Pena di morte: nel 2010 almeno 527 esecuzioni

par Ettore Trozzi
martedì 29 marzo 2011

Pena di morte nel mondo. I paesi che continuano a ricorrere alla pena di morte sono sempre più isolati, dopo un decennio di progressi verso l’abolizione: è quanto emerge dal rapporto di Amnesty International “Condanne a morte ed esecuzioni nel 2010″, diffuso oggi.

Il rapporto evidenzia come negli ultimi 10 anni, 31 paesi hanno abolito la pena capitale dalla loro legislazione; mentre i paesi che più fanno ricorso a questa forma di assassinio legalizzato sono: Cina, Iran, Arabia Saudita, Stati Uniti d’America e Yemen. Permettetemi un appunto: gli USA (si veda la storia di Troy Davis), che in questi giorni sembrano battersi per i diritti umani in Libia, non ci pensano due volte ad utilizzare la pena capitale (assieme a paesi non del tutto democratici).

La minoranza degli stati che continua a usare sistematicamente la pena di morte è stata responsabile di migliaia di esecuzioni nel 2010, sfidando la tendenza globale contro la pena capitale” – ha dichiarato Salil Shetty, Segretario generale di Amnesty International.

“Mentre le esecuzioni paiono essere in declino, un numero di paesi continua a emettere condanne a morte per reati legati alla droga, reati di natura economica, per relazioni sessuali tra adulti consenzienti e per blasfemia, violando il diritto internazionale dei diritti umani che vieta l’uso della pena capitale salvo per i crimini più gravi” – ha proseguito Shetty.

Il numero di esecuzioni registrate dalla ong per i diritti umani sono in calo: da almeno 714 nel 2009 ad almeno 527 nel 2010. Amnesty crede comunque che in Cina si possano essere svolte migliaia di esecuzioni.

Nel 2010 in tutto il mondo sono state emesse 2024 condanne a morte. Il paese che ha questo triste primato è probabilmente la Cina (anche se non si hanno dati ufficiali), seguita dal Pakistan (365 condanne) e Iraq (279). Gli Stati Uniti hanno invece condannato a morte almeno 110 persone.

Condanne a morte per reati di droga e di sesso tra adulti consenzienti. Il rapporto di Amnesty International evidenzia che sono ancora molti i paesi in cui si condanna a morte per crimini legati ai reati di droga e di “rapporti sessuali tra adulti consenzienti”. Questo nonostante il Comitato sui diritti umani abbia stabilito che questi reati non possono rientrare tra quelli “gravi”, ovvero quelli per cui è “permessa” la pena di morte.

“In molti paesi, tuttavia, i reati connessi alla droga -si legge nel rapporto dell’ong- continuano a essere considerati capitali essendo, in alcuni casi, la condanna a morte obbligatoria. Una parte significativa delle esecuzioni o delle condanne a morte registrate nel 2010 in Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Iran, Laos, Libia, Tailandia e Yemen, è relativa a reati connessi alla droga”.

In Iran la lapidazione è obbligatoria per il reato di “adulterio durante il matrimonio” , mentre in Uganda è al vaglio una legge che, qualora venisse approvata, imporrebbe la pena di morte obbligatoria per “omosessualità aggravata”.

Pena di morte per reprimere il dissenso politico. In Iran, alla fine del 2010, almeno 17 persone erano rinchiuse nel braccio della morte per reati politici. Le sentenze sono state “comminate dopo processi iniqui per il reato di moharebeh (comportamento ostile a Dio), per appartenenza a gruppi di opposizione curdi banditi dal governo, soprattutto appartenenti al Party for a Free Life in Kurdistan (conosciuto anche con l’acronimo curdo PJAK), un gruppo armato, e a Komala, un’organizzazione marxista. Si ritiene che alcuni siano stati torturati in detenzione e che gli sia stato negato l’accesso a un avvocato. Si teme che uno di loro, Hossein Khezri, sia stato messo a morte il 15 gennaio 2011″ si legge nel rapporto.

La pena di morte contro i minorenni. Nonostante il diritto internazionale lo vieti, numerosi stati come Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Sudan e Yemen hanno condannato nel 2010 persone che al momento del reato avevano meno di 18 anni.

“In Nigeria, le sentenze capitali contro minorenni sono -si legge nel rapporto- tra le più gravi preoccupazioni per quanto riguarda l’uso della pena di morte. Sebbene la Legge nazionale sui diritti dei minori vieti questa pratica, più di 20 prigionieri, condannati per reati commessi quando avevano meno di 18 anni, si trovano attualmente nel braccio della morte”.

Distribuito attraverso licenza Creative Commons BY-NC-SA iesperanto.eu

Crediti immagine: Frank Kehren


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