Palestina: la trattativa bloccata

par Fabio Della Pergola
venerdì 30 settembre 2011

E’ curioso come si accusi con molta determinazione Israele di non tenere minimamente (e arrogantemente) conto delle risoluzioni ONU e delle prese di posizione della Comunità Internazionale in merito al suo conflitto pluridecennale con il mondo arabo e palestinese in particolare.

 

Poi, quando lo fa, come nel caso della sospensione di mesi (sei, dieci, dodici?) dell’ampliamento degli insediamenti nei Territori o a Gerusalemme Est, allora si dice che quella sospensione era stata "imposta" dalla Comunità Internazionale.

Non che lo Stato ebraico abbia acconsentito ad una moratoria come gesto di disponibilità alla trattativa. No, questo va negato a priori. In questo caso - ma solo in questo - la Comunità Internazionale avrebbe avuto la forza di "imporsi"ad Israele mentre di solito non ce la fa proprio.

Verità o manipolazione della comunicazione? Il fatto che per un anno non si siano costruite case per i coloni e che, d’altra parte, la trattativa con i palestinesi non abbia fatto il minimo passo avanti, pare che non significhi niente. Invece significa, eccome se lo fa.

Significa che la moratoria è stata fatta (s)cadere dai palestinesi seguendo una precisa road-map al contrario: dalla possibilità di trattativa all’impossibilità determinata dal continuo ampliamento di quelle colonizzazioni che loro stessi hanno contribuito a riattivare, semplicemente rifiutando di sedersi al tavolo come interlocutori del processo di pacificazione, proprio nel momento in cui lo Stato ebraico aveva acconsentito a fare un gesto distensivo.

E’ proprio impossibile pensare, invece, al braccio di ferro interpalestinese fra ANP e Hamas (riconciliatisi dopo anni di guerra aperta grazie al nuovo corso egiziano e - forse - sotto i buoni auspici del nuovo Impero ottomano di Erdogan)? Ad un accordo fra i due contendenti di casa Palestina fondato su un delicato equilibrio fra il nuovo corso di Abu Mazen (la scelta unilaterale di chiedere all’ONU il riconoscimento del nuovo Stato) e l’intransigenza di Hamas alla trattativa con “l’entità sionista” ?

Qualsiasi strada è percorribile (cioè non porta ad una nuova guerra civile) tranne che quella della trattativa. Delicatissimi equilibri che fanno infiammare di entusiasmo le folle arabe fino alla commozione palestinese che, certo, merita tutto il rispetto. Ma entusiasmo che potrebbe essere destinato a collassare nuovamente se, alla fine, la trattativa con Israele continuerà a non trovare sbocchi. Anche se la colpa verrà poi rigettata come sempre sull’avversario al di là del muro.

Che i palestinesi non si fidino del nemico ebraico è scontato ed anche comprensibile; che il nemico ebraico non si fidi di loro è altrettanto scontato e altrettanto comprensibile. Che i giochi interni alle due formazioni più significative della galassia palestinese siano una delle cause principali del fallimento di ogni tentativo, almeno quanto i giochi interni al Parlamento israeliano, forse sarà il caso di ricordarselo. Che tutti i brutti e cattivi stiano solo da una parte, invece, sarebbe proprio l’ora di dimenticarselo.


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