Palasharp, primavera della società civile

par Eleonora Poli
domenica 6 febbraio 2011

A Milano fa il tutto esaurito - come da previsioni - la manifestazione organizzata da "Libertà e Giustizia" per chiedere le dimissioni del premier. Negli interventi degli ospiti, da Zagrebelsky a Saviano, da Eco a Camusso, sguardi incrociati sul futuro della politica e una speranza: trovare il modo di comunicare, al di là delle differenze, per costruire unâalternativa.

Qualcuno ha sentito che non resterà un posto libero, nel palazzetto di Lampugnano, e decide così di mettersi in coda già alle 11 del mattino. Alle 13, mezzora prima dell’apertura, la fila è già un serpentone di gente che attende con calma sotto il sole quasi tiepido. Una volta aperti i cancelli, il Palasharp si riempie molto in fretta. Chi c’era stato ripensa sicuramente a un’altra manifestazione: febbraio 2002, stesso posto (si chiamava però Palavobis), stessa ora. Berlusconi ancora protagonista, come nove anni fa: oggi si chiedono le sue dimissioni, dopo lo scandalo delle “notti di Arcore” e tutto ciò che queste hanno svelato all’opinione pubblica.

Intorno alle 15, arrivano gli ospiti. Nelle prime file siedono Susanna Camusso, Concita De Gregorio, Moni Ovadia, De Benedetti, Eco, Pisapia... E Milva, proprio davanti, con i capelli rossi sciolti sulle spalle e gli occhiali scuri, che si dice indignata per quello che ha visto e sentito nelle ultime settimane: a sinistra, attualmente ripone fiducia soprattutto nei progetti di Nichi Vendola, ma in fondo le piace anche Bersani: l’importante è arrivare a un cambiamento! Pochi i politici, e le facce della società civile non sono tanto mutate, rispetto all’ormai lontana stagione dei Girotondi (una è Gianfranco Mascia, ora leader del Popolo Viola). Alle tre e un quarto, puntuale, la manifestazione prende il via: introduzione di Sandra Bonsanti, presidente dell’associazione “Libertà e Giustizia” che in meno di dieci giorni ha messo in piedi l’iniziativa; poi il primo a salire sul palco è Gustavo Zagrebelsky, l'ex presidente della Corte Costituzionale, che esordisce guardandosi intorno ed esclamando “che bello!”. In effetti si respira un’atmosfera di attenta e consapevole partecipazione: novemila persone in sala, diverse centinaia fuori ad ascoltare dai microfoni. Ma chi siamo noi, si chiede Zagrebelsky? Non un’élite radical chic, che si crede necessariamente migliore: semplici cittadini, piuttosto, che si fanno domande, magari più informati degli altri e mossi dalla volontà di informare. Il messaggio, sottolineato da lunghi applausi, è che gli individui non sono sul mercato, chiedono diritti e non favori; senza mettere in campo discorsi morali, gli italiani si pongono una questione: è questo - l’attuale premier - il politico dal quale davvero vogliano essere governati?

Arrivano due contributi a distanza, quelli del presidente Oscar Luigi Scalfaro e di Paul Ginsborg che, al telefono, dice una cosa realistica, anche se fa male ascoltarla: ancora non lo sente, lui, quel “vento dal basso”, quella forza propulsiva che potrebbe portare un reale cambiamento. Che il pomeriggio milanese di “Libertà e Giustizia” sia un inizio del risveglio? Uno dei più attesi è l’intervento di Roberto Saviano. Entra, ed è un’ovazione; qualcuno gli grida “Roberto, ti vogliamo bene”. Sì, anche perché come sottolinea la Bonsanti, Saviano fa parte del progetto dell’Italia pulita che vogliamo. Con la sua splendida capacità di raccontare, parla della macchina del fango, sempre in agguato nel delegittimare chi afferma una verità, del voto di scambio al Sud (un tempo ti offrivano un posto di lavoro, per un voto, oggi 50 euro e via!), delle astute manovre di chi vorrebbe farci credere che tutti sono uguali e ugualmente sporchi. Non è così, ed è responsabilità di ciascuno dimostrarlo, fare notare le differenze. Cita Camus: compito dell’uomo, che non può sconfiggere sofferenza e morte, è diminuire aritmeticamente il dolore del mondo. E “Sogno sarà una parola retorica, ma a me piace”, conclude Saviano. Umberto Eco, per descrivere lo scenario attuale, sceglie la strada dell’ironia. “Berlusconi non dovrebbe dimettersi per eccesso di satiriasi quanto per la sua schizofrenia”: ma come, difende a spada tratta i magistrati quando giudicano Battisti e invece li delegittima nel momento in cui dovrebbero giudicare lui?

Incisivo e applauditissimo il discorso della Camusso, che dedica le sue parole alla giustizia sociale e ai lavoratori. Sottolineando che Berlusconi non ha fatto altro che dividere in categorie e che questa è una logica pericolosa, perché porta a guardare un povero come se la condizione di povertà "fosse una sua colpa".

Il pomeriggio è lungo, ma il pubblico non sembra accorgersene: danno il loro contributo Maurizio Pollini, il filosofo Veca, la De Gregorio, Gad Lerner, Moni Ovadia, Bice e Carla Biagi, Lorella Zanardo, Lorenza Carlassare; e un ragazzo di 13 anni che sulla politica ha già tante domande e poche risposte. Si discute di responsabilità, di dignità della donna, di mobilitazione permanente finché Berlusconi non uscirà di scena; soprattutto si cercano nuove modalità per mostrare che esiste un mondo reale al di là dell’apparenza e dello schermo tv; e che in qualche modo è possibile condividerlo con un linguaggio comprensibile. 


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