Ora anche Dio ha paura di Israele

par Gianni Boattini
lunedì 4 agosto 2014

Francia, 20 luglio 2014. A Sarcelles (Val d’Oise) i dimostranti del corteo non autorizzato pro-palestinese tentano di raggiungere la sinagoga. Alcuni negozi vengono distrutti, più di un’auto incendiata. Il 19 luglio, a Barbès (Parigi), un altro corteo al grido di: “Israele assassini!” si fronteggia con le forze dell’ordine. Nella notte tra l’11 e il 12 luglio l’esplosione di una piccola bottiglia molotov annerisce il portone della sinagoga di Aulnay sous Bois (Seine - Saint Denis).

Il 13 luglio, in prossimità di Place de la Bastille, in Rue de la Roquette, un gruppo di attivisti della LDJ (Ligue Defénse Juive/Lega Difesa Ebrea) urlando: “Palestina t’inculiamo!” avanza armato di bastoni e di spranghe di ferro. Tra questi, un giovane si fa strada tenendo in mano quello che sembra essere un estintore; forse uno spara gas o qualcosa del genere. È una bombola blu, del tipo camping gas, collegata ad un tubo nero che termina a sua volta nell’innesto di una canna rigida. Minuti dopo lo affianca un altro giovane armato di bombe lacrymogène. Non è il solo, tra i pro-israeliani, ad essere dotato di spray lacrimogeni ed urticanti. Le due fazioni si scontrano. A poca distanza, dietro gli attivisti dei collettivi pro-israeliani, una squadra di agenti della Polizia Nazionale - Nucleo CRS sembra proteggerne la retroguardia. La conferma non tarda ad arrivare. Incalzati da un assalto frontale i sostenitori di Israele trovano riparo dietro lo sbarramento degli agenti.

In Rue de la Rouquette ha sede la sinagoga Don Isaac Abravanel e malgrado le insinuanti dichiarazioni di Joël Mergui (Président du Consistoire Central Israélite de France) contrapposte a quelle rilasciate da Serge Benhaïm (Président de la synagogue) che smentisce formalmente ogni attacco alla sinagoga Abravanel; Joël Mergui ringrazia l’interposizione delle forze dell’ordine e il presidio di alcuni giovani della comunità ebraica per aver garantito, con la loro presenza, l’incolumità del santo luogo. Ma chi sono i giovani di Mergui? Twitter ne rivela le identità grazie ad alcuni messaggi postati il giorno prima. Nei messaggi si legge di un’adunanza in sostegno a Israele. “…appuntamento 13 luglio alle 17.30 davanti alla sinagoga di Rue de la Roquette”. I messaggi sono firmati dai gruppi Betar France Officiel, Collectif Haverim e Ligue Défense Juive.

 

Roger Cukirman, Presidente del CRIF (Conseil Représentatif des Institutions Juives de France), uomo di fiducia dei Rotschild, condanna quanto accaduto come un’allarmante derivato terroristico: “Gli ebrei di Francia sono le sentinelle della Repubblica. Attaccarci vuol dire mettere in pericolo le fondamenta della nostra società!”. Parole forti che non lasciano intendere mezze misure. Cukirman sottolinea che sussiste “il rischio di una jihad contro gli ebrei di Francia”; “…di una Gaza in Francia”; “…la Repubblica è presa di mira e pertanto queste centinaia di giovani devono essere messi nello stato di non nuocere”; “…fare della lotta contro l’antisemitismo e il razzismo una causa nazionale ed europea”.

Cosa vuole intendere Cukirman con le sue dichiarazioni? Che tutti quelli che manifestano o manifesteranno contro Israele sono da considerarsi antisemiti o dei potenziali terroristi? Che tutte le migliaia di persone radunatesi, in questi giorni, nelle maggiori capitali e città d’Europa per esprimere solidarietà al popolo palestinese sono da eliminare o da tenere sotto stretta sorveglianza? Se così fosse la situazione è più che allarmante! Esprimere solidarietà al popolo palestinese non significa essere terroristi o antisemiti e i tafferugli di questi giorni in Francia non sono paragonabili alle violenze inflitte, da circa sessant’anni, al popolo palestinese. In Palestina il diritto internazionale ancora oggi cozza, volutamente, contri i muri. Qual è dunque il messaggio di Curkiman? Strumentalizzare, forse, l’antisemitismo per ottenere dalla Francia e dalle nazioni europee leggi maggiormente coercitive ai danni di chiunque osi contraddire o sfidare l’operato di Israele? O far credere, chissà, che l’Europa, tutta, sia prossima ad una sanguinosa intifada da parte degli arabi?

I tentati o presunti assalti alle sinagoghe francesi, ovviamente inaccettabili, non possono in ogni caso essere tradotti in antisemitismo e a maggior ragione non possono essere assolutamente considerati atti di terrorismo. Il problema e le paure di Israele sono e appartengono a Israele incapace, per caparbietà sionista, di trovare soluzioni pacifiche nel conflitto arabo-israeliano. La paura di Israele è Israele.

Nelle pagine del CRIF leggiamo che il CRIF è garante dei diritti in difesa dell’Uomo. Quale Uomo, anzi quali uomini? Bisogna ricordare che ancora oggi Israele non ha nessuna intenzione di concedere o di riconoscere ai rifugiati palestinesi del 1948 il diritto di ritorno. Bisogna ricordare che le linee di demarcazione delimitate con l’armistizio del 1949 sono e restano solo confini de facto dello stato di Israele. Si stima che circa cinque milioni di rifugiati e dislocati palestinesi (interni ed esterni) non possa tornare, ancora oggi, nelle proprie case e terre d’origine. Eppure la risoluzione 194 approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (norma già esistente nel dicembre 1948) richiede il diritto di ritorno ai rifugiati e dislocati palestinesi del 1948.

Cosa dire poi della Legge sulla Nazionalità approvata da Israele nel 1952? Scritta di proposito per escludere il più largo numero di richieste e di rilascio di cittadinanza e di nazionalità israeliana ai “non ebrei”? Voluta da Israele per estromettere, ostacolare e snazionalizzare tutti quei palestinesi che fisicamente non erano presenti (come potevano esserlo) all’interno dei confini stabiliti con l’armistizio del 1949?

Infinite sono le risoluzioni di condanna contro l’operato di Israele impugnate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Dal 1951 al 2002 se ne contano ben 72. In quella del 22 dicembre del 1987/numero 605 il Consiglio di Sicurezza deplora le politiche israeliane che negano al popolo palestinese i diritti umani. Nelle risoluzioni 608, 636 e 641 il Consiglio di Sicurezza si rammarica delle deportazioni forzate di civili palestinesi da parte di Israele. In più, Israele non riconosce l’applicazione della Quarta Convenzione di Ginevra (protezione delle persone civili in tempo di guerra) sui territori palestinesi occupati di Cisgiordania e Gaza. A tutt’oggi è ancora presente su Gaza il blocco imposto nel 2007. Un muro/barriera di circa 700 km, voluto da Israele, sta fagocitando giorno dopo giorno fette di territorio e risorse idriche del popolo palestinese. Amnesty International denuncia periodicamente continui soprusi da parte dei coloni e dei soldati dell’esercito israeliano ai danni di civili palestinesi. Nella zona tampone, gli attivisti della ong International Solidarity Movement rischiano la vita, giorno dopo giorno, per proteggere con i loro giubbini luminescenti i coltivatori palestinesi dai tiri di fucile dei soldati israeliani. I pescatori palestinesi non possono andare oltre i cinque chilometri dalla costa. Israele demolisce e impedisce qualsiasi tentativo di costruzione di case da parte dei palestinesi.

I temibili tunnel di Gaza che oggi Israele sta distruggendo sono serviti e servono ai palestinesi per trasportare viveri, farmaci, malati, carburante, materiali edili ed altro. Il blocco su Gaza, di cui nessuno parla ha messo in ginocchio l’economia dei suoi abitanti. Ostacola e rallenta il flusso degli aiuti umanitari destinati al popolo palestinese. Probabilmente le milizie di Hamas utilizzano questi tunnel ma ciò non giustifica la mattanza indiscriminata di questi giorni contro la popolazione palestinese.

 


Leggi l'articolo completo e i commenti