Per il diritto di ateismo e apostasia. Le storie di Eric e Noha

par UAAR - A ragion veduta
lunedì 11 novembre 2013

Sempre più persone si dichiarano atee e agnostiche. Anche in parti del mondo che non ci si aspetterebbe. Spesso rischiando abusi, il carcere e un generale ostracismo da parte di società dove la religione ha ancora una fortissima influenza. Stavolta ci soffermiamo su due racconti che arrivano dagli Usa e dall’Egitto. Due storie particolari di vita vissuta su cui tutti potrebbero riflettere.

 

Eric Fromm, ventunenne rappresentante degli studenti alla Northwest Christian University, fa coming out dichiarandosi ateo sul Beacon Bolt, il giornale dell’ateneo. Rompendo il cerchio dell’isolamento e degli attacchi verbali cominciati quando è iniziata a circolare la notizia che non fosse credente. Uscire allo scoperto gli ha ridato fiducia e portato tanti colleghi a sostenerlo: “Non devo più nascondermi, so che la gente mi accetta per quello che sono”. Battezzato come luterano, frequentava regolarmente la Chiesa metodista fino al divorzio dei genitori all’età di 10 anni. Era ancora credente ma dubbioso quando è entrato all’università nel 2010. All’inizio va bene, ma in seguito inizia ad essere bistrattato dagli studenti, circolano voci e sospetti su di lui. Riesce comunque a diventare presidente degli studenti, segno che lo ritengono attivo e affidabile. Ma non mancano le critiche di chi sostiene che sia contraddittorio avere un rappresentante ateo in una università cristiana.

Il giovane ci tiene a precisare che il suo ateismo non è aggressivo nei confronti degli altri, essendo egli consapevole di aver subito vessazioni per il suo modo di pensare: “Il mio obiettivo non è mai attaccare la religione o la persona per quello che sono”. Visto il contesto, si reca ancora alle riunioni nella cappella del campus ogni settimana: “La uso come mio tempo personale, per raccogliere i pensieri”. Come evidenziano le ricerche, ci sono differenti profili di non credenti, e gli antiteisti - sebbene più vocianti - rappresentano una minoranza.

Dall’Egitto invece arriva la “sconversione” di Noha Mahmoud Salem, con il passaggio dall’islam salafita all’ateismo. Cresciuta in un rigido contesto religioso, col passare degli anni e con lo studio diventa scettica fino a non credere più. A quindici anni il professore le impone di mettere il velo in classe e la ragazza frequenta la moschea. Si mette di buona lena, tanto da guadagnarsi un premio per la recitazione del Corano. Un episodio che ricorda La bicicletta verde, premiato film di Haifaa Al Mansour, giovane regista araba. Si iscrive a medicina e viene convinta a portare il niqab, quindi si sposa con un musulmano osservante. Ma il marito la tratta male, si fa più integralista e diventa anche violento. Cerca il sostegno del padre, ma questi ricorda che i testi sacri autorizzano lo sposo a picchiare la moglie. Da donna maltrattata, comincia a rendersi conto che l’islam ha una impronta patriarcale e maschilista.

Infine, dopo essere stata picchiata di fronte alla madre, mette in discussione la religione. In casa la prendono per matta, ritenendola affetta da turbe ossessivo-compulsive. Col tempo abbandona il niqab e diventa più emancipata. Dichiarandosi atea, si separa dal marito e anche la famiglia la ripudia. Trova un altro uomo, un ateo, ma per far contenta la famiglia si sposano con cerimonia religiosa. Dopo tante traversie, può ritagliarsi il suo spazio di felicità dove poter essere se stessa.

I due casi presentano differenze, ma anche affinità. Va ricordato che le conversioni sono statisticamente poche, ma prontamente amplificate da un’apologetica interessata per motivi di propaganda, specie se si tratta di personaggi famosi. Ma, come le conversioni, anche le apostasie sorprendenti non sono molto frequenti, visto che la tendenza è mantenere le idee che ci si è fatti dall’adolescenza, ed è molto difficile uscire completamente da un ambiente ultra-credenti. Quando si verificano, hanno caratteristiche ricorrenti: gli apostati sorprendenti hanno una forte personalità e spiccate capacità, doti indispensabili per prendere le distanze da famiglia, amici e conoscenti unanimente intrisi di religiosità. Lo evidenziava molto bene, già diversi anni fa, una ricerca descritta nel libro Why Some Turn to Faith and Others Abandon Religion degli psicologi canadesi Bob Altmeyer e Bruce Hunsberger.

Pian piano, storie di apostasie come queste vanno facendosi un poco più frequenti. Grazie alla secolarizzazione, alla diffusione delle informazioni e la capacità di incontro e condivisione grazie a internet, alla maggiore visibilità dei non credenti, alla sempre più visibile implausibilità della fede (persino Ratzinger sosteneva, per ribadire l’eccezionalità cristiana, che oggi è “facile” dirsi atei). Tutto questo favorisce il confronto tra diverse concezioni del mondo e progressivamente riduce l’asimmetria prodotta dall’ambiente in cui si vive. E quindi anche l’emergere di atei e agnostici. E poiché l’incredulità non è un’innovazione religione incrementale, ma un cambio radicale di paradigma, il panorama religioso del pianeta muta profondamente. Forse non è lontano un mondo in cui ognuno sarà semplicemente se stesso. Se così sarà, sarà un mondo – anch’esso – sorprendente.

 

 


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