Oltre 200.000 le imprese gestite da stranieri

par Paolo Borrello
venerdì 17 giugno 2011

L'imprenditoria italiana è sempre più straniera: nel quinquennio 2005-2010 il numero di immigrati titolari di imprese è quasi raddoppiato, passando dalle 116 mila unità alle oltre 230 mila. Un dato in costante e vivace crescita (circa 20.000 persone l'anno), che sembra non aver risentito, a differenza del tessuto aziendale nazionale, della crisi economica.

Il dato emerge dal rapporto “L'imprenditoria straniera in Italia nel 2010 in cifre” del Centro Studi Cna, presentato a Roma. Primo effetto di questo boom, la maggior incidenza degli immigrati nel sistema imprenditoriale italiano, che oggi si attesta all'8,5% (5,7% nel 2005): mentre infatti tra il 2005 e il 2010 il numero di italiani che ricopre qualche carica aziendale (titolari, soci o amministratori) è diminuito del 9,1%, quello degli stranieri è cresciuto di oltre 40 punti percentuali (al 31 dicembre 2010 415 mila unità). Il forte dinamismo imprenditoriale straniero non sarebbe, secondo l'analisi della Confederazione artigiana, imputabile a una difficoltà di accesso degli immigrati al mercato del lavoro nazionale: nel 2010 i lavoratori stranieri occupati in Italia erano oltre 2 milioni, pari al 9,2% dell'occupazione complessiva. Una percentuale inferiore, tra i grandi Paesi europei, solo alla Spagna (13,9%), e cresciuta nel periodo 2006-2010 del 12,3% (contro +1,9% Germania, +3,2% Francia, +4,8% Spagna).

Sono per lo più marocchini, romeni, cinesi e albanesi gli imprenditori stranieri che operano nel nostro Paese. Il Paese più importante per numero di imprenditori è il Marocco (16,4%), seguito da Romania (15,4%), Cina (14,7%) e Albania (10,4%). Più distanziato il Bangladesh, con il 4,3% del totale. Ampliando il perimetro dell'analisi alle prime 20 nazionalità più rappresentative, che insieme assorbono il 90,5% dell'imprenditoria d'immigrazione, la macroarea più rappresentativa appare l'Europa dell'Est (34,2%) seguita dall'Africa (31,6%) e dall'Asia (22,0%). Edilizia, commercio e riparazioni sono i primi tre settori nei quali operano le imprese straniere: il 37,4% nelle costruzioni, il 34,8% nel commercio e nelle riparazioni, il 9,9% nel manifatturiero, il 4,3% (soprattutto tessile, abbigliamento, articoli in pelle) nei servizi e il 3,8% nei trasporti e comunicazioni.

È l'Italia centro-settentrionale, in particolare la Lombardia, l'area in cui si concentra la quasi totalità dell'imprenditoria straniera: circa l'87% delle aziende i cui titolari hanno una cittadinanza estera - evidenzia la ricerca - ha sede nel Centro-Nord. Sul totale delle imprese straniere il 36,7% si trova nel Nord-Ovest, il 24,1% nel Nord-Est e il 26,4% al Centro. Sei le regioni dove si concentra il 78,2% delle aziende straniere: Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Toscana, Lazio. Nelle restanti 14 regioni il peso delle imprese di immigrati è residuale, tra il 3 e lo 0,5%. Un quadro che, secondo lo studio, potrebbe vivacizzarsi nei prossimi anni: tra il 2008 e il 2009 infatti gli aumenti più consistenti di stranieri si sono registrati in regioni fino a quel momento “residuali” (16%), come Umbria (70,4%), Puglia (+26,3%), Molise e Liguria (+22,1%).


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