Obesità: una nuova forma di dipendenza?

par Enrico Prosperi
martedì 19 marzo 2013

 

“Il cibo per me è una droga”

“Non riesco a resistere davanti a certi cibi”

“Alcune volte il mio unico pensiero è il cibo”

Sono alcune delle frasi che i pazienti riferiscono ai medici nei centri per la cura dell’obesità.



Da qualche anno è nata la controversia se l’obesità può essere considerata una vera e propria dipendenza. Ma cosa è la dipendenza? Un aumentato bisogno di una sostanza, legato ad una sofferenza in sua mancanza e all’impegno da parte della persona di averla anche a discapito di se stesso.

Molti pazienti obesi tendono effettivamente ad avere un forte desiderio verso determinati cibi, soffrono se ne vengono privati e li ricercano anche se conoscono le possibili conseguenze nocive sulla loro salute. Il cibo, effettivamente attiva i cosiddetti circuiti del piacere, specie quando si combinano zuccheri e grassi. Le maggiori conoscenze del cosiddetto circuito del piacere e del suo neurotrasmettitore principale, la dopamina, ha indotto alcuni ricercatori a pensare che, livelli bassi di recettori di dopamina D2 sia all’origine, negli obesi, della ricerca di cibo come forma di gratificazione immediata, come la droga lo è per i tossicodipendenti.

Rispetto alla dipendenza da sostanze, nel cibo mancano però i sintomi dell’astinenza (che possono essere mentali, come l’irritabilità, la depressione, l’incapacità di concentrarsi, e fisici con nausea, brividi, crampi) e della tolleranza (necessità ad assumere una maggiore quantità di sostanza per provare lo stesso piacere). Un altro fenomeno importante nella dipendenza è il cosiddetto craving, “il disperato bisogno di una sostanza”.

Tale bisogno può, nel tempo, essere scatenato da semplici stimoli associati alla consueta assunzione della sostanza. Ad esempio, chi è solito consumare della cocaina nella discoteca, potrebbe provare un forte desiderio di “tirare” mentre ascolta della musica dance. Il fenomeno del craving ha interessato, negli ultimi anni, gli studiosi dell’obesità, che hanno definito il cosiddetto “food craving”, come “un intenso desiderio di consumare un particolare cibo al quale è difficile resistere”. Questo fenomeno può verificarsi in seguito a diete molto rigide, oppure a causa di determinati stati emotivi, specialmente negativi.

Altre possibili cause del “food craving” possono essere legate al continuo pensiero del cibo (che può arrivare ad una vera e propria immaginazione visiva dello stesso) e al tentativo di evitare tali pensieri che, paradossalmente, diventano ancora più intrusivi.

I recenti studi sulle dipendenze stanno dimostrando che non ci troviamo di fronte ad un semplice problema di scarsa forza di volontà, ma di una vera e propria malattia che ha componenti genetiche, ambientali (esposizione precoce alla sostanza), sociali (scarsi supporti) e psicologiche (intensi stress). Queste componenti si possono riscontrare nei soggetti obesi. Basta pensare alla presenza di genitori obesi in bambini che tendono ad aumentare di peso o all’uso del cibo come sedativo o per un effetto “nostalgico”. Come ci ricorda il neuroscienziato David Linden, questo ovviamente non deve deresponsabilizzare chi ne soffre.

Ognuno di noi può sviluppare una malattia senza averne necessariamente colpa, ma è responsabile della sua cura attraverso un miglioramento dello stile di vita.


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