Perché, in fondo, la legge elettorale di Renzi non è poi così male

par Lorenzo C.
lunedì 27 gennaio 2014

Facciamo qualche breve osservazione sulla legge elettorale, ora che ne conosciamo le caratteristiche. In sintesi estrema: teoricamente poteva andare meglio, realisticamente poteva andare molto peggio.

A dispetto dei perenni scontenti, ci sono alcune cose che possono farci vedere come positiva la configurazione della legge elettorale – chiamata “Italicum” – su cui Renzi e Berlusconi hanno trovato un accordo. Andiamo per punti.

Queste le cose principali. Non è la legge perfetta secondo me, ma ci sono ovvie contingenze che hanno reso questo traguardo tutto sommato apprezzabile.

Come prima cosa: finalmente stiamo parlando di una proposta nel concreto, che se tutto va bene a maggio verrà votata e approvata.

Seconda cosa: è una legge che permetterà in futuro attraverso piccole modifiche un riassetto istituzionale che va nella direzione inizialmente preferita da Renzi - ed oggi non attuabile senza riforme costituzionali, riforme per le quali serve una forte maggioranza in Parlamento che Renzi da solo non può assicurare -, cioè quella del “sindaco d’Italia”. Penso che Renzi si sia comportato in maniera coerente, nel complesso, al netto della tattica politica.

Terza cosa: è vero che a mio avviso sarebbero stati meglio i collegi uninominali ed un sistema maggioritario (passa un solo candidato nel collegio, ed ogni partito deve quindi candidare il “migliore”). Il problema, puramente tecnico, di un eventuale scelta di questo tipo sarebbe stato quello della riconfigurazione dei collegi nazionali. Questo problema prende il nome di ”Gerrymandering. Questa parola deriva dal nome di un Governatore del Massachusetts, Elbridge Gerry (1744-1814), e dalla parola “salamandra”. È una parola che fu usata per descrivere la creazione della circoscrizione elettorale del Massachusetts del 1812, disegnata dal Governatore con lo scopo di mettere in svantaggio i propri rivali nelle successive tornate elettorali. È un rischio concreto del sistema maggioritario a collegi uninominali. Per arrivare a giusti compromessi servirebbe molto tempo e voglia di collaborare. Due cose che ora in Italia mancano.

In questi giorni sembra che molti all’interno del Partito Democratico si siano dimenticati che Renzi ha vinto il congresso e le primarie, e quindi che tocca a lui decidere la linea politica del Pd. La critica ovviamente è legittima, ma spesso nella sinistra italiana la critica diventa assolutista, come se qualsiasi questione sia di fondamentale importanza per quella minoranza che contesta la maggioranza, con il rischio di indebolimento di tutto il partito e della linea ufficiale. È un vizio che la sinistra deve lasciarsi alle spalle.

Nello specifico: Renzi appena eletto segretario ha fatto un appello molto semplice a tutte le forze politiche, portando a loro conoscenza le tre leggi elettorali che il Pd era disposto a discutere. Tre proposte. A tutte le forze politiche. Ha risposto solo Berlusconi, che ci piaccia o meno continua ad esistere e ad avere un consistente seguito elettorale. Renzi, che vuole fare la legge elettorale e le riforme costituzionali, ha quindi guardato in faccia la realtà, e in un mese ha ottenuto quello che in tre anni la sinistra non è riuscita nemmeno ad avvicinare. E non l’ha fatto di nascosto, l’ha fatto pubblicamente. Paradossalmente, consentire a Berlusconi di “fare le regole del gioco” è, nei fatti, l’unico modo per batterlo definitivamente e mandarlo in pensione.

Un’ultima annotazione: c’è un baccano infernale proveniente dal blog di Grillo, si urla all’inciucio e al patto criminale. È normale, non serve più stupirsi. È invece meno normale il silenzio della compagine parlamentare pentastellata, tenuta ai margini dal leader e quindi resa completamente irrilevante nelle decisioni che potevano riguardare la nuova legge elettorale. Tra l’altro il M5S propose una legge simile, che sicuramente ora disconoscerà. Si mormora infatti che la proposta di legge elettorale ufficiale dei grillini – un’altra – arriverà “dal basso”, non si capisce bene quando, magari tra uno o due mesi, che è un po’ come se ti invitassero a cena, e tu arrivando con qualche ora di ritardo senza preavviso ti lamentassi che gli antipasti sono finiti.


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