Perchè Riina rompe il silenzio?

par Tonino Ferro
lunedì 20 luglio 2009

Totò Riina torna a parlare. La voce che usa è quella del suo avvocato che concede un’intervista a Repubblica nella quale si dice, in sostanza, che le accuse non cambiano volto, Riina rimane il principale responsabile delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, ma la regia di quegli attentati non è stata solo di Cosa Nostra.

C’è di mezzo la Stato, in qualcuna delle sue articolazioni. In qualcuna delle sue logiche. Riina, nell’intervista, fa il nome di Vito Ciancimino e la cosa non stupisce nessuno. L’avvocato cita Nicola Mancino, e qui qualche capello ai benpensanti dovrebbe drizzarsi. C’è dell’altro, però. Qualche settimana fa, La Stampa e Repubblica danno nota di una lettera ritrovata proprio nell’abitazione dell’ex sindaco di Palermo, nella quale, si dice, Cosa Nostra avanzasse all’attuale premier Silvio Berlusconi, la richiesta di una televisione. In caso di negazione, i sicari avrebbero ucciso il figlio del cavaliere.

La stranezza di questi due fatti non è tanto nel loro contenuto, ma nel tempo. Borsellino muore nel 1992 e il ritrovamento della missiva nella casa di Ciancimino è datato 2005.

Come mai l’accusa di Riina e la lettera a Berlusconi saltano fuori adesso?


E’ legittimo pensare che fatti del genere siano ridotti a semplice gioco delle parti per la conquista del potere? Forse non ci saranno mai risposte, ma la cosa puzza non poco. 

Intanto, la commemorazione della strage di Via D’Amelio è andata pressochè deserta. Il fratello di Borsellino dice che "Palermo ha dimenticato". Nessuna rappresentanza del Governo si è recata in Sicilia. I ministri bofonchiano parole di circostanza, attraverso comunicati e schermi televisivi.

A dimostrazione del fatto che siamo stanchi, anche della memoria. 


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