Perché la crisi istituzionale in Romania ci riguarda molto da vicino
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venerdì 20 luglio 2012
Venerdì 6 luglio il Parlamento romeno ha approvato in seduta comune una mozione di “impeachment” contro il presidente della Repubblica, Traian Basescu, presentata dalla coalizione che sostiene il premier Victor Ponta, gettando il Paese nel caos istituzionale. L'impeachment è stato etichettato dalla società civile di Bucarest come un “golpe bianco", posto che a prima vista non c’è alcun motivo che lo giustifichi. L'intera vicenda è riassunta su East Journal.
L’ultima parola sul destino politico del presidente Traian Basescu spetterà ai cittadini romeni, attraverso un referendum che sancirà o meno la destituzione del capo di Stato.
L'Agenzia Nova, citando il Washington Post, riporta la preoccupazione degli USA per gli eventi in corso:
In molti paesi dell’Unione europea è in atto una preoccupante “erosione del rispetto politico e dei controlli e contrappesi costituzionali, guidata da populisti che sfruttano l'insoddisfazione dei cittadini in difficoltà economiche: l'ultimo esempio è la Romania, dove un nuovo primo ministro di sinistra sta premendo per rimuovere i controlli al suo governo, spingendo il presidente della repubblica a lasciare l’incarico”. E’ quanto scrive oggi il quotidiano statunitense “Washington post” in un’editoriale. “Victor Ponta, salito al potere nel mese di maggio senza vincere le elezioni dopo il crollo di due coalizioni di centrodestra, ha allarmato gli altri governi dell'Unione europea, così come l'amministrazione di Barack Obama, cercando di consolidare rapidamente il potere”, scrive il quotidiano statunitense
Chi ne guadagna da tutto questo? Il sito Rumeni in Italia ha le idee ben chiare: la Russia. Il sito nota che tra i provvedimenti d'emergenza disposti dal Governo Ponta c’e anche la forte limitazione per il voto al referendum ai romeni all’estero, da sempre ostili all'attuale esecutivo. Ma probabilmente tale giudizio è influenzato dai precedenti storici più che da un'approfondita disamina.
Tuttavia la Russia ha da guadagnarci davero.
Il rischio che Bucarest scivoli lentamente nel baratro dell'autoritarismo, dal quale è uscita dopo la caduta di Ceausescu, potrebbe non essere senza conseguenze per il resto d'Europa. I timori con cui Bruxelles guarda all'evolversi della crisi romena non sono dettati dalla mera volontà di difendere la democrazia all'interno dell'Unione. Pochi sanno che in seguito alle recenti scoperte di giacimenti nel Mar Nero, la Romania vanta oggi le terze riserve di gas naturale dell'Unione Europea - secondo gli esperti in via d'esaurimento in 10-15 anni, ma che tuttavia hanno già attirato l'attenzione di giganti come Exxon.
La Voce Arancione spiega cosa c'è dietro:
La questione energetica dietro l’impeachment al Capo di Stato romeno
Oltre che per ragioni politiche, il contrasto tra Basescu e Ponta riguarda anche questioni di natura energetica. Il Capo dello Stato, favorevole ai progetti della Commissione Europea di diversificazione delle forniture di gas, e determinato a diminuire la forte dipendenza del suo Paese dalle forniture della Russia, ha varato un piano per lo sfruttamento dei giacimenti di oro blu nelle acque territoriali romene del Mar Nero.
Inoltre, Basescu ha avviato consultazioni con la vicina Bulgaria per la messa in comune dei gasdotti dei due Paesi – come previsto dalle clausole del Terzo Pacchetto Energetico UE – e ha dato il via libera alle indagini di verifica della presenza sul terrotorio nazionale di riserve di gas Shale.
Appena salito al potere, nel Maggio del 2012, Ponta ha cavalcato l’onda ecologista, ed ha posto una moratoria sui lavori per l’individuazione dei giacimenti di gas shale. Inoltre, il premier socialista ha rallentato l’erogazione dei finanziamenti per l’individuazione delle riserve di oro blu nel Mar Nero, lasciando così il Paese ancora fortemente dipendente dai rifornimenti di Mosca, e lontano dalla realizzazione delle clausole previste dalle leggi dell’Unione Europea.
La crisi politica romena si lega strettamente alla domanda energetica europea. Con la possibile caduta di Basescu, la UE perderebbe un alleato chiave nei propri piani di diversificazione delle fonti. Tra l'altro, la Romania è molto interessata al gasdotto Nabucco, progetto fortemente sostenuto dalla UE.
A dichiararlo è stato lo stesso presidente Basescu, a cui va aggiunto quanto riportato nei dispacci diplomatici pubblicati da Wikileaks. La sezione romena del gasdotto dovrebbe richiedere un investimento compreso tra 1,2 e 1,5 miliardi di euro. Ma la possibile destituzione del Capo di Stato romeno potrebbe rimettere in forse ogni proposito. Più in generale, l'arresto di tutte le attività inerenti agli idrocarburi priverebbe l'Europa della più prossima tra le possibili fonti di approvvigionamento.
E' ancora presto per dire se Mosca abbia avuto un ruolo nella bagarre in corso a Bucarest. Di certo, l'episodio segna un punto in favore del Cremlino. L'ennesimo nell'eterna partita Europa-Russia sul gas.