Pd, la vera questione è l’identità

par Armando Di Landro
lunedì 22 dicembre 2008

Tra fatti veri e vampate mediatiche la cosiddetta "questione morale" travolge il Pd, che si è trovato pochi giorni fa arroccato in una direzione straordinaria riassumibile in un "innovazione o morte", giusto per non dilungarsi sulle parole del segretario Veltroni. Innovazione che, per inciso, dovrebbe passare anche attraverso ricambi al vertice, ad ogni livello.


Comunque sia i piani sono confusi e sono un rischio. Un conto è la questione morale, un conto è la perdita di identità alla quale, dalle parti del Pds e degli allora democristiani di sinistra, si assiste fin dalla metà degli anni ’90. E’ da allora che i democratici di sinistra (finora sempre comandanti da ex esponenti del Pci) e gli ex democristiani di sinistra (formule per riassumere, anche se non sempre precisissime) rincorrono l’avversario, pensando più alle forme, ai colori, ai metodi (leggasi Ulivo, Grande Alleanza Democratica, Unione, elezioni primarie) che non alla sostanza. Non tanto ai programmi quanto all’identità culturale da dare ad un nuovo soggetto politico.

Da allora ci si è autolacerati di continuo pensando a quale tipo di partito costruire, un centrosinistra con due gambe o una grande famiglia unica. Oggi un nuovo e unico partito c’è: è un soggetto che doveva puntare al 35 per cento e si scontra con la triste realtà di sondaggi o tornate elettorali (in Abruzzo) che lo danno sotto il 30 per cento. E’ un partito che aspira al governo e non sa ancora come collocarsi in Europa, non sa prendere posizioni su grandi questioni etiche, rincorre la destra sull’immigrazione. Ed è un partito che di fronte a questi problemi, veri problemi, si lascia travolgere da una questione morale, che quegli stessi problemi fa perdere di vista.


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