Parolisi e il vittimismo mediatico

par giovanni giannone
lunedì 8 agosto 2011

Gli avvocati Gentile e Biscotti, legali di Salvatore Parolisi, in carcere perché accusato di aver ucciso la moglie Melania Rea, hanno riferito di uno sfogo del loro assistito che lamenta il trattamento troppo sospettoso e inquisitorio riservatogli fin dai primi giorni successivi alla sparizione della moglie. Addirittura persone a lui molto vicine, avrebbero fatto il doppiogioco, cioè in accordo con gli inquirenti gli sarebbero state accanto minuto per minuto per poi riferire nei dettagli le sue parole, i suoi comportamenti, i suoi movimenti. E Parolisi si è sentito ingannato da queste persone.

E i suoi legali, nel ribadire con certezza l'estraneità di Parolisi al delitto, pongono l'accento su questo inganno, questo "ingiusto" trattamento che gli inquirenti gli avrebbero riservato.

Immagino che Salvatore Parolisi stia vivendo un momento di grande sofferenza, e per questo mi sento di comprenderlo, per quella sensibilità di cui la natura ci ha resi capaci verso ogni condizione di sofferenza, che in questo caso può essere dell'innocente ingiustamente recluso, che ha però la legittima speranza di venirne fuori, o di chi ha commesso l'irreparabile e se ne dispera, e però non si rassegna a pagarne il fio.

Tutto ciò tenendo ferma in primissimo piano Melania, e quello che avrà potuto provare in quei momenti, che rimane senza aggettivi, e i suoi familiari che da quel pensiero doloroso saranno accompagnati per sempre, e che, ne sono certo, non me ne vorranno se parlo di comprensione perfino verso chi uccide; in fondo è anche il loro straordinario comportamento di questi mesi a ispirare e far sgorgare comprensione: bisogna dare atto ai genitori di Melania, al fratello Michele, allo zio Gennaro e alla zia Teresa, della grande lezione di compostezza, di sobrietà, di equilibrio. Mai una parola fuori posto, mai una parola che evocasse odio o vendetta. E questo, anche quando, per alcuni comportamenti di Salvatore Parolisi avrebbero avuto tutte le ragioni per perdere le staffe (un solo esempio: quando Parolisi fu colto in flagrante a controllare se fra le fratte vi fosse ancora il telefonino, simbolo e "strumento" dei tradimenti, disse che si era chinato a cogliere un fiore per Melania! Cioè il danno e la beffa! Sfido chiunque a restare calmo dopo una cosa così).

Dopo aver ribadito, a scanso di equivoci, che l'assassino, comprensione a parte, merita e deve subire la condanna e la deve scontare, non si può fare a meno di esprimere risentimento per le dichiarazioni degli avvocati Biscotti e Gentile che sono offensive per i familiari di Melania, e, sia pure a un livello diverso, anche per tutti gli italiani che seguono la vicenda. Parolisi si sfoga, va bene, ma i suoi avvocati, per la più elementare regola di "deontologia" professionale, e anche semplicemente di buon senso, sono tenuti a ponderare bene e filtrare quel che può dire il loro assistito, anzichè amplificarlo. Davvero ci vuole una faccia tosta a prova di stagno a lamentarsi di inganni subiti. Salvatore Parolisi ha prodotto inganni a livello industriale prima verso Melania e poi, nonostante il loro momento di dolore, verso i familiari di lei, sempre a livello industriale, dicendo una bugia dopo l'altra, senza freni né pudore e ha pensato di ingannare anche gli inquirenti e preso per stupidi i telespettatori con le grossolane sceneggiate del pianto. Dopodiché si lamenta di essere stato ingannato dagli inquirenti? Che hanno semplicemente fatto bene il proprio mestiere, quando, insospettiti dalle incongruenze madornali del suo racconto, lo hanno messo subito sotto osservazione. E si lamenta di essere stato ingannato da persone "vicine" dice lui? Che proprio mentre apprendevano dei suoi inganni del passato, e vedevano quelli "in corso", avrebbero dovuto ricambiarlo con comportamenti leali?

Ma siccome oggi la partita si gioca anche sul terreno "mediatico" i legali di Parolisi ritengono che faccia parte del gioco presentare il loro assistito come una vittima, creando l'ennesimo "scenario mediatico" in cui la vera vittima è messa da parte e il ruolo di vittima viene assunto dal possibile carnefice, al fianco del quale si scherano gli "innocentisti", che divengono in qualche modo la sua forza, e, diventando "tifosi da non deludere", possono rendergli ancora più difficile la scelta eventuale di un percorso di verità.

Comunque gli avvocati Biscotti e Gentile, attaccandosi solo a questioni formali confermano di avere in mano poco o nulla di sostanziale. Del resto anche la scelta di avvalersi della facoltà di non rispondere è indice della loro difficoltà nel trovare una linea difensiva. E' evidente che al momento è meglio se Parolisi non parla, aspettando di avere visione completa di tutti gli elementi dell'accusa, comprese testimonianze e risultati degli esami sui reperti, sui telefoni, ecc. e poi costruire una strategia che potrebbe anche basarsi (qualora, come sembra, la tesi della gita a Colle S.Marco dovesse apparire definitivamente insostenibile), su una nuova versione dei fatti, o su un "aggiustamento in corsa", sperando che nel frattempo non salti fuori la "prova regina". Insomma nel "silenzio" di Parolisi c'è già, implicita, la smentita di fatto di quella versione. Cioè meglio tacere per non fare altri "danni". Certo gli avvocati si giustificano dicendo semplicemente che dal momento in cui gli inquirenti hanno considerato Parolisi un indagato, lui ha cominciato a comportarsi da indagato. Ma questo inevitabilmente aumenta i sospetti, perché in genere l'innocente approfitta di tutte le occasioni che gli vengono offerte per "gridare la verità" e non teme con ciò di compromettere la propria posizione, anzi fa di tutto per chiarirla.


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