Per il Bund un futuro da Btp?

par Phastidio
venerdì 13 dicembre 2024

I mercati stanno iniziando a scontare futuri robusti aumenti del debito federale tedesco, malgrado il vincolo costituzionale? Attendendo la probabile Cancelleria di Friedrich Merz, la Germania deve reinventarsi e ritrovare la crescita

La Germania, come sappiamo, è in crisi. Una crisi esistenziale, non congiunturale. Entrato in crisi il modello di esportazioni compulsive alimentato da bassi costi dell’energia e dal mercato cinese, a Berlino e nel resto del paese ci si chiede come e in che direzione perseguire la crescita, soprattutto avendo davanti elezioni anticipate e un quadro politico molto complesso, con le estreme rossobrune gonfie di consenso elettorale.

Il freno al debito

Con un rapporto debito-Pil di solo il 62 per cento, i margini fiscali per spingere una ristrutturazione dell’economia ci sono, ma c’è il blocco imposto dalla regola costituzionale nota come freno al debito, che impone di non eccedere un rapporto deficit-Pil, corretto per il ciclo economico, dello 0,35 per cento, a meno di catastrofi naturali e altre avversità eccezionali. Tra cui forse dovrebbe esserci una guerra alle porte di casa ma finora così non si è ritenuto. 

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Lo sgretolamento della disfunzionale coalizione “semaforo” (socialdemocratici, verdi e liberali) è iniziato col pronunciamento della corte costituzionale, che ha vietato di dirottare fondi a scopi diversi per quelli per cui erano stati creati ma non finanziati. Il mio sospetto è che i governi federali abbiano per lunghi anni giocato sull’effetto “palla di neve”, che consentiva di fare debito senza passare dal deficit, perché il costo del debito restava nettamente inferiore al tasso di crescita dell’economia. Una sorta di macchina del moto perpetuo, che ora è spenta.

L’attuale cancelliere, Olaf Scholz, e i suoi alleati Verdi appaiono favorevoli a più deficit, ma la via maestra sarebbe quella di modificare la costituzione, e per quello servono i due terzi dei voti del Bundestag. Restano sempre forme di contabilità creativa, pur se a ovvio rischio di essere cassate dalla corte di Karlsruhe.

Lo swap spread crollato

Da qualche giorno, però, sui mercati accade un fenomeno molto particolare, di quelli che i non addetti ai lavori faticano a comprendere. Lo swap spread contro i Bund è crollato. Che significa? Andiamo con ordine: lo swap è operazione in cui si scambiano flussi a tasso fisso con altri a tasso variabile. Il livello dei tassi è fissato contro quello del titolo privo di rischio, in questo caso il Bund. In pratica, il tasso swap rappresenta il rischio di credito del settore finanziario-bancario, quello in contropartita del quale viene effettuata l’operazione. 

Finora, il tasso swap era sempre stato robustamente superiore a quello del Bund di pari scadenza, tipicamente quello decennale. Da alcuni giorni, quella differenza è precipitata sino ad azzerarsi, con qualche incursione in terreno negativo. Il che significa che, in prima approssimazione, il rischio di credito del sistema finanziario (il tasso swap) è ora pressoché uguale a quello del governo federale tedesco.

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Da cosa può dipendere questa situazione? Non è al momento chiaro. C’è sicuramente un aumento di offerta di Bund sul mercato, cioè di emissioni lorde, perché la Bce non rinnova gli acquisti di quelli che giungono a scadenza, ma la situazione è nota da molto tempo. Forse il mercato sta scontando che il prossimo governo di Berlino metterà mano al portafoglio e il volume di emissioni di Bund aumenterà drasticamente. Ma è realmente possibile? Per arrivare a questo evento servirebbe la cancellazione o il sostanziale allentamento del freno al deficit, cioè un intervento costituzionale.

Attendendo il governo Merz

Ammesso che il leader della CDU e candidato alla Cancelleria, Friedrich Merzsia d’accordo a intraprendere questa strada. E con lui i partiti che entreranno in coalizione, e al momento non sappiamo quali. Peraltro, dovrebbe trattarsi di una coalizione in grado di ottenere i due terzi dei voti per far passare la proposta di modifica costituzionale. E non è affatto detto che le estreme (Alternativa per la Germania e Alleanza Sahra Wagenknecht) siano d’accordo, in caso nel prossimo Bundestag riuscissero ad assommare ad oltre un terzo dei seggi.

Discorso analogo nell’ipotesi di iscrivere in costituzione la creazione di un fondo dedicato, simile a quello di ammodernamento delle forze armate tedesche, che ammonta a 100 miliardi di euro. Questa soluzione ad hoc permetterebbe di mantenere formalmente intatta la formulazione costituzionale del freno al debito.

Lo Schuldenbremse fu inserito nella costituzione tedesca nel 2009, col governo di Angela Merkel, dopo che la crisi finanziaria aveva portato il rapporto debito-Pil dal 63 all’81 per cento. La CDU e il suo partito gemello bavarese, CSU, si sono sempre detti contrari a intervenire sul meccanismo, ma la condizione di sottoinvestimento in infrastrutture, fisiche prima che digitali, in cui versa la Germania impone di valutare a quali risorse ricorrere. Sapendo che lo stimolo dell’iniziativa privata necessita di opportuni incentivi, come bene illustra l’Inflation Reduction Act dell’Amministrazione Biden.

Il prossimo governo tedesco avrà quindi da affrontare questo passaggio epocale. Nel frattempo, riscontriamo che ogni vincolo frutto di costrutto umano può essere smantellato da intervento umano. Un punto su cui insisto, da molto tempo. In attesa di comprendere meglio le determinanti di questo movimento degli swap spread, prendiamo atto che esso agevola il nostro Btp, il cui spread contro Bund resta contenuto e con tendenza a ulteriore restringimento anche grazie allo scenario centrale dei tassi, visti in calo nei prossimi mesi.

Il Patto di Stabilità tra le ruote

Per il Bund un futuro italiano, quindi? Non esageriamo. Di certo, una grande sfida per i tedeschi e le loro certezze di bilancio pubblico. Sfida che giunge proprio quando la Ue ha reintrodotto il Patto di stabilità, rendendolo ancora più rigido proprio per volere del governo tedesco pro tempore, o meglio del suo ex ministro delle Finanze, Christian Lindner, che ha preteso e ottenuto che il rapporto deficit-Pil venisse dimezzato a 1,5 per cento a regime.

Se la crescita tedesca si rianimasse in modo da determinare un effetto palla di neve positivo, come ai tempi che furono, anche un aumento del deficit potrebbe risolversi in un calo del debito. Altrimenti, sarà una italianissima fatica di Sisifo: accumulare avanzi primari al solo scopo di non far crescere il rapporto di debito. E addio crescita.

Attendiamo il vero evento epocale: le elezioni tedesche, che dovrebbero tenersi il prossimo 23 febbraio. Nel frattempo, la condizione di Berlino servirà a ridare fiato a quanti, in Italia, passano le giornate a chiedere più deficit, sfogliando il carciofo degli scorpori con l’abituale sprezzo del ridicolo.


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