OGM Europa in ordine sparso

par Guelfo Magrini
sabato 15 marzo 2014

La proposta della Presidenza di turno della Grecia (paese favorevole alla coltivazione OGM) di superare il controllo comunitario sulla diffusione degli organismi geneticamente modificati (prontamente fatta propria dai nuovi ministri del governo Renzi, Galletti e Martina) crea scompiglio nella Commissione Europea.

Durante il Consiglio UE Ambiente del 2 marzo scorso, la maggioranza dei 28 paesi che aderiscono all’Unione Europea, Italia compresa, si è espressa a favore della proposta di lasciare libertà di scelta agli Stati sulle coltivazioni geneticamente modificate. L’Italia, con i nuovi ministri dell’ambiente Gian Luca Galletti e dell’agricoltura Maurizio Martina, sostiene la nuova proposta della Grecia. 

Così il ministro Galletti in una dichiarazione alla stampa:

"Esprimo apprezzamento per il lavoro della presidenza greca dell'Ue per riaver riaperto il discorso sul tema controverso della coltivazione degli ogm; un'utile opportunità per rivedere la normativa"

Segue a ruota il ministro, delle Politiche agricole Maurizio Martina:

“Auspico, come il Ministro Galletti, che ci sia quanto prima un'intesa in sede comunitaria per dare libertà di scelta ai singoli Stati Membri e credo che la proposta elaborata dalla Presidenza greca dell'Ue sia una buona base di partenza''.

Solo un paese è rimasto fermamente contrario alla libertà di scelta dei singoli paesi, il Belgio, e alcuni stati hanno assunto posizioni più sfumate, in particolare Portogallo, Bulgaria e Polonia.

Sembrerebbe, quella greca, una proposta ragionevole nel momento che le restrizioni comunitarie si allentassero a causa del peso dell’Inghilterra, che seguendo l’esempio americano, appare non curarsi di trasformare le isole britanniche in un enorme esperimento di Frankenstein; peccato che anche negli USA i coltivatori comincino ad averne abbastanza di questa “scienza sporca”, il cui uso sconsiderato ha portato nelle terre fertili delle pianure coltivate a mais ogni genere di infestazioni di specie vegetali ed animali aggressive mutanti e resistenti ai veleni impiegati per combatterle. Sembrerebbe, quella greca, una proposta ragionevole, ma molti commentatori reputano che non lo sia. In questo caso non c’entra niente l’ideologia, non hanno senso le dispute tra ricercatori stregoni e paladini della genetica naturale; si tratta di business, business tra le multinazionali, le loro lobby e i governi mondiali. C’è da lanciare sul mercato un nuovo prodotto brevettato dalle Company: alla Commissione europea la scelta se autorizzare o meno la coltivazione del mais Ogm Pioneer 1507 L'Italia aveva confermato la sua posizione contraria all'autorizzazione, con Enzo Moavero Milanesi, montiano, ministro per gli Affari Europei nel governo Letta.

In tutto, dei 28 paesi solo 5 si sono espressi a favore del Mais 1507 (Spagna, Regno Unito, Svezia, Estonia e Finlandia), 4 hanno annuncato di volersi astenere (Germania, Belgio, Repubblica Ceca e Portogallo) e 19, compresa l'Italia, hanno espresso l'intenzione di votare contro l'autorizzazione. Bruxelles, quindi, potrà dare il via libera solo dopo che gli Stati si saranno accordati su come modificare le regole. Per la Comunità Europea si tratterebbe del secondo sdoganamento di prodotto geneticamente modificato destinato alla semina, dopo l’introduzione del Monsanto 810 (la cui coltivazione è stata autorizzata sul territorio comunitario nel 1998), mais ingegnerizzato con la velleità di proteggere le colture da un parassita nocivo, la piralide del mais. Otto Stati membri (Austria, Bulgaria, Grecia, Germania, Ungheria, Italia, Lussemburgo e Polonia) adottarono misure di tutela, vietandone la coltivazione sul loro territorio. Nel 2012 il mais Mon 810 è stato coltivato principalmente in Spagna, Portogallo, Repubblica ceca, Romania e Slovacchia per una percentuale che corrisponde all’1,35% dei 9,5 milioni di ettari di superficie coltivata a mais nell’Ue e allo 0,23 % dei 55,1 milioni di ettari di superficie coltivata a mais geneticamente modificato a livello mondiale. Nel 2010 erano state anche autorizzate dalla Commissione Europea la coltivazione e la trasformazione industriale di una patata da fecola geneticamente modificata, denominata "Amflora", che fu snobbata dagli agricoltori e ritirata dal mercato.

(NdR. Quadro1: i numeri del Biotech)

Più di 18 milioni di agricoltori in 27 Paesi hanno piantato colture biotech nel 2013, per un totale di 175 milioni di ettari che si concentrano negli Stati Uniti (70,1 milioni), in Brasile (37 milioni), 24,4 milioni (Argentina) e Canada (11 milioni), con importanti prospettive in Cina e nei Paesi di via di sviluppo. La superficie globale è passata da 1,7 milioni di ettari nel 1996 agli oltre 175 del 2013. In questi 18 anni si è assistito a un aumento di 100 volte, con gli Usa in testa alla classifica a coprire il 40% del totale.

L’ultimo rappresentante del governo italiano prima del governo Renzi aveva dunque riaffermato l’intransigenza della posizione italiana riguardo all’introduzione sul proprio territorio delle sementi transgeniche, facendo proprie le posizioni espresse dalla maggior parte del mondo agricolo nazionale orientato alla protezione delle eccellenze agroalimentari del nostro paese, Dop, Doc Docg, e che non ne vuole sapere di sperimentazioni genetiche astruse sui nostri tesori gastronomici.

Ed è dagli stessi rappresentanti istituzionali di categoria che proviene il monito che rende la faccenda assai poco trasparente; l’entusiasmo governativo per liberalizzare la scelta OGM viene considerato come la dimostrazione dell’estremo opposto di quanto da tempo chiedono le più grandi associazioni degli agricoltori italiani (Coldiretti e Cia), le organizzazioni del biologico come Aiab e tutte le associazioni ambientaliste e quelle dei consumatori, convinte che:

“Non abbia senso pensare di poter circoscrivere la coltivazione degli Ogm a pochi paesi europei: i pollini non conoscono le frontiere tra stati, e anche l’utilizzo delle serre non appare un vincolo sufficiente e inoltre, come garantire il consumatore se si è sempre più restii a sottolineare nell’etichetta la provenienza Ogm degli ingredienti?”.

Il sospetto nasce dal fatto che i responsabili del ministero agricolo durante i governi Berlusconi, ed in special modo Giancarlo Galan, sostenevano concretamente l’opportunità delle coltivazioni OGM, sfidando addirittura la legge. Fino al 2011, l’uomo politico, oggi ancora con Forza Italia, ha appoggiato palesemente, mettendoci la faccia, l’attività criminale di alcuni suoi corregionali che hanno seminato mais transgenico nonostante fosse vietato dalle leggi nazionali e comunitarie.

Ma poi la musica cambiò: "L'Italia deve lottare per una maggiore sovranità alimentare. No agli OGM se si vuole un'agricoltura di qualità e sostenibile", così Oreste Rossi, eurodeputato di FI che si occupa di sicurezza alimentare, dichiarazione a sostegno e preparazione della proposta greca.

"Il fatto che in Consiglio non si sia raggiunta la maggioranza qualificata per l'autorizzazione alla coltivazione del mais Ogm Pioneer 1507 – proseguiva Rossi - fa ben sperare che ora la Commissione scelga l'approccio di lasciare liberi gli Stati di decidere in merito. In tal senso ho presentato interrogazione parlamentare alla Commissione chiedendo se a questo punto dell'iter normativo non debba finalmente lasciare agli Stati membri la libertà di scelta se proibire o meno la coltivazione degli ogm in base ai rischi per la salute e l'ambiente".

Insomma è un coro unanime di “No OGM in Italia” che non riesce a convincere pienamente in quanto consente alla minoranza degli stati favorevoli di contaminare il territorio europeo, fino ad oggi piuttosto tutelato in tal senso, e di far progredire inesorabilmente la penetrazione transgenica, erodendo nel tempo la resistenza degli stati ancora dubbiosi. Poi il neo ministro Galletti stenta essere credibile e convincente a causa dei suoi trascorsi di nuclearista convinto: durante la campagna elettorale 2010, intervistato nella sede di Radio Città del Capo, si dichiara favorevole alla localizzazione della produzione di energia nucleare in Emilia Romagna, “purché il sito sia considerato sicuro e conveniente”. Martina invece sembra incarnare la quintessenza della metastasi lobbista sulla governance, rappresentata dall’Unione Agricoltori e dalle istituzioni scientifiche, farmaceutiche, agricole e chimiche tutte decise a sostenere l’avventura protodivina della creazione di mostri.

Tutto ciò in un panorama numerico completamente sbilanciato in favore di uno sviluppo agricolo fondato sulla naturalità del prodotto e sull’accantonamento dei presidi chimici di alta tossicità, che sono stati diffusi a piene mani per decenni a scapito del mondo agricolo e della popolazione globale e ad enorme vantaggio di gruppi finanziari ed economici privati.

Secondo una nuova ricerca Nomisma/Pentapolis l’Italia è infatti al primo posto tra i paesi dell’Unione Europea per esportazione di prodotti biologici confermandosi inoltre leader nella scena agroalimentare europea ed internazionale: poco meno di 50 mila produttori biologici, su 1,2 milioni di ettari di terreno, muovono un giro d’affari di oltre 3 miliardi di euro. Particolarmente interessante anche la crescita del consumo di prodotti provenienti da agricoltura biologica nelle mense delle scuole italiane che registrano un incremento delle mense sostenibili che in cinque anni, sono aumentate del 50%, con quasi 1,2 milioni di pasti bio consumati ogni anno.

E nel mondo l’incremento di colture biologiche avviene al ritmo del 30% in più all’anno.

A proiettarci nel futuro ci penserà L’Expo milanese; alla domanda posta dalla Fondazione UniVerde e Ipr Marketing: “Quale tipo di agricoltura va valorizzata all’Expo?” solo l’1% sceglie quella Ogm, il 2% quella convenzionale (con prodotti chimici) e il restante 85% punta decisamente sulle agricolture di qualità e senza Ogm (sul biologico il 49% e sui prodotti a denominazione e tipici il 36%). Una maggioranza soverchiante anti OGM che costringe i politici italiani a fare salti mortali dialettici, per lasciare aperto uno spiraglio alle Lobby pur facendosi credere in buonafede ambientalista.

In conclusione qualche riflessione estemporanea sulle logiche di questo modello di sviluppo artificializzato. Che senso ha continuare a inquinare gli ecosistemi naturali con veleni, sostanze chimiche di sintesi e genomi mutanti che si trasferiscono poi nella catena alimentare procurando guasti sempre più irrimediabili? Da che menti esce questa volontà perversa di corrompere il pianeta? Si può ancora consentire la creazione d’imperi finanziari che traggono enormi profitti dalla distruzione del benessere reale delle popolazioni della Terra? 

Foto: Ernest Morales /BASFPlantScience /Flickr


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