Parabola della rete

par Emilia Urso Anfuso
mercoledì 27 marzo 2013

Una manciatina di anni fa, l'informazione era roba da professionisti del settore. La gente comune al più poteva dare qualche "informazione" su come raggiungere una strada o sull'orario.

Per informarsi sui fatti che accadono sul pianeta, si doveva fare una piccola "fatica": raggiungere la prima edicola, scegliere una o più testate giornalistiche, trovare un posto comodo e possibilmente tranquillo, e calarsi nell'antichissima arte della…lettura.

I più coscienziosi avevano addirittura l'ardire di leggere diversi quotidiani ogni giorno, e condivano il tutto persino con la visione – in religioso silenzio da parte della famiglia riunita per la cena – del telegiornale.

Ricordo che da bambina, mio padre zittiva tutti al momento del telegiornale. Nessuno poteva fiatare. In quel tempo (…) ci si sedeva a tavola per mangiare, pensate un po'. E i padri, mediamente, seguivano le notizie col piglio degli intellettuali di casa, che poi riferivano ai figli – spiegando ed argomentando – come la politica, l'economia e tutto il resto, dovesse far parte della conoscenza di base di ogni cittadino facente parte di quella che – sempre all'epoca – era denominata 'pubblica opinione'. Roba da Pleistocene.

Ma la società, si sa, "evolve". La tecnologia avanza. I tempi cambiano. Le abitudini pure.

Come sappiamo giunse negli anni '80 – direttamente dai secchioni della spazzatura di una delle prime imprese del settore informatico, dove nottetempo rubava documenti gettati dall'azienda e da cui ricavava preziose informazioni per le sue visioni di un futuro globalmente informatizzato – un ragazzetto occhialuto che in poco tempo, riuscì a sviluppare e commercializzare, il primo approccio globale all'informatica rendendo in breve il computer alla portata di (quasi) tutti e presentando il web a persone che consideravano all'epoca il telefono fisso il massimo livello di evoluzione tecnologica.

Quest'uomo senza saperlo, stava per compiere una vera rivoluzione mondiale e – cosa assai più grave – convinse tutti, ma proprio tutti, di esser divenuti provetti informatici per il solo fatto di saper fare "click" su un apparato per accenderlo. Un doppio click per spegnerlo. Fra un click e l'altro, c'era l'enorme buio mentale di tanti nuovi "guru" dell'informatica, che di fatto non fecero altro – per anni – che passare dall'ormai obsoleta macchina per scrivere ad una macchina per scrivere dalle forme diverse. Punto.

L'Italia – come sempre accade nel bene, ma soprattutto nel male – ci mise parecchio tempo per comprendere, adeguarsi e pure per capire a cosa diavolo potesse servire dover accendere un mutuo per accedere alla rete per una decina di minuti (molti ricorderanno i folli costi di connessione dei primi anni)

Nel frattempo nel resto del mondo, la rete cominciò a svilupparsi. Come una bocca affamata di dati, iniziò a penetrare nelle case, negli uffici, nelle scuole in cerca di qualcuno da cui attingere l'elemento fondamentale della propria esistenza: informazioni. O dati, se preferite. La gente si connetteva. La rete cresceva.

Giorno dopo giorno la piccola rete iniziale, iniziò a crescere e ad alimentarsi di nuova linfa vitale. Umana. Uomini assetati di nuove possibili scenari, nuove probabili possibilità, svilupparono – a livello mondiale – la prima coesione diretta ed indiretta nella storia dell'uomo.

Da Tokyo a Parigi in una manciata di secondi. Il concetto di spazio-tempo doppiato da un doppino telefonico.

Forse non ci si pensa, ma il famoso teletrasporto che tutti abbiamo agognato di poter vivere è nato con la nascita e lo sviluppo della grande rete telematica.

C'è voluto del tempo ripeto, prima che si potesse comprendere appieno l'utilità dell'utilizzo del mezzo.

Dirò di più: probabilmente la comprensione del miglior utilizzo del mezzo non avverrà mai.

Arrivo drasticamente ai nostri giorni per non insonnolire chi legge.

Calati a 360° nell'iper comunicazione, protagonisti e non più passivi fruitori di notizie, connessi ed interconnessi ad omnia. La rete non è più uno stato parallelo alla vita reale. La rete è divenuta la vita reale da cui – sporadicamente – si esce giusto il tempo per compiere quelle azioni che ancora (non si sa per quanto) è necessario compiere realmente.

La comunicazione è divenuta roba per tutti e di tutti. La carta sa di stantio. Ho visto con i miei occhi gente che, incrociando un amico o un collega, ha dribblato l'edicola verso cui si stava dirigendo: non sia mai che qualcuno possa dire che sei così indietro da acquistare un giornale di carta!

Roba da vecchi bacucchi rincoglioniti…

Siamo connessi. Siamo informati. Siamo il futuro. Dimentichiamo il passato. Evoluzione. Progresso. Rete. Rete. Rete…

Qualcuno ha pensato bene di far sì che solo tramite la rete fosse possibile compiere quell'azione tutta umana – ma anche animale – che è il vivere. Vivere attaccati alla rete. Un polmone di plastica dai cui cavi si riceve la linfa vitale per esistere.

L'essere umano, pigro per sua natura, c'è cascato. Come si può non cedere alla strizzata d'occhio della realtà virtuale che ti rende possibile la vita senza più compiere un passo. Un ragionamento. Un movimento.

Il movimento semmai, lo puoi trovare in rete. Non hai bisogno di sbatterti. È tutto lì. A portata di mano. Non devi far altro che "click". E "click". E ancora "click".

Nuovi assetati d'informazione vacua attingono a fonti sempre più spesso ambigue. Creatori di vacue informazioni dominano l'interesse e la mente di questa neo popolazione mondiale di umanoidi complessi o a umani complessi assoggettati.

Si spaccia per vero ciò che vero non è. Con una manciata di "click" si assurge al ruolo di comunicatori e neo informatori, ma non si comunica altro che una paccottiglia di insensatezza. Si rimuovono storiche convinzioni e radicate abitudini. Le stesse che negli ultimi due secoli di storia dell'umanità, hanno reso possibile il progresso.

Via, via tutto: c'è la rete. Il resto è inutile. Ciarpame antico. Da gettare nell'immondizia. Da cui qualcuno attingerà magari quelle utilissime informazioni che serviranno a salvare l'umanità dalla peggiore trappola mai ordita ai suoi danni.

Sulla rete tutto è possibile. Inserire, cancellare, ordire, tramare, informare, contro informare, tediare, controllare, gestire, modificare, vedere, celare, amare, odiare, acclamare, votare, comprare, vendere, leggere, imparare, fottere, idealizzare. Far politica, economia, cultura, contro cultura. Appassionare, deliziare, osannare, uccidere.

La vita intera a portata di "click". E con pochi "click" – pensate un po' – è possibile cancellare per sempre tutto questo.

Chiediamoci: siamo certi di voler rischiare di annullare l'umanità intera con lo switchare di un chip?

Siamo pronti a cedere la nostra esistenza a una realtà, quella virtuale, che può annullarci, controllarci, gestirci tutti e tutti insieme nello stesso momento reale?

Siamo pronti a questa dittatura? Se la risposta generale sarà "sì", non potrò far altro – nel tentativo estremo di salvare almeno me stessa – che correre già da oggi verso il passato che vedo già troppo lontano alle mie spalle. Sperare di poter ancora salire su quel treno e restare umana fino a che qualcuno sulla rete tramite un sistema satellitare integrato non riesca nonostante tutto a "tracciarmi" uccidendo qualsiasi ulteriore speranza di restare ancora connessa. Col mio cervello.

 


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