Nuovi studi sulla Sindone

par UAAR - A ragion veduta
lunedì 7 aprile 2014

Un nuovo studio sulla Sindone è stato condotto da Matteo Borrini, professore di antropologia forense, ora presso la John Moores University di Liverpool (UK), e da Luigi Garlaschelli dell’Università di Pavia (che per questa ricerca ha ottenuto un contributo dell’Uaar). Il lavoro è stato presentato da Borrini al convegno della American Academy of Forensic Sciences a Seattle (USA) lo scorso febbraio (v. pag 205-206 degli atti del convegno), è stato ripreso sul sito della nota rivista di divulgazione scientifica New Scientist e ora anche da diversi media italiani. Online è disponibile il video originale di Alessandra Carrer.

Come noto, sull’immagine della Sindone di Torino sono visibili, oltre alla debole immagine di un corpo, anche tracce di (presunto) sangue derivante dalle ferite della passione: sulla fronte e la nuca, sul costato, sui piedi e infine sul dorso di una mano e sulla parte anteriore degli avambaracci, dal polso al gomito. Lo scopo del lavoro di Borrini e Garlaschelli, che volutamente non si addentra nel problema dell’autenticità o meno del telo, è stato quello di verificare – utilizzando le tecniche forensi della BPA (Bloodstain Pattern Analysis) – quale dovrebbe essere la postura di un corpo umano affinché i rivoletti di sangue si dispongano sull’avambraccio sinistro del soggetto come appare nella Sindone, che rappresenta l’impronta lasciata da un corpo. Questo studio, che abbandona l’approccio teorico e si presenta invece come il primo tentativo di replicazione sperimentale del sanguinamento di un condannato alla crocifissione, aveva quindi lo scopo di ricostruire l’ipotetica posizione in croce del soggetto raffigurato sul telo, indipendentemente dalla sua identità.

Una sottile cannula per trasfusione, collegata a una sacca di sangue, è stata applicata al dorso della mano sinistra di un volontario (LG) in tre differenti posizioni di possibile fuoriuscita del chiodo, concordemente alle più diffuse ipotesi circa la precisa collocazione anatomica delle ferita così come si desumerebbe dall’immagine sindonica. L’avambraccio è stato tenuto a inclinazioni diverse con l’aiuto di un goniometro balistico – da 0°, braccio orizzontale, a 90°, braccio verticale – e una modesta quantità di sangue è stata fatta colare sul dorso della mano e lungo l’avambraccio.

Tutti i test hanno dimostrato che affinché il rivolo di sangue scorra sulla parte esterna dell’avambraccio, come visibile sulla Sindone, l’angolo del braccio deve essere maggiore di 80°, ponendolo quindi in una posizione quasi, ma non totalmente, verticale.

Considerando questi risultati sperimentali, si può affermare che l’impronta del corpo presente sulla Sindone non corrisponde a un condannato affisso in una posizione simile alle rappresentazioni classiche della crocifissione, da duemila anni a questa parte, in quanto il soggetto sarebbe stato inchiodato con le braccia pressoché sopra la testa – in una posizione a stretta Y – e non distese quasi orizzontalmente (posizione a T). Sarebbe quindi necessario ipotizzare un inchiodamento a una croce con il braccio orizzontale molto stretto (ma sempre presente, ovvero mai a un semplice palo verticale), oppure si deve attribuire l’origine delle tracce sul telo a una differente modalità.

Attualmente Borrini e Garlaschelli stanno programmando altri studi per indagare piu approfonditamente anche le altre macchie, al fine di ottenere un quadro completo delle evidenze presenti sul Telo.


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