Berlusconi e berlusconiani: pena, rabbia e altro ancora

par Daniel di Schuler
mercoledì 7 settembre 2011

Ciò che provo, e non credo d'essere il solo, rileggendo le intercettazioni delle telefonate tra Silvio Berlusconi e Valter Lavitola.

Ripete ossessivamente le stesse cose a chiunque lo voglia stare ad ascoltare (recentemente anche a Obama durante il vertice sull’economia) e sembra davvero che si senta una vittima, ingiustamente perseguitato per quelle che, agli occhi suoi, paiono cosucce.

Lo sfogo a cui si è lasciato andare con un signor nessuno come Lavitola, se mi ha riempito d’indignazione per quell’espressione che non sto a ripetere e che, da italiano all’estero, mi fa fremere di rabbia chiunque la dica (e a maggior ragione se a dirla è chi è chiamato a rappresentare il mio Paese nel mondo), mi è parsa la conferma della sua desolante condizione umana; senza un amore vero (spero per lui che lo sia almeno quello dei figli) e senza vere amicizie, circondato da servi e prosseneti, il vecchio squalo ridotto a sardina o poco più, sembra mendicare attenzione e calore umano.

Comprensione.

Per certo il suo potere reale non è tanto grande quanto quello che gli viene attribuito, se ha questa paura delle iniziative giudiziarie, e, ancor più certamente, non è il super-cattivo che è descritto dai suoi nemici.

Lo fosse, fosse un nuovo Andr... (vedete, questo sì che mi fa paura; non riesco neppure a scriverne il nome),  Tarantini e soci non sarebbero da tempo un problema. Sarebbero andati a farsi una lunga vacanza: con gli stivali di cemento in fondo all’Adriatico. E Noemi e Ruby? Partite anche loro, misteriosamente, verso ignota destinazione.

No, Berlusconi non è “il male”.

Io ne penso malissimo, lo voglio vedere ovunque tranne che alla presidenza del Consiglio o, peggio, al Quirinale, ma riesco anche a capire che lassù, a reggere i patri destini, quanto a crudeltà e a cinismo c’è stato di molto, molto, peggio.

Restano le conseguenze atroci, per la vita civile, dei suoi comportamenti; un degrado della politica che non è mai stato così palese. E’ pia illusione, però, pensare che sia lui la causa prima dei nostri problemi.

Quando farà seguire i fatti alla sua minaccia e prenderà un aereo per il Sud America o i Caraibi, il risanamento della nostra vita pubblica sarà, al massimo, solo avviato.

Pensare che quella sia la cura, che levatolo di mezzo siano risolti i nostri problemi sarebbe ancora più illusorio di quanto non fu, nel 1945, pensare che con la morte di Mussolini cambiassero davvero e radicalmente gli assetti della nostra società.

Via Berlusconi, resteranno i berlusconiani, e quelli ci sono da prima di lui.

A considerare la cosa pubblica come una cosa propria erano gia i “professionisti della politica” della Prima Repubblica; a stringere accordi con i peggiori contropoteri ci pensava già la DC dell’immediato dopoguerra.

Mi fa pena Berlusconi. E rabbia, per l’occasione che la sorte gli aveva dato di fare qualcosa d’importante per il Paese e che ha così malamente sprecato.

Pena, rabbia e schifo.

Lo schifo che riservo a chi, approfittandosi delle sue debolezze, lo sta aiutando ad affondare il Paese. Lo schifo che riserverò ai suoi tardivi lapidatori che, da qualche mese, dopo anni di complice silenzio, stanno emergendo dalle loro tane.

Sono loro, i servi ed i bigotti, il nostro sempiterno e quasi irresolubile problema.


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