Perché Di Pietro è l’unica risorsa che ci resta

par paolo
sabato 27 agosto 2011

L'unica via di uscita da questa situazione è il Tonino nazionale.

Adesso il quadro è chiaro, siamo nella peggiore situazione che ci poteva capitare. Non si trova più un cane, neanche tra quelli disposti a vendersi l'anima pur di compiacere l'unto dal Signore, ossia il cavaliere Silvio Berlusconi, che non ammetta che il paese è sprofondato in una crisi economica e politica senza precedenti .

Anche quelli che hanno per quasi tre anni sostenuto l'insostenibile, ossia che stavamo meglio di tutti gli altri paesi, che tutto il mondo ci invidiava il nostro premier estemporaneo, che le nostre banche erano le più solide e che la crisi prima negata, poi parzialmente ammessa si sarebbe risolta con una manovrina da 4 o 5 miliardi di euro, adesso glissano, fanno li gnorri, si limitano a farfugliare sull'imprevedibilità di una crisi mondiale che non poteva risparmiarci. I nostri tre geni dell'economia Tremonti, Brunetta e Sacconi, i tre moschettieri del re ed ex consiglieri di Craxi, i super saccenti, coloro che bacchettavano duramente chiunque avvertisse su quanto stava succedendo e sul peggio che poteva ancora venire, adesso borbottano che in effetti siamo messi piuttosto maluccio e che forse non basterà neppure questa mega manovra da 45 miliardi di euro ad evitare la fine della Grecia se non ci aiuta l'Europa, comprandoci i nostri disprezzati titoli di stato. Il nostro premier di fatto è stato commisariato dal duo Merkel - Sarkozy che ormai procedono per conto loro in una specie di super direttorio europeo e Silvio, con il cuore che "gronda sangue" appare sempre più spento, decadente, incapace di reagire. L'ultima delle sue tante promesse non mantenute "non metterò mai le mani in tasca agli italiani" lo ha fiaccato, stroncato. La sua ossessione è quella che sarà ricordato come l'uomo delle tasse più inique e pesanti nella storia repubblicana di questo paese. Certo per un liberista, anzi per il super campione del liberismo come lui si vanta di essere, è uno shock tremendo.

Maurizio Belpietro, direttore di Libero che certo non può essere sospettato di remare contro questo governo (da Luglio di quest'anno indagato dalla procura di Milano per villipendio al capo dello Stato), in un succulento confronto televisivo su La 7 con l'altro paladino dell'informazione filogovernativa, Alessandro Sallusti direttore de Il Giornale, ha previsto che questa finanziaria lacrime e sangue costerà almeno mezzo milione di elettori a Silvio Berlusconi.

Naturalmente, a parte alcuni distinguo, tutto ciò che sta capitando, a detta del trio di super esperti economici che ci hanno guidato attraverso mari perigliosi portandoci a fondo, non era prevedibile ed è frutto di una congiuntura internazionale, della speculazione selvaggia e della crisi americana a seguito del declassamento degli USA da parte di Standard & Poors, agenzia di rating internazionale che ha tolto la tripla A alla prima potenza economica del mondo. Insomma se loro, i super tecnici finanziari, negavano la crisi era perché nessuno poteva prevederla. Questo in sostanza è il livello di chi sta governando l'economia di questo paese.

Se stiamo male in termini economici sul fronte politico, se possibile, siamo messi ancora peggio. Il crollo personale e politico di Silvio Berlusconi fa il paio con quello del suo socio inseparabile, il "senatur" Umberto Bossi. Per entrambi è scattata la resa dei conti e mentre Silvio scappa e si rende sempre più spesso latitante (prove tecniche?), il povero Bossi, scaduto ormai a macchietta, ha subito in Cadore, nel cuore della sua Padania, la peggior contestazione di sempre che lo ha indotto a lasciare l'albergo in cui risiedeva borbottando che il clima che lo circondava era "brutto, brutto". Impietosamente il suo roteare il pugno in un gesto di "machismo", di celodurismo perduto, appare sempre più patetico e neanche gli sproloqui e il linguaggio triviale che tanta presa hanno sempre fatto sull'elettorato leghista, sembrano sortire a nulla. Dopo aver dato del nano di Venezia a Brunetta, ci sta informando che l'Italia è morta, finita e che adesso è l'ora della Padania. Sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere su come un popolo ha potuto affidarsi a personaggi di questo calibro.

Purtroppo però sul fronte opposto la situazione non è particolarmente felice dal momento che Bersani continua, come nella migliore tradizione ondivaga del PD, a chiedere cose che poi si astiene puntualmente dall'approvare in sede di votazione parlamentare. Insomma l'impressione è quella di un partito dalle mani legate che vorrebbe ma non può perché teme di pagare anch'esso un prezzo politico elevato. L'esempio della soppressione delle province è uno dei tanti. Il PD è un partito compromesso fino all'osso che non potrà mai guidare una vera rivoluzione che scuota la struttura statale nelle sue fondamenta. Troppi interessi locali, privilegi e rendite di posizione da difendere. Continua a rimanere non credibile, malgrado i continui proclami di "proposte concrete" messe nero su bianco nei pseudo programmi alternativi a quelli del governo.

In questo desolante quadro politico ed economico, l'unica risorsa da giocare è Antonio Di Pietro, detto Tonino da Montenero di Bisaccia, ex poliziotto, ex magistrato del famigerato pool di "Mani Pulite" di Milano che tanto ha fatto soffrire e ancora perseguita il povero Silvio .

Perché Di Pietro è l'unica risorsa? Perché è l'uomo che ha resistito alle lusinghe di Silvio Berlusconi e perché soprattutto non ha nulla da perdere. Il suo partitino del 6%, formato più da protesta militante che da politici in carriera, non è ingessato in giochi di potere, non ha strutture territoriali da difendere, da salvaguardare e quindi può realmente mettere in atto quello che promette. 

La promessa di Di Pietro è chiara e semplice: "datemi il governo del paese ed io in un giorno risolvo il problema" (dichiarazione a La7). Come? chiede l'intervistore e Tonino snocciola così: "Ogni anno in Italia ci sono 100 miliardi di euro di evasione fiscale, bene, basta stanarli questi criminali, sequestrargli tutti i beni anche se intestati a terzi, siano essi famigliari o no e metterli in galera, altro che condoni o scudi fiscali". Più chiaro di così! Cose mai sentite altrove dove sempre ha prevalso l'equilibrismo, la colpevole moderazione, il distinguo, con i bei risultati sotto gli occhi di tutti.

Bene io credo che Tonino sia in grado di fare veramente quello che dice e la portata del suo impegno va ben oltre il reperimento dei capitali illegalmente sottratti al paese ma pone le basi per una rifondazione etica e morale di questo paese che, soprattutto negli ultimi venti anni, ha conosciuto i momenti più bui della sua storia repubblicana. 

Forza Tonino dunque, novello Robespierre, chiediamo a gran voce la sua elezione a premier perché se il futuro è Bersani siamo tutti fritti.


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