Perseguito o perseguitato?

par Lionello Ruggieri
martedì 2 luglio 2013

Venti anni di processi contro lo stesso cittadino non sono una prova di persecuzione. Infatti...

E’ stata emanata una nuova sentenza in uno dei tanti processi a Berlusconi. Questa volta nel processo detto Ruby. Ed è stata una sentenza pesante: 7 anni di detenzione e interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Berlusconi e i suoi seguaci hanno subito gridato alla persecuzione giudiziaria, i canali Mediaset hanno trasmesso programmi dal titolo molto chiaro, cose come “La guerra dei venti anni”, mentre altri hanno giubilato e gridato che giustizia era fatta, altri ancora hanno detto che le sentenze si rispettano (specie se non riguardano noi stessi): insomma, tutto come sempre.

Personalmente mi limito a rilevare che non c’è niente di nuovo e che, qualunque sentenza fosse stata emessa, ci sarebbe stato chi avrebbe gridato allo scandalo e alla “giustizia ingiusta”. Vorrei però far presente agli uni e agli altri che cacce all’uomo come quella che ci indicano in corso non sono nuove alla storia della giustizia. Italiana e non.

Mi viene in mente la storia di un tale che cominciò ad essere oggetto delle attenzioni della magistratura nel 1944 per un piccolo reato, un furto di alcuni covoni di grano appena mietuto. Era un ragazzo di 19 anni.

La cosa finì con un condono (e, dati i tempi, appare logico), ma l’anno dopo fu uccisa la guardia giurata che aveva messo nei guai il ragazzo e subito si pensò a lui, anche se nulla di concreto ne derivò. Poi nel 1948 fu accusato di nuovo per altro omicidio, ma di nuovo, nel 1952, fu prosciolto.

Venne proposto per il confino, ma scelse di darsi alla latitanza, affermandosi innocente. Alla fine fu assolto per insufficienza di prove, ma restò latitante perché nel frattempo la magistratura aveva tirato fuori una nuova accusa per un nuovo omicidio.

Negli anni ’50, costituita una società per trasporti e allevamento di bestiame cercò di prendere gli appalti per la costruzione di un aeroporto, ma la cosa non funzionò. Comunque il fatto è che, evidentemente, aveva cominciato a dar fastidio a qualcuno con le sue iniziative e così il 24/5/58 fu oggetto di un attentato che, però, lo lasciò illeso.

La caccia all’uomo da parte di magistratura e forze dell’ordine comunque proseguì e, alla fine, il 14/5/1968 si arrivò al sospirato e desiderato arresto. Ma a fine 1968 a Catanzaro, e nel 1969 a Bari fu assolto per insufficienza di prove.

Tornato libero si ricoverò per concreti e gravi motivi di salute e poco dopo fu arrestato per motivi cautelari, ma di nuovo fuggì tirandosi dietro, nel tempo, altre accuse di omicidio e di rapimenti. Sempre sospettato e senza vere condanne.

Alla fine nel 1974, trent'anni dopo la prima imputazione, fu arrestato e nel 1975 fu condannato all’ergastolo. Non tornò mai libero. Morì in carcere nel 1993. Dopo quasi 30 anni di caccia, dopo la guerra dei 50 anni.

Fu una vittima della cecità e dell’odio dei magistrati o i magistrati dopo 50 anni di sforzi sono riusciti a togliere dalla circolazione un delinquente pluriassassino? Naturalmente io credo a questa seconda ipotesi e, con il senno del poi, tutti la pensano come me.

 Quell’uomo si chiamava Luciano Leggio, detto Liggio. E tutti oggi sappiamo che era un mafioso e delinquente della peggior specie. Certo lui non ha pensato (o potuto) fondare un suo partito, non ha saputo proclamarsi vittima di un magistratura politicizzata e vogliosa di favorire i suoi concorrenti (in affari o in politica poco importa), e oggi è passato alla storia così come lo ha bollato la magistratura dopo tanti decenni di caccia.

Sia chiaro: non intendo dire che il caso Berlusconi sia uguale, che Berlusconi sia un delinquente della risma di Liggio (la differenza storica, di vita, di impegno e di comportamento salta agli occhi di chiunque), voglio dire che se Liggio si fosse formato un partito in Sicilia, se avesse proclamato di essere un perseguitato della Magistratura, se avesse cercato di raccogliere voti sarebbe stato eletto e molti, almeno in Sicilia, avrebbero creduto alle sue grida di ribellione alla persecuzione.

Ripeto: io non so se Berlusconi è colpevole o no dei reati ascrittigli (certo mille miglia lontani da quelli addebitati a Liggio), mentre penso di sapere che Liggio era un criminale della più bell’acqua ma, come quasi tutti, mi baso sulla stampa e sulla TV che ha raccontato le loro storie. Così come le ha raccontate.
E, probabilmente, non sapremo mai quanto quei racconti fossero faziosamente contrari o faziosamente favorevoli ai due.

Quello che è certo è che venti anni di processi contro lo stesso cittadino non sono una prova di persecuzione. Tutto qui.


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