Parmalat: il miracolo di Bondi

par Libero Mercato
sabato 11 dicembre 2010

La condanna in primo grado a 18 anni di carcere comminata dal Tribunale di Parma a Callisto Tanzi, per associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta (con l'interdizione perpetua dai pubblici uffici), costituisce un ottimo precedente per la giurisprudenza italiana, finalmente in grado di colpire in modo adeguato anche i reati economici.

Quel 18 dicembre 2003, data storica, il caso Parmalat diventa il più grande scandalo finanziario europeo, con oltre 14 miliardi di indebitamento netto e casse vuote. Uno schock internazionale per un'azienda che dava lavoro a 36 mila persone, con un fatturato di 5,8 miliardi ed un margine di appena 150 milioni.
 
Quattro giorni dopo, il 22 dicembre, arriva a Collecchio il manager di lungo corso Enrico Bondi (un passato nel gruppo Ferruzzi) con la nomina di amministratore delegato, voluto dalle banche creditrici, e di commissario straordinario.
 
La situazione è grave, e Bondi dopo un incontro con i sindacati, ottiene la fiducia per operare nell'interesse dell'azienda, salvaguardandone la continuità lavorativa e la produzione del latte, e soprattutto per tutelare i migliaia di risparmiatori truffati dalla ditta Tanzi&Tonna (il ragioniere della mega truffa contabile).
 
A distanza di sette anni il bilancio non può che essere positivo, quasi miracoloso: Bondi ha chiuso più di trenta cause avviate contro le banche "complici" dei tarocchi Parmalat e incassato un totale di 2,1 miliardi, preziosi per far ripartire la società, garantire investimenti ed occupazione e pagare i creditori.
 
Lo "sforzo di sistema" prodotto dal manager aretino ha restituito almeno una parte dei soldi ai risparmiatori vittime dei bond Parmalat, attraverso la sottoscrizione di azioni della "nuova" società. In cambio sono arrivati circa 780 milioni di dividendi distribuiti.
 
Fondamentale anche il soccorso dell'allora Ministro delle attività produttive Antonio Marzano, che presentò un decreto ad hoc per emendare le norme per la procedura fallimentare e stabilire una serie di procedure d'urgenza per salvare la Parmalat dal suo inevitabile crollo.
 
La Parmalat nel 2010 dovrebbe chiudere con un fatturato di 4 miliardi ed un margine di quasi il 10%, un ottimo lavoro che ha fruttato al manager Bondi una bella retribuzione di 21 milioni di euro, sommando i compensi da commissario per le oltre 20 società coinvolte nel crac.
 
Non è una semplice coincidenza se in questi giorni a New York il liquidatore delle attività di Bernie Madoff (un buco da 50 miliardi, tre volte il caso Parmalat) stia intentando una serie di cause contro le banche troppo "distratte".
 
Irving. H. Picard, il Bondi d'oltre Oceano, ha chiesto 9 miliardi al colosso britannico Hsbc, 4 alla scomparsa Lehman Brothers, ed altri a Ubs, Citigroup, Union e Banque Privè.
 
Per una volta un caso italiano può fungere da esempio anche negli Stati Uniti.

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