Parlamento: come prima, più di prima

par Daniel di Schuler
giovedì 7 marzo 2013

Preso atto dell’inspiegabile, perlomeno a chi cerchi di ragionare nei termini della politica, permanenza berlusconiana, e rivolto un pensiero al povero Napolitano, costretto a guadagnarsi la pagnotta presidenziale fino all’ultimo giorno del proprio settennato (e forse oltre), è lo spettacolo offerto dal nuovo che avanza ad attrarre la preoccupata attenzione di chi, come me, guarda da lontano alle cose italiane.

Un nuovo che sa tanto di vecchio e puzza già della più stantìa politica politicante.

Solo considerazione elettoralistiche della più bassa lega, in attesa di un ritorno alle urne che non potrà essere troppo lontano, giustificano il rifiuto di Grillo (ma non doveva essere solo il “volto” del M5S? E perché diavolo si comporta a tutti gli effetti come capo unico ed assoluto, allora? Misteri della democrazia liquida) di appoggiare un governo che, numeri alla mano, non potrebbe in ogni caso che essere di coalizione. Per nulla nuovi anche i modi e la cultura politica del comico genovese; una miscela, anzi, del peggio del nostro più recente passato: turpiloquio ed insulti in puro stile bossiano e riproposizione di berlusconiani concetti da “padrone di partito”.

Un esempio? Il recente attacco all’articolo 67 della Costituzione. È stato raccapricciante vedere il nostro ultimo messia mentre, con poche frasi, gettava là, in quel luogo innominabile dove l'acqua scroscia, (se si tira la catena), qualche secolo di pensiero politico occidentale. Tra gli eletti del MoVimento pare abbondino i laureati. Sono sicuro che tra loro vi sarà stato qualcuno che, senza magari dover citare Burke, avrà cercato di spiegare al nostro quale differenza passi tra un parlamento e una riunione di portavoce d’interessi particolari. Un dubbio, però, sarebbe dovuto venire anche al ragioniere Grillo, con un minimo di quella modestia che purtroppo non ha, si fosse soffermato a pensare che i padri costituenti, dall’alto della loro statura intellettuale e morale, dovessero avere delle ragioni dannatamente buone per mettere a chiare lettere quel “senza vincolo di mandato” nel nostro documento fondamentale. Quali? Ma dai; per conoscerle basta aver frequentato, come me, la terza media e sfogliato il libretto di educazione civica.

A proposito di libretti non sfogliati, ammirevole (si fa per dire) è pure l’ignoranza di cui ha dato mostra la neoeletta capogruppo alla Camera dei grillini. Un breve delirio, quello con cui ha cercato di spiegare perché quelli di Casapound possano star comodi dentro il movimento, nazionalista e socialista, che è stata chiamata a rappresentare. Dopo aver blaterato di sprangate e razzismo folclorici (e, considerando che il Grande Capo 2.0 vorrebbe limitare il diritto di cittadinanza ai soli italiani per sangue, credo sia stato il più freudiano dei lapsus), tal Roberta Lombardi ha poi parlato di un fascismo buono, “attento alle famiglie e dotato di alto senso dello stato, prima che si corrompesse”. Ricordando che Mussolini pronunciò la celebre frase “avrei potuto fare di quest’aula sordida e grigia un bivacco per i miei manipoli”, il 16 novembre 1922, in occasione della presentazione alla Camera del suo primo governo, se non tutto il suo senso dello Stato non si riducesse a quel condizionale, pare che il potere corrompa dannatamente in fretta. Ci saprà dire meglio tra qualche mese, magari quando lascerà la carica ad un collega, come prevedono le regole del M5S la nostra giovane onorevole.

Già ora, però, dopo aver incassato le proteste di quasi tutti, dall’Anpi alla Fiom, è stata prontissima nel precisare, sfumare, correggere. Nell’attaccare, anzi, la stampa, gli avversari politici, questi e quelli, colpevoli d’aver travisato, manipolato o frainteso le sue parole. Nel dire di non aver detto e, se proprio, che non lo voleva dire.

Una bella prestazione, insomma, per qualcuno con così poca esperienza; già al livello di una Gelmini al massimo della forma. Di che mettersi l’elmetto, preparandosi ai tunnel per neutrini prossimi venturi.


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