Palindromo
par Marina Serafini
venerdì 23 maggio 2025
Di recente ho visto “Lo strano caso di Benjamin Button”, un film datato (2008) ma grazioso e delicato, dai temi di classico (mio) interesse: il tempo, la nascita e la morte. La vita che scorre… L’esperimento interessante proposto sta nel vederla al contrario: l’uomo nasce vecchio e pian piano torna indietro, ringiovanisce, fino a morire nella veste di neonato.
Morire?
Alla fine, che poi sarebbe un inizio, l'infante apre gli occhi sulla donna che lo cura e che ha amato per tutta la vita, sembra riconoscerla finalmente – come da voce narrante – e poi li chiude per sempre.
La parte iniziale del film pone in contemporanea la creazione di un orologio che indica il tempo al contrario: lo ha realizzato il padre di uno dei tanti ragazzi andati a morire in guerra; egli lo ha posizionato nella stazione ferroviaria, spiegando agli astanti che vorrebbe con questo far tornare indietro gli eventi affinché i ragazzi tornino indietro da quel campo di morte per vivere ancora.
Un bambino nasce vecchio.
La parte finale, quasi a evocare un diluvio di biblica memoria, mostra l’invasione dell’acqua dell’Uragano Kathrina, che lentamente invade il magazzino in cui il vecchio orologio era stato da tempo abbandonato, sostituito da un modello analogico. Il tempo è andato avanti, e le lancette del vecchio orologio ancora scorrono indietro.
Il neonato chiude gli occhi per l’ultima volta.
In questo lavoro affiora potente la sacralità della vita, che accade in modo palindromo all’interno di un percorso temporale, semplicemente accadendo. L’amore, la morte, le scoperte, il dolore, il corpo che cambia e la mente che apprende, e poi dimentica nella confusione di un non-più divenuto un non-ancora.
Interessante che questo strano uomo si innamori di una ballerina, espressione viva della corporeità nello spazio.
Lei racconta il suo mondo mostrando e dicendo come la danza sia “tutta nella linea”, nell’armonia ordinata del movimento, per poi scoprire ella stessa la disarmonia, la rottura di tale linea come altra espressione emotiva e corporea di uno stesso linguaggio, un linguaggio che parla usando diversi idiomi (i nuovi studi sulla danza contemporanea, ad opera di M. Graham). Una stranezza che è naturale nel suo esser viva: ancora un andare in una direzione e nel suo opposto al contempo.
Tutto il film va oltre il regolare e il determinato, in avanti e indietro, a partire da quel grosso orologio. Credo che il regista abbia proprio voluto dipingere questo, con un lavoro tenero, ironico, duro e delizioso: la vita non segue regole…Siamo noi che ce le infiliamo, dettando l’ordine delle lancette, cercando di disegnare una sequenza leggibile e imponendo a noi stessi dei limiti.
Il bambino cresce in una casa di anziani che, pian piano, vanno incontro alla morte. È così che lui impara a conoscerla e a viverla per quello che è: non un nemico sociale da temere, ma il naturale proseguo di quella che definiamo esistenza. E forse è proprio questo ciò che gli consente di vivere con tale “serenità” una vita diversa dalla regola: lui, il “bambino strano”, viaggia, parte, coglie occasioni, ignora certe convenzioni, e diventa saggio.
Riconosce il momento in cui dover andar via, si prende cura della famiglia che ha creato e si allontana, lasciando tracce che lo riporteranno alla stessa famiglia nel momento opportuno.
Gli opposti continuano a fronteggiarsi, quasi specchiandosi nel punto di mezzo, come il Narciso davanti all’acqua cheta del lago quando incontra sé stesso innamorandosi senza speranza.
Già, come non innamorarsi della vita?
L’amore si mostra anch’esso in modo bifronte: l’amore di una donna diventa l’amore di una madre, continuando ad essere ciò che è: semplicemente e complessamente amore.
Dall’inizio alla fine e dalla fine all’inizio due vie si confrontano: la confusione della ragazza si confronta con la moderazione dell’uomo, e poi le parti si scambiano.
Il tempo va avanti nel nuovo orologio, ma continua a regredire nel vecchio…Vuol dire che il tempo non è: esiste l’uomo, con il suo esperire, e il suo reagire, e il suo scoprire – nel prima e nel poi.
Esperiamo attraverso sentieri inattesi, ci stringiamo e ci espandiamo, con la sorpresa di un bambino e la pazienza di un adulto, e siamo sempre quel bambino e quell’adulto.