Origine e futuro del Movimento Federalista Europeo

par Damiano Mazzotti
sabato 29 agosto 2009

Il Movimento Federalista Europeo è stato fondato il 27-28 agosto 1943 a Milano (www.mfe.it).

I principali fondatori del movimento furono Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, che stabilirono i principi del movimento nel Manifesto di Ventotene del 1941. Invece il principale fondatore e costruttore dell’Europa fu Jean Monnet che, nel 1951, attraverso l’escamotage della CECA (la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), riuscì a far fare il primo passo alla due nazioni Europee che con le loro guerre ataviche avevano scatenato l’indicibile carneficina della due Guerre Mondiali. Insieme alla Francia e alla Germania c’erano anche l’Italia, l’Olanda, il Belgio e il Lussemburgo. Il resto della storia fino alla nascita del’Unione Europea posso risparmiarvela…

Perciò la principale proposta politica nasceva della presa di coscienza della necessità di superare la crisi degli Stati nazionali che aveva portato alla tragedia della seconda Guerra Mondiale, attraverso il ridimensionamento della sovranità assoluta statale e la costituzione di una Federazione europea delle nazioni. Infatti “Sperare in una permanenza di armonia tra molti stati indipendenti e slegati sarebbe trascurare il corso uniforme degli avvenimenti umani e andar contro l’esperienza accumulata da tempo” (Alexander Hamilton, Il Federalista, 1788, In Scheda n. 1, MFE. Nota: fu Ministro del Tesoro americano e venne ucciso in duello dal vicepresidente Aaron Burr).

L’obiettivo di creare una Federazione europea è basato “su una considerazione fondamentale: la creazione di un nuovo Stato con metodi democratici può avvenire solo attraverso la partecipazione al processo costituente del popolo in quanto depositario in ultima istanza della sovranità” (Segreteria del MFE, Scheda sul Federalismo n. 2). E per discutere dell’Europa di oggi bisogna valutare questo: “la contraddizione fra cessione della sovranità monetaria all’Unione e mancanza di un governo democratico europeo, legata al persistente ruolo predominante che il Trattato di Maastricht riserva al Consiglio dei Ministri, ha messo sotto gli occhi di tutti ciò che i federalisti hanno denunciato con le loro azioni... che non è pensabile una gestione dell’economia e della sicurezza europea senza la creazione di uno Stato federale europeo che riconosca ai cittadini europei il diritto di scegliere e controllare democraticamente il proprio governo” (Scheda n. 2).

Questo stato di crisi dell’Unione Europea può essere superata “affidando ad una Assemblea costituente il compito di redigere una Costituzione federale che verrà successivamente adottata dai Paesi che intendono dar vita alla Federazione europea… I contenuti essenziali sono:

a) la trasformazione della Commissione in un governo federale, responsabile di fronte al Parlamento europeo, che condivide il potere legislativo con il Consiglio dei Ministri;

b) l’abolizione del diritto di veto in tutto il processo decisionale dell’Unione, compresa la procedura di ratifica della Costituzione europea.

Con la decisione, presa dai governi europei a Laeken nel 2001, di convocare una Convenzione europea, in cui sono presenti i rappresentanti dei cittadini europei eletti nel Parlamento europeo e nei Parlamenti nazionali, la battaglia per la Costituzione federale europea è entrata in una fase cruciale” (Scheda n. 2), come accadde con la Convenzione di Filadelfia del 1787 per gli Stati Uniti.

“Che cos’è allora il federalismo? La sua essenza consiste, mi pare, in questo: che in un sistema federale le funzioni di governo sono divise in modo tale che la relazione tra il corpo legislativo la cui autorità si esercita sull’intero territorio e i corpi legislativi la cui autorità si esercita su parti di territorio non è una relazione tra superiore e inferiore… bensì una relazione tra partners coordinati nel processo di governo” (K. C. Wheare, 1943, In Scheda n. 5).

Questa forma di Stato “lungi dall’implicare una abolizione dei governi statali, li rende parti costituenti di una nazione sovrana, concedendo loro una diretta rappresentanza in senato e lasciando nelle loro mani una buona parte della sovranità” (Alexander Hamilton). In questo modo si ha perciò l’unità della comunità politica insieme all’indipendenza della parti che la compongono.

Però, “Affinché la divisione dei poteri tra governo centrale e governi locali sia garantita, essa deve non solo essere sancita da una Costituzione scritta, ma deve anche essere tutelata da un potere autonomo in grado di annullare i provvedimenti legislativi e amministrativi non conformi alla Costituzione e di pronunciarsi in ultima istanza quando si presentino conflitti relativi alla divisione dei poteri. Questo potere è il potere giudiziario che fonda la propria indipendenza proprio sull’esistenza di diversi livelli di governo (ciascuno dei quali ha interesse a tutelare l’indipendenza del potere giudiziario rispetto agli altri livelli) e che può quindi garantire il primato della Costituzione imponendone il rispetto a tutti gli organi dello Stato federale (Scheda n. 5).

Il modello statale federale è nato con la fondazione degli Stati Uniti d’America nel 1787, mentre il primo modello europeo è nato in Svizzera nel corso dell’800. Lo Stato federale si è poi diffuso in tutto il mondo nel Ventesimo secolo: Australia, Canada, India, Brasile, Nigeria, Germania (dopo la seconda guerra mondiale), ecc.

“Le due polarità ideali del federalismo sono il cosmopolitismo e il comunitarismo… per affrontare i grandi problemi contemporanei la cui dimensione è mondiale… è evidente che lo stato nazionale deve cedere competenze sia verso l’alto (il governo europeo) che verso il basso (le comunità territoriali minori, come le regioni e i comuni). Il federalismo consente di organizzare democraticamente i rapporti tra differenti comunità territoriali,dal livello più basso, come il comune, a livelli via via più elevati, come quello regionale, nazionale o continentale. Al limite, attraverso l’unione di differenti federazioni continentali, è concepibile un governo democratico mondiale. Tuttavia, la lotta delle comunità locali per una maggiore autonomia rischia di trasformarsi in tragedia, quando le pretese autonomistiche si associano al micro nazionalismo, come dimostra il caso della ex-Jugoslavia” (Movimento Federalista Europeo, Scheda n. 1, Milano). 

Quindi risulta comprensibile che “Solo realizzando le istituzioni federali a tutti i livelli, fino a quello mondiale (per sostituire l’ordine gerarchico dell’ONU imposto dai vincitori della Seconda Guerra Mondiale), si porrà fine all’anarchia internazionale trasformando i rapporti internazionali in rapporti giuridici tra eguali; la ragion di Stato sarà abolita e la politica non sarà più al servizio della potenza degli Stati ma al servizio del bene comune del genere umano” (A cura della segreteria del Movimento Federalista Europeo, Scheda sul federalismo n. 5, Milano; www.gfeaction.eu).

Il Movimento Federalista Europeo non partecipa direttamente alle elezioni ed è aperto a tutti i cittadini e a tutti i partiti. Il MFE è diventato la sezione italiana del World Federalist Movement che è attivamente impegnato per la riforma e la democratizzazione dell’ONU, in quanto potenziale governo mondiale. “Il MFE mira ha realizzare, con la pace, le condizioni per ricondurre la politica alla sua natura di “Scienza del Bene Comune” (www.eurobull.it). Questo obiettivo fa del MFE un laboratorio di permanente sperimentazione politica, a cui tutti i militanti hanno il diritto-dovere di contribuire. Lo Statuto prevede una specifica rete organizzativa allo scopo di far partecipare tutti alla elaborazione del pensiero comune” (Scheda n. 2-MEF, www.istitutospinelli.org).


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