritardo fanno le loro scuse a Minervini, sostenendo che si tratta di una gaffe e che non sapevano della malattia. Ancora una volta qualcuno agisce a sua insaputa. Male italico assai diffuso. I 5 Stelle tuttavia nell’atto di porgere le scuse, accusano il presidente Vendola di una «bassa e mediocre strumentalizzazione della notizia». In verità è insorta la rete, prima ancora di Vendola, ma stavolta il web sembra non essere per i 5 Stelle di Lecce il verbo democratico indiscusso.

Spiace dirlo, ma questa è la vecchia politica, che si arrampica sugli specchi e mai riconosce i suoi errori. E spiace ancor di più che questo errore lo faccia un movimento che fa della nuova politica la sua bandiera. Ci saremmo aspettati un sussulto di dignità. Quando uno sbaglia, dovrebbe chiedere scusa senza se e senza ma. Soprattutto quando si è andati oltre ogni limite, offendendo il comune sentire degli esseri umani, la pietas su cui si fonda ogni civiltà. Chiedere scusa e basta, per restituire un po’ di decoro alla politica e di umanità a sé stessi. Il fatto che questa regola sia costantemente calpestata da tutti non sminuisce affatto il suo valore indiscusso. Non basta rimuovere il banner per cancellare un errore dalla coscienza.

«Oggi solo silenzio» – scrive Minervini sul suo profilo Fb. «E un pensiero. È molto più volgare l'insensibilità che il linguaggio. Questo degrada la politica molto più di quanto possa offendere una persona. Grazie per l'affetto e la stima». Poi aggiunge un poscritto: «Per piacere non replicate con l'insulto. È questa la trappola: stimolare il basso ventre. Invece, lo stile è la forma dei migliori pensieri». Si sente in questa replica sobria e dignitosa l’insegnamento di don Tonino Bello, alla cui scuola Minervini è cresciuto. Alle parole del ventre, rispondere con le parole del cuore e dell’intelligenza. È troppo chiederlo?

 


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