Per sempre

par La Poesia e lo Spirito
lunedì 2 marzo 2009

 Matrimoni e convivenze

Leggo su Repubblica che presto, in Italia, le convivenze supereranno i matrimoni: “Non è soltanto un fatto di costume: gli esperti spiegano che si tratta di una “strategia adattativa” in un mondo che non ama più i legami “eterni” - che richiedono lacrime e denaro per essere cancellati - e convive con precarietà, mobilità, incertezza sempre crescenti“.

La notizia non mi sorprende, per le ragioni indicate dal giornale. Da tempo penso che l’espressione per sempre sia diventata imbarazzante, antiquata. I rapporti si consumano rapidamente, nascono e muoiono come graziose farfalle o delicatissime rose, che, a detta di De Andrè, vivono solo un giorno. Mi vengono in mente storie che ho visto bruciarsi per un’incomprensione, un’incomunicabilità, un tradimento. Uomini e donne che hanno investito in sentimenti, progetti, e li hanno visti crollare sotto i colpi di una fuga o di un rifiuto. Depressioni e rivolte, rancori e vendette. Poi, sullo sfondo, prendono corpo le lotte sostenute per capirsi, ricostruire, perdonarsi.



Ho davanti agli occhi i sorrisi ritrovati, quell’aria che sembra dire: incredibile, don, ce l’abbiamo fatta. Mi chiedo cosa ci separi, quali conti in sospeso aleggino sull’espressione passata di moda: per sempre. Affiora un’immagine: il Santo dei Santi del tempio d’Israele, impronunciabile, inaccessibile - se non al sommo sacerdote una volta l’anno -, accuratamente nascosto da un velo. Si dice che alla morte di Gesù quel velo si squarciasse, l’intoccabile e l’invisibile si potessero vedere, toccare. Che la paura fosse vinta, il vuoto colmato.

Ripenso alle due parole bandite, e mi sembrano anch’esse, per un attimo, meno impronunciabili, meno sorpassate.


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